affitto
La rivoluzione dello streaming: musica e libri ora sono in affitto -
La Repubblica  del 13\02\2013

IL TRAMONTO DEL POSSESSO

Con lo sbarco di Spotify in Italia, si potranno ascoltare milioni di brani
per cinque euro al mese. Non si acquista né si scarica nulla. Le canzoni
sono a noleggio

di JAIME D'ALESSANDRO

Poco meno di cinque euro al mese per avere la possibilità di ascoltare
milioni di brani. Nessun acquisto, nessun download: basta un'app per
telefonino e la cultura diventa cosa da consumare in abbonamento. L'arrivo
in Italia di Spotify, servizio da 20 milioni di utenti per la fruizione di
brani in mp3 nato nel 2008 in Svezia, apre le porte a una nuova dimensione
del commercio elettronico. Meglio: la smaterializzazione completa
dell'oggetto. Oggetto fisico un tempo, poi divenuto file digitale e ora
semplicemente flusso di dati da guardare, ascoltare o leggere senza però mai
possederlo.

Streaming è il termine esatto, lo scorrere dei contenuti. Che sia film, show
televisivo, canzone e perfino videogame o libro, sembra esser questione di
secondo piano. L'unica vera differenza è se si tratta di contenuti da
affittare singolarmente o disponibili senza limiti a partire da 4,99 euro al
mese come nel casi di Spotify.

"È evidente che stiamo andando verso un mondo fatto solo di servizi e non
più di oggetti, di cose da possedere", aveva anticipato a giugno Phil
Harrison, visionario vicepresidente della Microsoft a lungo in forza alla
Sony, commentando il lancio del servizio musicale in streaming Xbox Music. A
dargli ragione la guerra scoppiata nelle ultime settimane negli Stati Uniti
fra Amazon e Netflix sull'offerta di film e telefilm on demand.

Con la prima che si è accaparrata i diritti per le serie di Downtown Abbeye
Falling Skies e la seconda che si è data alla produzione televisiva con
House of Cards, scritturando Kevin Spacey. I quotidiani americani ne parlano
come di un scontro fra titani. Un'esagerazione, forse. Ma intanto i numeri
crescono: ieri Microsoft ha dichiarato che ai servizi online per Xbox sono
abbonati in 46 milioni, Intel ha appena confermato di stare lavorando a un
settop- box per la tv online, Tim Cook di Apple guarda al settore con
interesse e solo in America i film in streaming di Netflix, Hulu e Amazon li
guardano in 27 milioni.

"In passato con modelli del genere hanno sempre fallito", commenta Vincenzo
Russi, direttore generale del Cefriel, polo scientifico delle università
milanesi che si occupa di innovazione. "Ma ora con le connessioni sempre più
veloci e la diffusione di smartphone e tablet tutto diventa possibile",
continua. "E quando dico tutto, intendo che bisogna dimenticare i limiti
dati dai libri, dai video o dalle canzoni così come li abbiamo conosciuti.
Sia in termini di contenuti sia come modello di business.

In un flusso di dati sottoscritto dagli utenti con un abbonamento, nulla
vieta a chi produce di trasformare untesto in video e viceversa. Di rendere
il contenuto "liquido", in evoluzione. Noi ad esempio stiamo studiando le
realtà come Spotify ipotizzando di estenderle ai libri scolastici,
costruendo una sorta di palinsesto didattico in continua trasformazione".

Altrove sono nati i primi servizi in streaming, e sempre sottoscrivibili con
un abbonamento, dedicati agli audiolibri. Da Audiobooks. com ad Audible.
com. Non solo. Da quasi un anno si parla di Gaikai o CiiNow. Offrono un
catalogo di videogame di ultima generazione e la possibilità di giocare da
tablet, tv, pc o smartphone senza bisogno della PlayStation 3 o di una delle
sue sorelle. Perché la console è nel cloud, a noi basta avere uno schermo
qualsiasi e un collegamento al Web di qualità.

E siamo alla seconda, grande, trasformazione: se l'arrivo di Spotify segna
il tramonto del possesso di una canzone, il cloud e la banda ultralarga
potrebbero significare la fine di una parte dell'elettronica di consumo. Una
volta sposata la potenza di calcolo sulla Rete, l'unica cosa che a noi serve
è infatti un display e un accesso wi-fi.

"La fine possesso? Perché dovrebbe essere un problema?", chiede Gianni
Boncompagni. Autore radiofonico e televisivo, ad ottantun anni suonati è
andato subito sul sito di Spotify per iscriversi. "Prima i 45 e 33 giri, poi
i cd e gli mp3. E ora nemmeno più quelli. Bello, mi piace. Soprattutto in un
Paese come il nostro, che sta ancora appresso a Sanremo".
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