Scrivere con le ombre

“Camera Chiara” progetto ambizioso e provocatorio che porta persone con disabilità della vista a misurarsi con una particolare tecnica fotografica
Luca Torrente

"Camera Chiara" è un progetto ambizioso che punta alla ricerca di consapevolezza attraverso la creazione di immagini e, indirettamente, alla realizzazione di un metodo che un giorno potrebbe costituire un nuovo linguaggio comunicativo per vedenti e non.

 

Nel 2023 il Dott. Davide Carlo Conte portò in Istituto la provocatoria idea di invitare persone con disabilità della vista in una camera oscura per creare delle immagini sfruttando una vecchia tecnica quasi dimenticata: la rayografia. Alla base di questa intuizione c’era la volontà di proporre una piattaforma per l’espressione artistica delle persone che volevano sperimentarsi nella ricerca fotografica.

 

La Rayografia

 

È il processo di stampa di un negativo che vede l’impiego di un ingranditore, uno strumento che proietta l’immagine catturata dalla pellicola sulla carta fotografica. All’inizio del secolo scorso l’artista Man Ray ebbe l’idea di fotografare con l’ingranditore degli oggetti appoggiati sulla carta, il risultato fu quello che da allora chiamiamo rayografia. Questa tecnica produce immagini in negativo delle silhouette degli oggetti fotografati; durante la fase di sviluppo, infatti, laddove la luce ha illuminato il foglio questo si scurirà fino a diventare nero. Da questa breve descrizione saremmo inclini a pensare che le immagini realizzate siano bianche o nere, ma già un secolo prima di Man Ray, il fisico Thomas Young con i suoi esperimenti, ci aveva spiegato che la luce si comporta in maniera indisciplinata.

Matteo Stefani alle prese con l'ingraditore fotografico - foto di Davide Conte

Un primo esperimento

 

La realizzazione del progetto nell’atto pratico è stata abbastanza semplice. Per fare il primo test, decidemmo di invitare un ragazzo non vedente in camera oscura; la scelta ricadde su di un educatore che aveva seguito alcuni corsi di esplorazione tattile presso il Museo Anteros e che aveva dimostrato una spiccata sensibilità per la traduzione dell’immagine in forma aptica. Matteo non ebbe difficoltà a capire come funzionava il processo, ci colpì il fatto che fin da subito utilizzò il proprio corpo per proiettare ombre staccando la mano dalla base dell’ingranditore per capire come si sarebbe distorta l’ombra della mano.

 

La restituzione

 

A questo punto il lettore si chiederà cosa resta alle persone con disabilità della vista da quest’esperienza. È il momento di introdurre la tecnica Minolta: un sistema di stampa a rilievo nato per creare immagini per assistere la formazione degli studenti non vedenti; su di uno speciale foglio a microcapsule viene stampata l’immagine in nero, il foglio viene dopo scaldato con un apposito fornetto che farà gonfiare le capsule sulle quali l’inchiostro è stato depositato. Lo spessoramento di circa 2 mm permette una resa tattile, stampando la scansione delle immagini fotografiche su fogli a microcapsule potevamo restituire a Matteo l’immagine fatta. C’erano alcune cose ancora da affinare, ma quel giorno avemmo la consapevolezza che si potessero avere basi solide e poteva diventare qualcosa di importante.

 

Il racconto di questo fortunato progetto continua nella prossima pubblicazione di Vedere Oltre.

Matteo con la collaboratrice Ambra D'Atri esplorano le foto a rilievo - foto di Davide Conte

 

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