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Ora abbattere le barriere digitali
Corriere delle Comunicazioni del 22-04-2013

L’Italia si è allineata negli anni ai migliori standard internazionali in tema di accessibilità dei 
siti web della PA. Eppure ciò non è bastato a garantire risultati ottimali né, soprattutto, a 
favorire l’inclusione digitale di disabili, anziani e persone svantaggiate

di Claudio Rorato

Va bene. Adesso abbiamo anche un altro decreto, firmato dal ministro Profumo, che aggiorna i 
requisiti per l’accessibilità dei siti web della Pubblica Amministrazione, allineando l’Italia ai 
migliori standard internazionali. Dovremmo essere orgogliosi? Forse sì, se questo passo 
rappresentasse un’effettiva crescita di attenzione verso la disabilità.

Già dal gennaio 2004 la legge Stanca detta le “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti 
disabili agli strumenti informatici”. Peccato che tra tutti i soggetti pubblici solo il 4% disponga 
di siti web accessibili da parte dei disabili e conformi ai requisiti di legge. Se questo è il 
risultato, significa che in quasi dieci anni nessuno ha presidiato l’argomento, perché non 
risultano né sanzioni né, tanto meno, variazioni significative nei risultati. Ritorniamo, allora, 
su un vecchio tema: ci piace tanto fare le leggi, ipernormarci, essere cavillosi nel prevedere di 
regolamentare anche le microsituazioni, per illuderci di avere tutto sotto controllo. La forma 
prevale sulla sostanza. Ci accontentiamo, evidentemente, della teoria e sulla parte pratica, cioè 
l’applicazione, il monitoraggio, il miglioramento, siamo latitanti.

La critica non è, ovviamente, verso il ministro Profumo, che ha perseguito un obiettivo di civiltà, 
ma verso una cultura che, per alcuni aspetti, ci impedisce di crescere. Dovremmo essere capaci di 
mettere in discussione, in termini oggettivi, ciò che non funziona, valorizzare le nostre qualità, 
ma avere anche il coraggio di modificare i nostri comportamenti, evitando i tatticismi che, oggi, 
ingessano il Paese.

Agenda Digitale ci dà uno strumento, agganciato all’Europa, non solo per migliorare la 
competitività, ma anche per aumentare il benessere collettivo e il grado di civiltà. Una tecnologia 
non accessibile a un anziano, a un disabile, o a una persona che non parla la lingua del paese che 
lo ospita, equivale a una barriera architettonica. Le tecnologie informatiche possono fare molto 
per l’integrazione della diversità, non solo per l’accessibilità e usabilità da parte dei disabili 
e di tutti coloro che sono in condizioni di svantaggio, ma anche per favorire l’inserimento nel 
mondo del lavoro. Il tasso di occupazione dei disabili in età lavorativa è meno della metà di 
quello del resto della popolazione. “Questo è il segno di una persistente difficoltà alla reale 
possibilità di svolgere un’attività lavorativa - afferma Isabella Gandini, Responsabile 
dell’Osservatorio Ict Accessibile e Disabilità della School of Management del Politecnico di Milano 
-. Le cause va
nno ricercate nelle limitazioni imposte dalle condizioni di salute e dalle barriere, culturali e 
ambientali, che si frappongono tra il disabile e il mondo del lavoro”.

Il telelavoro, particolarmente idoneo a venire incontro alle esigenze di chi, per esempio, ha 
difficoltà motorie o necessita di cure a domicilio, stenta a decollare. Un’indagine conoscitiva 
dell’Osservatorio, condotta nel 2012 su un centinaio di imprese di grandi dimensioni, rivela che 
meno della metà delle aziende in grado di adottare il telelavoro, lo utilizza per i dipendenti con 
disabilità. Anche in questo caso le norme esistono. Uno speciale fondo, costituito dal 2004, 
permette di rimborsare le spese sostenute per le tecnologie di telelavoro.

“In Italia il tema dell’inclusione, compresa quella digitale - prosegue Gandini - è ancora lontano 
da un livello soddisfacente di realizzazione, tanto che gli interventi per colmare questo gap 
dovranno essere significativi”. A cominciare dalla banda larga e ultralarga, presupposto 
tecnologico, non solo per la diffusione delle tecnologie informatiche, ma anche per lo sviluppo dei 
servizi rivolti ai cittadini. Per il mondo della disabilità bisogna, però, andare oltre, pensare 
secondo schemi non solo assistenziali, ma di reale integrazione. Nei testi di legge è necessario 
richiamare l’attenzione per chi è in condizioni di svantaggio. Nei programmi per lo sviluppo 
dell’economia digitale, quando si parla di alfabetizzazione, bisogna ricordare che esiste anche 
quella verso la popolazione svantaggiata. Opportunità di lavoro possono essere create per chi, 
disabile, può insegnare ad altri l’uso delle tecnologie informatiche, prevedendo speciali 
abilitazioni. Infine, non tra
scuriamo che il riconoscimento della pari dignità di una persona svantaggiata, passa anche 
attraverso l’osservanza di una legge che lo riguarda.
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