Da alcuni anni Vedere Oltre si sta interrogando sul ruolo che i singoli individui e gli enti privati possono svolgere quali operatori del welfare in assenza o in supplenza dello Stato e delle sue derivazioni territoriali. Bologna rappresenta una realtà peculiare nel panorama nazionale, ove l’imprenditoria locale svolge una funzione attiva di promozione culturale e sociale.
Il Cardinale Matteo Maria Zuppi è certamente un protagonista della vita spirituale, sociale ed anche, per alcuni versi, economica della città, fin dalla sua nomina ad Arcivescovo di Bologna, nel 2015, ad opera di Papa Francesco. Con la sua capacità di comunicare senza retorica ma andando dritto al punto, per diffondere il messaggio della Chiesa a favore non solo dei credenti, ma di tutti i “fratelli”. Abbiamo avuto occasione di colloquiare con l’Arcivescovo, affrontando alcuni temi di estrema attualità.
Al Cardinale Zuppi abbiamo chiesto quale fosse la sua testimonianza di osservatore di grande sensibilità relativamente alla attenzione riservata ai temi sociali da parte di imprenditori e singoli cittadini nel territorio della sua Arcidiocesi, ricevendo una risposta che fa leva su una parola sopra le altre: concertazione. Quella tra imprenditori e sindacati: da sempre elemento capace di distinguere i soggetti del dialogo nel mondo del lavoro rispetto alla realtà più ampia della nazione. Il che non significa esimersi dal confrontarsi anche duramente, nel rispetto delle proprie posizioni: avendo, tuttavia, a cuore un obiettivo comune. Perché il bene di ciascuno si traduce nel bene di tutti.
Sua Eminenza Zuppi sa di cosa parla, avendo anche la possibilità di vestire i panni dell’imprenditore. Si scherza, ma fino ad un certo punto. Perché a Bologna l’Arcidiocesi detiene il 100% delle azioni della Faac Spa, colosso dei cancelli automatici con attività e sedi in tutto il mondo. Nella sua qualità di azionista “speciale”, è consapevole che “fare imprenditoria” equivale a dover “fare bene”. Sia direttamente, con la società felsinea, impegnandosi non solo con assunzioni laddove possibile; ma anche offrendo condizioni favorevoli ai dipendenti, anche a quelli residenti in nazioni che, solitamente, non riescono a garantire l’accesso universale a prestazioni di welfare. Perché la Chiesa deve sempre “ricordare di fare bene”, insiste il Cardinale, nell’ambito di quella “casa comune” che Papa Francesco non rinuncia mai a sollecitare di costruire per “tutti i fratelli”. Sebbene frutto della generosità unica di un cittadino-imprenditore bolognese, l’Arcidiocesi ha potuto fare la sua discesa nell’agone della finanza, che, secondo l’Arcivescovo, ha sempre considerato l’etica alla stregua di un ostacolo al proprio successo, ma che, proprio a seguito delle terribili crisi dettate dalla pandemia prima, e dalla guerra in Ucraina poi, ha potuto avvedersi della necessità di un confine garantito dall’etica stessa per potersi mantenere florida. La speculazione rende l’impresa fine a sé stessa, quando questa deve essere sempre sensibile alle esigenze della società. A Bologna, come detto, la sensibilità è condivisa dagli operatori dell’economia a tutti i livelli.
Come qualsiasi imprenditore, quindi, la Chiesa, in questa sua veste del tutto peculiare, deve operare le scelte per il bene di tutti, in una continuità spirituale che non può conoscere e non conosce soluzione. Ancor più in questi periodi gravati da eventi di grande drammaticità nonché complessità. Secondo il Cardinale, “il mondo anestetizza la sofferenza, la rimuove, fugge dal senso del limite, dalla vulnerabilità, dalla morte. Il benessere non sopporta questa fragilità e la vuole cancellare”. Allora pandemie e guerre non fanno altro che presentare i “conguagli” della realtà, a fronte della perduta consapevolezza dei problemi, che sono sempre stati al nostro fianco, ma che sono stati ignorati, per distrazione o debolezza. Pertanto, nelle scelte di ogni giorno, a prescindere dal ruolo di chi le compie, non si deve tradire la conoscenza e la coscienza dei problemi, rinnegandoli e riponendoli in un angolo.
Ascoltare i fedeli, aprirsi al prossimo, accogliere chi ha bisogno di aiuto. Scelte quotidiane della Chiesa, che a Bologna si traducono in un cammino sinodale nei territori dell’Arcidiocesi che vuole coinvolgere chiunque desideri confrontarsi o anche solo partecipare. Cercando di frenare alcuni eccessi di cui la Chiesa stessa si rende autrice, quando, ad esempio “parla sopra” agli altri, forse per presunzione, o forse per mera fretta e disattenzione. Questo cammino è rivolto a tutti, anche ai disabili, che hanno già avuto modo, nel primo incontro del 27 marzo 2022, di condividere con il Cardinale Zuppi “molte fatiche non colte”, un disagio che però non si trasforma mai in resa, colpendo l’Arcivescovo per le tante sfumature dell’impegno profuso da chi dovrebbe ricevere una maggiore attenzione, in primis dallo Stato, e, invece, si trova costretto a stimolarne costantemente l’attenzione. Perché per alcuni, non da oggi, la casa comune è una meta più difficile da raggiungere.