tossine
"Piuttosto che", principe degli strafalcioni.
Art. inviato in privato da F. Melis, 23\04\2013, h. 10.14.

Da Repubblica del 23 aprile 2013
In un libro 300 "tossine grammaticali"
I linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota hanno raccolto in un
breviario le "cose da non dire" e gli "errori da non fare".
Dall'espressione divenuta così comune negli ultimi anni al congiuntivo
soppresso al "facci" di fantozziana memoria
di SILVANA MAZZOCCHI

La lingua parlata ai nostri giorni è piena di "tossine grammaticali",
modi di dire o espressioni che sono entrate nel lessico comune, ma che
fanno a pugni con la correttezza e la sensibilità linguistica. E al
primo posto di un'ipotetica classifica degli errori, o "almeno ai piani
alti", assicurano Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, raffinati
linguisti, già autori del fortunato Ciliegie o ciliege, ci sarebbe
proprio quel Piuttosto che divenuto ora titolo del loro ultimo libro
(Sperling & Kupfer). Un manuale che, oltre a una sezione dedicata alla
"tossina" più usata dagli italiani, con relativa analisi
dell'espressione simbolo della degenerazione linguistica, comprende un
breviario di ben 300 "cose da non dire ed errori da non fare". E se è
assodato che il famoso congiuntivo, regola prima della sintassi, compare
ormai ben di rado sui giornali, nei blog e nelle chat, e  se politici e
personaggi pubblici lo ignorano nelle interviste radiofoniche o
televisive, questa volta Della Valle e Patota concentrano la loro
attenzione su un elenco infinito di scivoloni comunicativi. Da quel
facci al posto di faccia, reso famoso dal ragionier Ugo Fantozzi in un
suo film del 1975, con il suo celeberrimo facci lei..., all'uso
improprio dell'accento sulla terza persona del verbo dare, mentre sulla
seconda persona dell'imperativo che vorrebbe l'apostrofo (da' retta a
me) si mette erroneamente l'accento. Raggruppati in ordine alfabetico,
gli errori più diffusi,  sono seguiti dal modo corretto di dire e da
citazioni di quanto scritto o detto dai personaggi colti in fallo.
Perché, avvertono gli autori, mentre non è lecito né opportuno infierire
su chi, per umile estrazione, non ha dimestichezza con la lingua
italiana, è giusto fare le bucce a chi di comunicazione vive e si serve.

Tra ben trecento strafalcioni, la palma va a Piuttosto che... Uso
corretto e scorretto di uno dei più diffusi modi di dire.
"In  un italiano chiaro e corretto, piuttosto che non può avere che due
usi, due funzioni e due significati, uno comparativo e uno avversativo.
In funzione comparativa, piuttosto che significa più che: conviene
prendere l'aereo piuttosto che il treno. In funzione avversativa,
equivale ad anziché: piuttosto che perdere tempo, mettiti a studiare. A
partire dagli anni Ottanta del secolo scorso si è diffuso un terzo uso
di piuttosto che, che dà a questa espressione  lo stesso valore che ha
la parola o. Si tratta di una moda proveniente dall'Italia
settentrionale. I primi a intercettare golosamente questa infelice
novità lessicale sono stati i conduttori e i giornalisti televisivi.
Dalle loro bocche il piuttosto che al posto di o è passato a quelle
degli altri, contaminando linguisticamente un po' tutti. Mangerò carne
piuttosto che pesce: da che italiano è italiano, una frase di questo
genere ha indicato una scelta; una o travestita da piuttosto che indica
l'esatto contrario di una scelta, e cioè la possibilità di
un'alternativa. Così non va bene.

Perché tanti errori nel modo di scrivere e parlare di politici,
giornalisti, studenti... che dovrebbero conoscere l'uso della lingua
italiana?
"Nel nostro libro abbiamo elencato  300 errori che non bisogna fare né
scrivendo né parlando. Abbiamo portato, come esempi, gli errori veri
fatti da politici, giornalisti, conduttori televisivi, personaggi dello
spettacolo. Naturalmente, non ci infastidiscono allo stesso modo tutti
gli errori, e mai infieriremmo contro le persone che non hanno
un'istruzione. Invece, ci è sembrato utile (e divertente per chi legge)
fare le bucce a chi di comunicazione vive e vegeta. Persone che per
ruolo o estrazione sociale non dovrebbero permettersi  di trattare male
la lingua italiana. Perché lo fanno? Per sciatteria, per eccessiva
sicurezza di sé, per mancanza di rispetto verso il vincolo identitario
più forte che tiene uniti gli italiani: la lingua. Consigliamo maggiore
cautela agli autori degli svarioni che abbiamo documentato: un
congiuntivo o un plurale o un accento sbagliato in bocca a un ministro o
a una ministra dell'Istruzione fa finire il malcapitato sulle prime
pagine dei giornali, oltre che nei nostri libri".

Come evitare di far parte dell'esercito dei guastatori?
"Capita a tutti di avere un dubbio, di non sapere come vada pronunciata
o scritta una parola, come debba essere declinato un verbo o fatta una
concordanza. I "guastatori"  trasgrediscono con supponenza e
sfacciataggine le regole e la tradizione della nostra lingua: chi invece
la ama e la rispetta fa uno sforzo in più e quando ha un dubbio cerca la
giusta soluzione in una buona grammatica, in un buon dizionario, o nei
nostri manuali facili e divulgativi. Basta poco, in fondo, per evitare
di far parte di questo esercito: un po' di attenzione, maggiore
rispetto, e ogni tanto un veloce test di autovalutazione per essere
sicuri di stare alla larga dalle mode e dai tormentoni, a cominciare
dall'uso sbagliato del terribile piuttosto che al posto di o.

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