myleaf
Un sito, nato a Milano, per risolvere le faccende di casa in ufficio.
Corriere della sera del 05\12\2012.

Dalla lavanderia alle bollette  Ecco «l'azienda maggiordomo".
Fonte:
www.corriere.it/economia/12_dicembre_05/babysitter-bollette-azienda-divico_4dc1f7a6-3ea3-11e2-b5b1-5f0211149faf.shtml

Immaginate di recarvi al mattino in fabbrica o in ufficio e di poter consegnare presso la reception 
del vostro posto di lavoro i vestiti da mandare in lavanderia,
le bollette da pagare alle Poste e persino i farmaci da ritirare in farmacia. Lasciata la 
documentazione e i soldi (nel caso di bollette e medicinali)
sarete sicuri che vi saranno consegnati quando uscite per fare ritorno a casa, per i vestiti 
ovviamente dovrete aspettare qualche giorno ma il meccanismo
di consegna sarà identico. Ve li porteranno all'uscita dal lavoro, avrete usufruito di un fornitore 
selezionato e soprattutto avrete risparmiato tempo
che potrete dedicare alla vostra famiglia o ai vostri hobby. Tutti questi servizi li avrete 
prenotati con una piattaforma di e-commerce dedicata alla vostra
azienda.

Fin qui abbiamo parlato per lo più di burocrazia, ma se avete bisogno di una serie piuttosto larga 
di servizi alla persona che vanno dal baby-sitteraggio
alla badante per i vostri cari fino all'assistenza a familiari non autosufficienti, potrete 
usufruire della stessa piattaforma tecnologica e scegliere
tra una lista di candidati il vostro fornitore, sicuri che tutti coloro che vi saranno stati 
indicati hanno ricevuto in precedenza una certificazione di
qualità standard.

Il progetto che abbiamo descritto fa parte di un'idea che sta a metà tra il business e il welfare 
aziendale venuta in mente nel febbraio di quest'anno
ai promotori di una piccola start up milanese, My Leaf, nata a sua volta da Axia, società di 
consulenza in risorse umane. Leaf vuol dire foglia e tutta
la narrazione è costruita attorno agli alberi come metafora dell'avvicendarsi delle generazioni. 
Dall'idea iniziale si è andati avanti a tappe forzate
e nella periferia milanese in zona San Leonardo, a un passo dal vecchio borgo di Trenno in mezzo ai 
campi di calcio dei vivai di Milan e Inter, una squadra
di professori della Cattolica di Milano e giovani studenti di sociologia (in tutto otto persone) 
sta lavorando alacremente. Se fossimo in California potremmo
attingere alla retorica del garage creativo, a Milano partiamo più prosaicamente da un appartamento 
ubicato dentro il Monte Amiata, una creazione urbanistica
avveniristica dell'architetto Aldo Rossi che sarebbe dovuta diventare un esperimento comunitario e 
che oggi è comunque un enorme condominio ben gestito.
Oltre al Monte Amiata un altro luogo cult dei giovani di My Leaf è una vecchia trattoria di Trenno, 
la Cooperativa Concordia, una di quella che sarebbero
piaciute a Giorgio Gaber. Si chiama «Il paradiso dello spritz», si paga pochissimo e i ragazzi 
mangiano tutti i santi giorni in compagnia di lavoratori
edili e artigiani della zona.

Nell'appartamento dei creativi la figura chiave è Enrico Dalla Rosa, 53 anni, varesotto, laureatosi 
con Gianfranco Miglio e oggi docente a contratto della
Cattolica, attorno a lui studenti ed ex allievi che hanno formato una vera unità di business che 
nel giro di tre trimestri è stata capace di passare dall'illuminazione
iniziale alla definizione di una vera e propria offerta da lanciare sul mercato. Grazie ai primi 
contatti commerciali My Leaf ha già due clienti, la Contship
che si occupa di movimentare i container portuali e che ha dato un contributo fondamentale allo 
sviluppo del prodotto e la Omet, un'azienda gioiello di
Lecco gestita dalla famiglia Bartesaghi. I «Dalla Rosa boys» propongono ai responsabili delle 
risorse umane delle aziende di stipulare un contratto che
costa 6 mila euro di una tantum, 3 mila negli anni successivi e 50 euro a dipendente fino al 
quattrocentesimo. Gli altri sono gratis. In cambio ricevono
l'accesso a una piattaforma di e-commerce che contiene tutti i servizi e che mutua da esperienze 
come e-Bay, Groupon e Amazon.

La piattaforma tecnologica ha un nome di donna, Abigail, «e rappresenta la nostra vera innovazione» 
dice Dalla Rosa. «Per metterla a punto ci siamo appoggiati
a una software house milanese specializzata nel commercio elettronico che abbiamo via via coinvolto 
nel progetto My Leaf». Secondo il monitoraggio dei
ragazzi di San Leonardo una tecnologia simile ce l'hanno solo due multinazionali, la Edenred e la 
Willis, la prima opera nel business della ristorazione
e la seconda nelle assicurazioni. Se sono solo due le aziende che hanno dato retta a Dalla Rosa è 
perché l'iniziativa milanese è ancora in fase di lancio
e ci sono comunque contatti in corso con almeno altre trenta. L'ipotesi è di andare oltre la 
Lombardia e la Liguria, coprendo almeno Emilia e Veneto.

Da un punto di vista concettuale l'esperimento di My Leaf è un'estensione del welfare aziendale: i 
datori di lavoro si fanno carico delle esigenze dei
propri dipendenti in una logica comunitaria. L'esempio italiano più noto è quello della Luxottica, 
ma ormai il format si sta rapidamente allargando e oltre
a moltissimi casi di medie aziende anche la Fiat di recente si è convertita, almeno nelle 
intenzioni, a questa cultura. I benefici finanziari si realizzano
in virtù di una quota tutto sommato ridotta di defiscalizzazione ma i vantaggi «di clima» sono 
molto superiori. Se volessimo attingere al lessico anglosassone
potremmo parlare per quest'estensione di assistenza di «work life balance», ma forse è più utile 
riferirsi all'elaborazione italiana sulla conciliazione
tra tempi di lavoro e tempi di vita. L'operaio e l'impiegato sentono che l'azienda è dalla loro 
parte, risolve per loro il problema dei centri estivi di
vacanza per i figli, l'asilo, gli psicologi, la badante e persino i vestiti in lavanderia. Nella 
piccola e media dimensione, come alla Omet, tutto ciò
calza alla perfezione con la cultura di un'azienda modello (fabbrica macchine per stampare 
etichette di plastica) a conduzione familiare in cui lavorano
tanti dipendenti che portano lo stesso cognome e nella quale si sono conclusi almeno una ventina di 
matrimoni. Sarà interessante vedere in aziende più
grandi come servizi sanitari e di «maggiordomo aziendale» (così viene chiamato l'espletamento di 
pratiche come il pagamento delle bollette e delle multe,
il rinnovo del passaporto, l'acquisto di farmaci, la riparazione dell'auto) potranno funzionare e 
che dinamiche relazionali metteranno in moto. La complessità
organizzativa è infatti rilevante e per far funzionare tutto alla perfezione ci vorrà sicuramente 
del rodaggio. Dalla Rosa assicura che la piattaforma
Abigail ce la farà proprio perché è nata per gestire una grande massa di dati.

I servizi che verranno offerti dalla piattaforma sono 80, due terzi li potremmo definire di non 
profit sociale e un terzo tra burocrazia e manutenzioni.
Se Dalla Rosa è il pivot della società, sono almeno altri tre i personaggi chiave. Un tecnico 
innamorato dei computer IBM dai tempi in cui occupavano un'intera
stanza, Giancarlo Panceri, che ha guidato tutta la costruzione della piattaforma tecnologica. 
Accanto a lui Marco Beretta, che di anni ne ha solo 25 anni,
un laureato in sociologia che trova il tempo di fare anche l'assessore comunale ai servizi sociali 
nel comune di Correzzana in Brianza. È stato lui a costruire
il legame tra My Leaf e il variegato mondo del non profit e a interfacciare tecnologia e società 
civile, fino a costruire la rete dei fornitori di servizi
di welfare che insieme ad Abigail costituisce il vero vantaggio competitivo della società milanese. 
Un altro giovane creativo è Alberto Neggia, 24 anni,
di Erba.

A lui si deve la certificazione dei fornitori e la creazione delle procedure per inserirli nella 
piattaforma software. Finita la fase creativa Dalla Rosa,
Beretta, Neggia e compagni sono ora alla prova del business. Rispetto ai loro omologhi californiani 
parlano molto di valori e sembrano tutto sommato più
attratti dall'atmosfera popolare del «Paradiso dello spritz» che dai dollari. Sono convintissimi 
però che la loro idea si farà strada. «Non capisco come
un'azienda moderna possa fare a meno dei servizi che abbiamo individuato - sintetizza Dalla Rosa -. 
I dipendenti sono persone e sono importanti e migliorare
la loro qualità della vita in azienda è il business del futuro».

DARIO DI VICO5 dicembre 2012
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