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iTunes, che rivoluzionò la musica ora si confronta con lo streaming
Da Repubblica del 26\04\2013.

Dieci anni fa nasceva il software che, creando un ecosistema con l'iPod
prima e con l'iPhone e iPad poi, ha cambiato per sempre le regole del gioco
del mercato. Non soltanto delle canzoni ma anche della tv e del cinema. E le
sorprese non sono finite di ERNESTO ASSANTE
DIECI  anni fa iTunes ha aperto una rivoluzione per il mondo della musica.
Una rivoluzione che, per molti versi è ancora in corso, e che ha ampiamente
dimostrato che tra la pirateria e il rifiuto della digitalizzazione dei
contenuti, esiste una via di mezzo, possibile e praticabile, per i download
legali
e a pagamento di contenuti. Non solo musicali.

iTunes ha consentito una stabilizzazione del mercato musicale che dopo
l'avvento di Napster non poteva più essere come prima. Non è stato il primo
servizio on line, non è stato il solo, ma iTunes, costruendo il primo
ecosistema "perfetto" con l'iPod, ha obiettivamente cambiato le regole del
gioco nel confuso mercato della musica digitale. L'iPod senza iTunes sarebbe
stato un altro, per quanto tecnologicamente avanzato, lettore mp3, aveva già
avuto un grande successo ma non avrebbe definitivamente rivoluzionato il
mercato. iTunes ha dato alla macchina un "anima", un senso, l'ha incastrata
in un mondo, quello del download legale, che poteva essere organizzato e
semplice, chiuso e sicuro. Soprattutto iTunes era "dumb proof", a prova di
cretino, semplicissimo da usare, in grado di eliminare tutte le necessità di
conoscenza tecnologica anche minime ma necessarie per utilizzare un servizio
peer to peer e scaricare musica. Ed il meccanismo si è dimostrato vincente,
l'iPod è diventato il lettore mp3 per antonomasia, che tutt'ora, nonostante
i numeri siano in evidente e inevitabile calo, è e resta il più venduto.

L'industria discografica, quella che avrebbe dovuto capire cosa accadeva già
ai tempi di Napster, ancora oggi guarda ad iTunes con qualche residua
diffidenza. Ci sono artisti che hanno accettato di distribuire il loro
catalogo di brani sul iTunes solo pochi mesi fa. Una miopia che industria e
artisti hanno pagato a caro prezzo, non comprendendo fino in fondo non tanto
i desideri di Steve Jobs e della sua azienda, ma quelli dei consumatori, che
chiedevano di poter avere accesso in maniera semplice e legale a tutta la
musica. Resta il fatto che in dieci anni ancora non abbiamo tutta la musica
su iTunes, e non è un bene. Mentre, spesso in maniera incontrollata, abbiamo
quasi tutta la musica del pianeta su YouTube.

iTunes ha inventato l'"ecosistema". Senza il successo di iTunes non avremmo
avuto l'iPhone. O meglio, forse lo avremmo avuto lo stesso, ma il telefono
sarebbe stato meno "smart", avremmo avuto bisogno di collegarci alla rete,
aprire un browser, andare su un servizio di download e qui trovare del
software adatto ad arricchire la nostra macchina di nuove funzioni o
accedere a nuovi servizi, non ritagliati esattamente per la nostra macchina
ma necessariamente più generici, per potersi adeguare ai diversi cellulari.
Certo, l'ecosistema è "chiuso", ci costringe a "fidanzarci" con un'azienda
che ci lega a se attraverso il rapporto esclusivo di fornitura di servizi e
applicazioni, ma allo stesso tempo, come tutti sanno (ed è il motivo
principale del successo di iTunes e degli ecosistemi che quindi sono nati
copiandone la formula), sono luoghi sicuri, privi di software con i virus e
semplicissimi da usare, il che non è poco. iTunes non è stato il primo
ecosistema di successo, al successo con una simile formula c'era arrivata la
Playstation, ma iTunes ha portato l'ecosistema fuori dal mondo dei
videogames e degli adolescenti, l'ha trasformato nella metafora di mercato
più universalmente utilizzata e accettata. Mercato non solo musicale, perché
iTunes non domina solo il download delle canzoni, ma anche quello degli
spettacoli tv e quello del cinema. Il Kindle di Amazon è nato sulla scia di
questo successo, gli store di Google lo hanno fatto, l'impero di Samsung si
è modellato su questo schema.

E poi non avremmo avuto le app. Non è vero, direte voi, c'erano già
applicazioni per smartphone prima dell'avvento dell'App Store, declinazione
software di iTunes, che aveva dimostrato al mondo che un mercato basato sui
download era possibile. Certo, tutto c'era già, ma la traduzione in fenomeno
popolare, unanimemente condiviso, di una nuova piattaforma per la
realizzazione di programmi caricabili su macchine mobili è merito unicamente
del successo di iTunes e del suo ecosistema, che ci ha abituato a scaricare
prima canzoni, poi film, poi software, ed ha cambiato la natura del software
stesso, trasformato in app, riducendone in maniera clamorosa i costi per gli
utenti, portando sul mercato software da 0.99 centesimi o addirittura
gratuiti, una trasformazione davvero epocale.

E domani? Oggi nella musica sembra arrivato il momento dello streaming,
Deezer, Spotify, Rdio, l'anzianissimo precursore Rhapsody, il trionfale
successo di YouTube come piattaforma di ascolto musicale, la condivisione di
brani attraverso Facebook e l'arrivo di Twitter Music. iTunes, con il suo
concetto di scaricamento e proprietà dei brani deve, in qualche modo
aggiornarsi. Il tentativo di Ping, nato tardi e male, è ormai archiviato, si
parla con insistenza di una iRadio, si immaginano nuovi scenari. E qui la
mancanza di Jobs non è determinante per la Apple, perché il cervello dietro
ad iTunes è sempre stato quello di Eddy Cue, oggi tra i principali timonieri
di Cupertino. E' lecito, dunque, attendersi delle novità e delle sorprese. I
festeggiamenti per il decennale sono già iniziati e lo spettacolo è
assicurato.
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