L'ANNO EUROPEO
DELLE PERSONE DISABILI:
UN BILANCIO CRITICO, MA POSITIVO
Rodolfo Cattani
Intervista a Yannis Vardakastanis presidente del Forum Europeo della
Disabilità
European Disability Forum
Yannis Vardakastanis, un quarantacinquenne energico e
cordiale, nato nell'isola greca di Zante e laureato in scienze economiche negli
Stati Uniti, Presidente della Confederazione Greca delle Persone Disabili, componente
del Consiglio Direttivo dell'Unione Europea dei Ciechi, è stato eletto
presidente del Forum Europeo della Disabilità nel 1998. Da allora si
è dedicato con grande passione e sensibilità a rafforzare il movimento
europeo delle persone disabili, riuscendo a fare del Forum il principale interlocutore
delle istituzioni dell'unione Europea in materia di disabilità.
Questa intervista è stata realizzata il 25 ottobre 2003, in occasione
della riunione del Direttivo del Forum, svoltosi a Genova, nell'ambito del semestre
di Presidenza Italiana dell'Unione Europea.
D.: Quali sono i motivi che l'hanno spinta a impegnarsi nel Forum Europeo della Disabilità?
R.: Certamente il mio impegno nel movimento della disabilità in Grecia, nel quale, dopo la mia elezione a Presidente della Confederazione nel 1993 mi sono occupato anche degli affari europei, mi ha offerto l'occasione di partecipare all'attività del Forum della Disabilità costituito nell'ambito del Programma Helios, il primo programma europeo per la promozione sociale delle persone con disabilità. Mi sono così convinto della necessità di creare un organismo indipendente per rappresentare gli interessi delle persone disabili nell'Unione Europea e ho partecipato alla stesura del primo statuto del Forum indipendente che è stato fondato nel 1996. D'altronde, sono stato da sempre un convinto sostenitore della necessità di avere in Europa un'organizzazione ombrello capace di riunire tutte le diverse associazioni delle persone disabili, così come la Confederazione Europea dei Sindacati riunisce tutte le organizzazioni sindacali europee. Grazie allo sforzo comune di tanti propugnatori di questa idea a livello europeo e nazionale, siamo riusciti in questa impresa e oggi il movimento delle persone disabili in Europa ha nel Forum una voce unitaria, forte ed ascoltata.
D.: Il Forum ha concepito e proposto l'idea di celebrare l'Anno Europeo delle Persone Disabili, nonostante lo scarso successo di altre iniziative analoghe nel passato; quali erano gli obbiettivi?
R.: L'Assemblea Generale del Forum ha deciso nel 1999
di proporre alla Commissione Europea di proclamare il 2003 Anno Europeo delle
Persone Disabili, con lo slogan Visibilità della disabilità ovunque.
Come tutti sanno, nell'Unione Europea ci sono aree dove si presta molta attenzione
al fenomeno della disabilità, altre dove lo si trascura; la storia, la
cultura e le tradizioni riguardo alla disabilità sono assai diverse e
noi ci siamo resi conto che c'era bisogno e che c'è tuttora bisogno di
sviluppare un'idea, una cultura, se così posso dire, europea della disabilità.
Abbiamo pensato che l'anno europeo avrebbe favorito la nascita di questa idea
a livello europeo e nazionale e che l'anno avrebbe consentito a tutte le organizzazioni
europee e nazionali di svolgere attività di informazione e di promozione
e di sviluppare una strategia comune all'insegna dei principi e delle proposte
enunciati nella Dichiarazione di Madrid, adottata nel marzo del 2002 dalla Conferenza
Europea sulla disabilità. Ora, a due mesi dalla conclusione dell'Anno
Europeo, dobbiamo prendere atto che non siamo riusciti a ottenere lo scopo principale
che ci eravamo prefissi, ossia l'emanazione di una Direttiva Europea contro
la discriminazione delle persone disabili, soprattutto a causa del clima politico
poco favorevole a livello sia comunitario, sia nazionale. Ma l'Anno Europeo
ha sicuramente portato all'attenzione del grande pubblico, dei media e degli
organi decisionali le problematiche della disabilità, in una prospettiva
nuova, fondata sui diritti umani, civili, sociali, economici e politici.
Ciò è importante nell'Europa di oggi, caratterizzata da grandi
cambiamenti, tra cui in primo luogo l'allargamento a nuovi stati membri e l'adozione
della prima vera Costituzione Europea e il conseguente riassetto istituzionale,
per non parlare della politica economica e sociale.
D.: Che cosa possono attendersi le persone disabili dalle decisioni della Conferenza Intergovernativa sulla Costituzione Europea?
R.: Dalla nuova Costituzione Europea ci aspettiamo che essa tuteli i nostri diritti e fornisca la base giuridica per l'adozione di iniziative legislative e di provvedimenti concreti in vista di una nostra reale inserzione nel tessuto sociale del nostro ambiente di vita. Noi siamo convinti che la legislazione contro ogni forma di discriminazione e l'azione positiva sono i pilastri su cui si fondano le politiche più avanzate in materia di disabilità. Vogliamo che i principi si attuino in realizzazioni concrete, che influiscano positivamente sulla vita dei cittadini disabili e delle loro famiglie.
D.: A questo proposito, quale sarà l'impatto della Direttiva quadro sulla parità di trattamento nell'impiego e nelle condizioni di lavoro, emanata dall'Unione nel 2000 e in fase di recepimento da parte degli Stati Membri? Darà un impulso alla formazione professionale e all'occupazione delle persone disabili?
R.: Prima di tutto, l'adozione di questa Direttiva rappresenta un importante passo avanti, perché essa è un esempio di legislazione europea contro la discriminazione, anche se in un settore molto specifico e limitato. Noi pensiamo tuttavia che essa non sia sufficiente, perché l'accesso al lavoro non è condizionato soltanto dalla discriminazione diretta o indiretta che le persone disabili subiscono nella situazione lavorativa, ma anche da altre forme di discriminazione nel settore dell'educazione, della formazione professionale, dei servizi sociali, dei trasporti ecc., tutti campi in cui la Direttiva sull'impiego non ha alcun effetto. Comunque, la Direttiva, una volta recepita dalla legislazione dei singoli paesi, sarà un ottimo strumento a disposizione delle organizzazioni delle persone disabili sia per promuovere i loro diritti nel settore lavorativo (formazione, impiego, sviluppo di carriera), sia per estendere la legislazione contro la discriminazione ad altre sfere della vita.
D.: Il Forum Europeo enfatizza molto i temi della non discriminazione e delle pari opportunità, ma non tralascia di affrontare questioni concrete, soprattutto nel settore dell'accessibilità dei beni e dei servizi, questioni essenziali per l'indipendenza e l'autonomia delle persone disabili.
R.: Certamente. Anche riguardo alla Direttiva sull'impiego il Forum ha molto insistito sull'introduzione del concetto di azione positiva, in tempi difficili come quelli in cui viviamo, tempi di crisi economica e di incertezza politica, dobbiamo fare in modo che le nostre iniziative abbiano un reale effetto sulla vita delle persone, come per esempio l'esenzione dall'IVA per gli ausili protesici e tecnici, ma anche sugli autoveicoli, come già parzialmente accade in alcuni paesi. Non discriminazione e azione positiva non si elidono, ma anzi si contemperano in una seria politica di inclusione sociale.
D.: A quanto mi sembra, la Dichiarazione di Madrid, già citata più volte, può considerarsi un poco il quadro ideale dell'Anno Europeo, un documento programmatico di ampio e lungo respiro, la summa rivendicativa delle persone disabili in Europa.
R.: La Dichiarazione di Madrid può essere considerata un documento di portata storica che ha avuto un'importanza fondamentale per il conseguimento delle finalità dell'Anno Europeo. Essa può costituire la base per la programmazione dell'attività futura, ma il movimento della disabilità deve anche saper essere sufficientemente flessibile per adattarsi ai tumultuosi cambiamenti del nostro tempo. Dobbiamo saper dare vita ai documenti storici e un documento storico è vivo se è utilizzato in modo vitale. Così, io considero oggi la Dichiarazione di Madrid soprattutto una base per il cambiamento. Un limite già evidente è che essa non contempla le questioni inerenti all'allargamento dell'Unione, che darà luogo ad una considerevole diversità all'interno del movimento della disabilità in Europa. I principi della Dichiarazione di Madrid dovranno servire per la creazione di specifici programmi di sostegno per i paesi dell'Europa centrale, ma non esclusivamente per loro.
D.: La Grecia è un piccolo paese con una popolazione di 10 milioni di abitanti. Nel corso dell'Anno Europeo la Grecia ha svolto un ruolo di grande protagonista. Come si spiega questo eccezionale impegno?
R.: Per la Grecia è stato un grande evento ospitare
la cerimonia di apertura dell'Anno Europeo, così come sarà un
evento per Roma ospitare la cerimonia di chiusura. L'Anno Europeo ha attraversato
tutta l'Europa, ma va da Atene a Roma e questo ha una simbologia storica.
Per la Grecia la cerimonia di apertura ha avuto una grande importanza nell'ambito
del semestre di Presidenza Europea che è certamente stata una delle migliori
almeno per quanto riguarda l'attenzione rivolta alle persone disabili. Si sono
tenute importanti conferenze europee, sull'inclusione nel campo delle tecnologie
dell'informazione e delle comunicazioni, sui giovani, sul ruolo della disabilità
nei media, sulla coesione sociale e sullo sport ecc. e inserendo il tema della
disabilità nelle conferenze su questioni di interesse generale. In complesso,
si è trattato di un grande successo, anche grazie all'ingente lavoro
preparatorio iniziato con molto anticipo.
D.: Che cosa resterà dell'Anno Europeo?
R.: Ciò che noi sapremo costruire sulle solide
basi operative realizzate in questo anno.
Ecco la nuova sfida che ci aspetta.