Renato Meduri
Direttore della Cattedra di OtticaFisiopatologica
Università degli Studi di Bologna
L'occhio è un sistema diottrico dinamico in grado
di adeguare il suo potere refrattometrico al variare della distanza del punto
fissato:
dall'infinito = raggi paralleli
alla lettura = raggi divergenti
Dopo
la captazione dell'immagine, l'accomodazione permette, attraverso la messa a
fuoco dell'immagine ottica sulla retina, l'acquisizione dell'informazione visiva
nelle migliori condizioni, secondo una dimensione dello spazio (profondità).
La prima valida descrizione e spiegazione
del fenomeno fu formulata dal medico tedesco Herman von Helmholtz alla metà
del XIX secolo in una sua pubblicazione sull'ottica fisiologica Handbuchs der
physiologischen Optik.
Individuò in modificazioni della curvatura della lente cristallinica,
provocate dallo stato di contrazione del muscolo ciliare, il meccanismo del
fenomeno: si è trattata di un'osservazione geniale in quanto condotta
con mezzi di indagine decisamente modesti e che tuttavia mantiene a tutt'oggi
una completa validità.
La decontrazione del muscolo ciliare induce un aumento del diametro dello sfintere mettendo in tensione i legamenti zonulari che esercitano trazione sull'equatore del cristallino con appiattimento delle superfici anteriori e posteriori. Il potere diottrico del cristallino raggiunge il suo minimo. Tale situazione definita disaccomodazione è idonea per un occhio emmetrope alla messa a fuoco sulla retina di raggi provenienti dall'infinito (che per l'uomo è da considerarsi oltre i sei metri).
Viceversa la contrazione del muscolo ciliare corrisponde allo stato di accomodazione per vedere vicino: cioè all'acquisizione da parte del cristallino della massima potenza rifrattiva.
Questa capacità accomodativa non si mantiene intatta per tutta la vita: per un occhio emmetrope (cioè che non sia miope, ipermetrope o astigmatico) dall'età infantile in cui raggiunge poteri di oltre 10 tende progressivamente a ridursi: ai 40 anni è di 3 1/2 ai 45 di 2 1/2, ai 50 anni di 1 1/2, ai 55 di 1/2 .
È questo il motivo per cui
a 25 anni il punto prossimo supera i 25 cm e continua ad allontanarsi fino a
60 anni, età in cui viene perso
ogni residuo di funzione accomodativa nell'occhio emmetrope.
Poiché per passare dalla visione all'infinito (raggi paralleli) alla
visione ravvicinata (raggi divergenti), come nella lettura, è necessaria
una accomodazione di 3 1/2, appare evidente che ai 45 anni si cominceranno ad
avere difficoltà nella visione ravvicinata, difficoltà che diverranno
sempre più evidenti negli anni successivi.
La scuola eclettica fondata nel I sec. D.C. da Agatino Da Sparta, scuola che
tendeva a scegliere le nozioni più significative di teorie diverse, trovò
in Galeno un rappresentante di spicco: Galeno descrisse la presbiopia e la ritenne
causata da un rimpicciolimento senile della cornea e dal rarefarsi con l'età
degli umori interni. Successivamente la presbiopia venne inquadrata da Merculiare,
medico del 1500, in un ampio e confuso capitolo che comprendeva tutte le patologie
che portassero deficit visivo. In effetti questo fenomeno indicato come presbiopia
non è una malattia, ma la semplice conseguenza della continua crescita
del cristallino.
Il cristallino nel neonato ha forma pressoché sferica: non sussistono
differenze fra curvatura della faccia anteriore e posteriore.
Il diametro è di 6-8 mm nel neonato, 9-11 nell'adulto.
Lo spessore è di 3,7 mm nel neonato, 4,5-5 nell'adulto.
Il peso ed il volume del cristallino subiscono vistosi incrementi dalla nascita
alla maturità: dai 65 mg di peso 64 mm cubici di volume si arriva a 230
mg e 213 mm cubici nell'età matura.
L'aumento dei diametri e del volume del cristallino avvicinandolo sempre più
ai muscoli ciliari riduce la sensibilità alla contrazione o decontrazione
dello stesso.
Oltre a ciò, le proteine
all'interno del cristallino divengono sempre più rigide (come le proteine
dei vasi, delle articolazioni, ecc.) e questo comporta una minore plasticità
cristallinica, e quindi, una maggiore lentezza e difficoltà a cambiare
di forma, di variare cioè la messa a fuoco.
Crescita del cristallino
Come si corregge la presbiopia
Fin dalla scoperta e costruzione delle lenti negative e positive ad opera di
Antonio Manzini (1660) si cominciarono ad usare lenti positive per compensare
le difficoltà dovute alla visione ravvicinata.
A tutt'oggi l'uso delle lenti positive rappresenta il sussidio di base della
correzione della presbiopia.
I
tempi si sono evoluti: ora è possibile usufruire di lenti perticolarmente
confortevoli che permettono una visione chiara sia per vicine che per medie
distanze ottime per lavori di ufficio; chi abbia esigenze di vedere chiaramente
sia da lontano che da vicino e da media distanza può usufruire delle
cosiddette lenti progressive. Tali lenti modificano il grado di refrazione dall'alto
verso il basso e questo permette con modesti adeguamenti di posizione degli
occhi una buona visione a tutte le distanze.
Per chi non voglia gli occhiali è possibile usufruire di lenti a contatto
oggi disponibili anche nella versione progressiva.
Per chi non voglia le lenti a contatto il problema può essere risolto
a mezzo della chirurgia refrattiva che permette di rendere un occhio miope di
2 diottrie e 1/2 , e quindi idoneo alla visione da vicino, e l'altro occhio
emmetrope idoneo alla visione da lontano. Tale situazione è detta di
monovisione e, contrariamente a quanto potrebbe ritenersi, è di norma
ritenuta confortevole dal soggetto che si libera così da qualsiasi dipendenza
protesica.
Situazione
felice per chi oggi debba operarsi di cataratta: lenti plurifocali e lenti accomodative
che sono cristallini artificiali i quali permettono all'operato di cataratta
di avere una buona visione sia per vedere vicino che per vedere lontano. Si
tratta comunque allo stato attuale di cristallini che richiedono una certa selezione
fra i pazienti e che hanno un costo decisamente superiore ai normali cristallini
artificiali.
Avveniristica, ma ancora senza concreta applicabilità clinica routinaria,
è l'instillazione, dopo asportazione della porzione interna del cristallino
con conservazione della sua capsula, di sostanza di consistenza gelatinosa ricostituendo
così un cristallino molto simile al plastico cristallino del giovane.
Ultima annotazione è quella di correggere una credenza assai diffusa:
l'applicazione visiva prolungata allontana il manifestarsi della presbiopia
e non danneggia gli occhi.