fusione
Fusione fredda: lo stato dell'arte, pro e contro. materiali dalla rete
Art.  inviato in privato da D. Taddei, 22\03\2014, h. 13.39.

questo è un tema molto dibattuto perchè da un lato in molti laboratori sparsi per il mondo si sta 
lavorando ormai da parecchi anni, nonostante una parte della comunità scientifica la ritiene 
impossibile secondo le attuali conoscenze.
Per raccontare lo stato dell'arte di questa tecnologia che prometterebbe energia pulita a basso 
costo, riporterò per cominciare gli studi in tal senso del centro Enea di Frascati  pubblicati nel 
2009, cui ha fornito un apporto teorico anche il professor Preparata, amico e compagno di Emilio 
Del Giudice, con articoli tratti dal relativo sito:
www.fusione-fredda.it/clemario/
dove si legge:

Questo sito nasce perché non riusciamo a dare una risposta convincente alla mancata pubblicazione 
del "Rapporto 41" e perché le persone che "contano" fanno finta di non conoscere l'argomento, 
ignorando, così, deliberatamente e senza un'apparente giustificazione, non solo un sistema di 
produzione di energia che farebbe risparmiare molti soldi al Paese Italia, ma, soprattutto, anche 
un sistema sicuro per la salute dei Cittadini in quanto non produrrebbe pericolose scorie 
radioattive. Ed allora, perché tutta questa reticenza?...

Il dibattito è particolarmente vivace in Italia ruotando attorno ai controversi esperimenti 
dell'ingegner Andrea Rossi, che, con la collaborazione deldocente di fisica all'Università di 
Bologna Sergio Focardi, recentemente scomparso, ha iniziato la commercializzazione di un 
dispositivo chiamato e-cat che dovrebbe essere in grado di produrre un megawat di energia  tramite 
fusione nucleare a bassa temperatura ottenendo rame da nichel+ idrogeno utilizzando un 
catalizzatore  finora protetto da segreto industriale.

I detrattori ritengono trattarsi di una gigantesca bufola, adducendo proprio questa impossibilità 
di riprodurre l'esperimento.
L'agenzia militare americana deve avere però abboccato se ha acquistato un prototipo di questo 
aggeggio, ed anche una società americana Heap che se ne è aggiudicata la commercializzazione, in 
cambio della cessione  di una quota  societaria allo stesso Rossi.
Sono anche aperte le prenotazioni online ma solo per la versione business, mentre ci vorrà ancora 
qualche anno per la commercializzazione di generatori domestici capaci di erogare 10 kw di potenza.
Pertanto seguiranno un paio di articoli, entrambi a firma di Roberta De Ccarolis, il primo con una 
intervista allo scomparso professor Focardi, coinventore insieme a Rossi del dispositivo, e le 
critiche degli scettici.
Staremo a vedere.

                       Donato Taddei

Prologo

Il 25 marzo 1989 é la data storica in cui due coraggiosi ricercatori dell’Università di Salt Lake 
City (Utah - USA), annunciarono alla stampa di aver trovato un modo molto semplice e poco costoso 
per produrre energia pulitissima: l’energia derivata dalla fusione di atomi di deuterio (isotopo 
dell’idrogeno) a bassa temperatura. In sostanza l’energia del futuro. Nonostante i due scienziati 
disponessero di risultati ben documentati e successivamente riprodotti in più di duecento 
laboratori sparsi in tutto il mondo, si innescò un'inconcepibile serie di polemiche ed anche 
qualcosa di più. Una campagna di disprezzo, in particolare, venne imbastita dai loro colleghi, 
studiosi della fusione calda, così denominata perché necessita di milioni di gradi di temperatura 
ed inoltre di ingenti risorse economiche. Ed anche la stampa e le riviste specializzate rivolsero 
pesanti critiche al loro operato. Il risultato fu che, dopo il terremoto scatenato dall’entusiasmo 
per l’annuncio rivoluzionario, seguì un crescente scetticismo, sconfinato in precise minacce per i 
due ricercatori. Essi scomparvero per alcuni mesi, fino a quando approdarono a Nizza. Qui stanno 
ancora lavorando per il loro progetto in un laboratorio privato finanziato con nove milioni di 
dollari dalla IMRA Europe S.A., impresa affiliata alla giapponese Toyota. Nella titanica lotta di 
interessi di ogni tipo, il movimento scientifico scaturito dalla fusione fredda é ancora vivo e i 
risultati raggiunti sono da tenere veramente nella più alta considerazione, nonostante che essi 
producano energia di tipo calorico, cioé una forma non nobile, ma pur sempre benedetta. Inoltre i 
ricercatori si incontrano annualmente per scambiarsi pareri e risultati. A differenza della tecnica 
studiata e portata avanti da circa 40 anni per attuare la fusione calda degli atomi di idrogeno, 
sfruttando enormi macchine capaci di far arrivare la temperatura interna anche a centinaia di 
milioni di gradi, la fusione fredda proposta da Fleischmann e Pons si basa sul principio 
dell’elettrolisi e sfrutta un’apparecchiatura semplicissima. Facendo passare elettricità tra due 
elettrodi, uno di palladio e l’altro
di platino, immersi in acqua pesante D2 0 (dove D é il simbolo del Deuterio) si può produrre una 
quantità di energia molto superiore a quella immessa. Secondo quanto sinora accertato, nel reticolo 
cristallino del Palladio si crea una forma di fusione, tra i nuclei di deuterio.

Effetto Fleischmann e Pons: il punto della situazione
Vittorio Violante, Emanuele Castagna, Stefano Lecci, Mirko Sansovini, Francesca Sarto[1]

Gli studi di scienza dei materiali sui sistemi metallo-idrogeno, condotti in buona parte, presso il 
centro ENEA di Frascati, hanno consentito di raggiungere un significativo livello di 
“riproducibilità trasferita” dell’Effetto Fleischmann e Pons (generazione di eccesso di potenza in 
palladio deuterato). Con catodi di palladio prodotti in ENEA e con catodi realizzati in maniera 
tale da presentare comunque caratteristiche all’incirca identiche a quelle del materiale ENEA altri 
prestigiosi istituti hanno osservato produzione di potenza in eccesso con palladio deuterato 
mediante procedimento elettrochimico. É stato inoltre possibile verificare che i lotti di materiale 
in grado di produrre eccesso di potenza presso uno degli istituti coinvolti nel programma di 
ricerca fornivano risultati simili, e con segnali confrontabili, anche presso gli altri istituti. I 
risultati raggiunti eliminano i dubbi circa l’esistenza del fenomeno e aprono interessanti 
prospettive per la sua definizione.
Sono trascorsi molti anni, più di venti, dall’annuncio da parte dei due elettrochimici 
dell’Università dell’Utah, Martin Fleishmann e Stanley Pons, riguardante la produzione di eccesso 
di potenza mediante procedimento elettrochimico, con il sistema palladio-deuterio. Inizialmente il 
fenomeno fu considerato un processo di fusione nucleare a bassa energia tra nuclei di deuterio, nel 
reticolo del palladio, senza emissione di radiazioni (fusione fredda). Nel seguito, il campo di 
ricerca è stato rinominato “studio dei fenomeni nucleari a bassa energia nella materia condensata” 
ed il fenomeno della produzione di eccesso di potenza nel sistema palladio deuterio è stato 
definito Effetto Fleishmann e Pons (EFP).
Il lavoro di studio e di ricerca condotto fino ad ora in questo settore, ha consentito da un lato 
di identificare le linee di attività che hanno prodotto i risultati più consistenti e più 
interessanti dal punto di vista scientifico, dall’altro di scartare quelle linee di ricerca che 
hanno fornito risultati non affidabili dal punto di vista statistico e/o non validati da 
attendibili processi di revisione scientifica da parte di accreditati istituti di ricerca 
internazionali. Gli studi, sia teorici che sperimentali, condotti nel campo della scienza dei 
materiali hanno consentito di accrescere il controllo sul fenomeno e di creare le premesse per una 
sua completa comprensione.
Su questo specifico tema cresce l’attenzione a livello di Istituzioni: finanziamenti specifici sono 
stati stanziati in Italia dal Ministero per lo Sviluppo Economico (2006-2007). Anche negli Stati 
Uniti d’America vengono svolte attività di ricerca con fondi di Agenzie governative e con ampio 
spazio dedicato alla scienza dei materiali. Gli incoraggianti risultati fino ad ora ottenuti in 
questo ambito creano una premessa solida affinché il percorso intrapreso secondo questo indirizzo 
di ricerca continui nel futuro, in un contesto costituito dai più prestigiosi Istituti di ricerca 
del mondo, con tutto il necessario supporto. É uno scenario nuovo, ben diverso da quello iniziale.
Tutto inizia con gran clamore nel 1989 quando, in seguito ad alcuni esperimenti dei chimici Stanley 
Pons e Martin Fleischmann, l’EFP fu prospettato come una fonte di energia semplice, economica, 
abbondante e sostenibile.
Purtroppo la maggior parte di coloro che provarono a replicare l’esperimento non vi riuscì ed in 
breve tempo si concluse che era stato preso un grossolano abbaglio, singolare esempio di una 
scienza spettacolo senza fondamento.
La materia fu messa sotto osservazione, anche da parte del Department of Energy (DOE) degli Stati 
Uniti, attraverso esperimenti di verifica; tuttavia, alcuni laboratori di vari paesi che provarono 
a ripetere l’esperimento, come detto poc’anzi, non riuscirono a replicare quello che i due chimici 
dichiaravano di aver ottenuto. Poiché la riproducibilità è un fattore essenziale per la definizione 
di un fenomeno scientifico, l’EFP fu in qualche modo considerato “cattiva scienza”, venendo di 
fatto abbandonato dalla maggior parte di ricercatori e laboratori. Pochissimi continuarono ad 
effettuare ricerche, consapevoli di mettere a rischio la propria reputazione scientifica.
L’Istituto californiano SRI International e la IMRA Japan osservarono che si trattava di un 
fenomeno “a soglia”, vale a dire che l’eccesso di potenza si innesca solo se si raggiunge un 
livello di concentrazione di deuterio (ovvero di quantità di atomi di deuterio) all’interno del 
reticolo di palladio non inferiore ad un certo valore (circa 0.9 in frazione atomica).
Partendo da questa osservazione, buona parte dell’attività scientifica svolta in ENEA è stata 
rivolta a cercare di comprendere come mai, a parità di condizioni di lavoro, un materiale come il 
palladio, apparentemente sempre uguale, talvolta assorbe più idrogeno e a volte ne assorbe di meno. 
Questo studio è durato diversi anni e alla fine, identificati alcuni aspetti termodinamici e di 
cinetica diffusionale, l’ENEA ha brevettato una tipologia di questo metallo, in grado di garantire 
un elevato assorbimento di deuterio e un processo per realizzarlo. Tale materiale consente di 
raggiungere in modo affidabile la soglia di concentrazione necessaria all’innescarsi del fenomeno.
In questo modo, in ENEA, si è riusciti  a creare, in sistemi elettrolitici del tipo 
deuterio-palladio, una affidabile riproducibilità per quanto concerne il raggiungimento della 
soglia critica di caricamento. Il materiale prodotto in ENEA è stato fornito anche ad altri gruppi 
ricerca, in modo da mettere altri laboratori in condizioni tali da poter osservare il fenomeno di 
eccesso di potenza con una maggiore probabilità di successo. Certo, non è ancora una vera e propria 
riproducibilità controllata: ad esempio si lavora ancora sul controllo dello start-up del fenomeno, 
che a tutt’oggi non si è in grado di far partire a comando. Sono stati però creati i presupposti 
affinché, entro un determinato tempo, il fenomeno si manifesti con una certa probabilità. Si tratta 
insomma di un’importante situazione di miglioramento e “trasferimento” della riproducibilità, 
totalmente assente all’inizio della ricerca nel 1989.
A cambiare le carte in tavola è stato l’evento scientifico dell’agosto 2003, la Conferenza 
internazionale sulla Condensed Matter Nuclear Science tenutasi a Boston. Durante il convegno alcuni 
Istituti, tra cui l’ENEA, presentarono risultati positivi ottenuti proprio con il materiale messo a 
punto presso il Centro ENEA di Frascati. Questa evidente condizione di “riproducibilità trasferita” 
indusse alcuni accademici americani a sottoporre nuovamente la questione al DOE, affinché svolgesse 
nuove verifiche. Di fatto fu effettuata un’ampia analisi dei dati disponibili in letteratura, in 
seguito alla quale fu proposto un confronto dal vivo con alcuni esperti. Confronto che si è tenuto 
nell’agosto 2004 a Washington, dove 5 scienziati americani e uno degli autori (V.V.) presentarono 
ad una commissione di qualificati referee le ricerche effettuate e i risultati ottenuti. Dopo 
alcuni mesi di valutazione, il DOE emise il verdetto: circa la metà dei referee riteneva che il 
fenomeno era da considerarsi un effetto reale, non frutto di fantasia o di cattive misure, e che la 
materia meritava di essere studiata ne più ne meno come altre materie scientifiche. Inoltre nel 
documento conclusivo del DOE si sostiene che uno dei campi nei quali occorre concentrare gli studi 
è proprio la scienza dei materiali.
In sostanza si prese atto del fatto che la situazione era diversa da quella iniziale del 1989 e che 
il lavoro fatto dai vari laboratori di ricerca impegnati nel campo, come quello dell’ENEA, aveva 
cambiato i termini della questione.
L’ENEA, grazie al lavoro svolto nel campo della scienza dei materiali, ha avuto un ruolo 
fondamentale in quanto non solo ha ottenuto risultati ragionevolmente riproducibili e con segnali 
inoppugnabili, ma ha contribuito utilmente affinché anche altri Istituti ottenessero risultati 
simili.
Sulla base della scienza nota e in base alle misurazioni calorimetriche è difficile spiegare i 
fenomeni osservati come effetti chimici. Una misura calorimetrica consiste nel bilancio tra la 
potenza che viene immessa dall’esterno nel sistema e quella che il sistema emette. Quando negli 
esperimenti si manifesta l’eccesso di potenza (potenza in uscita maggiore di quella in ingresso), 
il guadagno di energia che ne deriva è tale che se fosse ridistribuito su tutte le particelle 
presenti nel sistema dell’elettrodo (atomi di metallo più atomi di deuterio) darebbe luogo ad una 
quantità di energia per atomo da 10 a 100 volte maggiore della massima energia associabile ad un 
legame chimico. Se si accetta l’idea che la natura del fenomeno è chimica dovremmo sostenere che 
negli elettrodi hanno luogo reazioni ottenute con elementi che hanno legami chimici da decine o 
centinaia di elettronvolt al momento non noti; si tratta quindi di fenomeni di altra natura che, 
sulla base delle nostre conoscenze, possono solo essere di natura nucleare. Occorre inoltre 
sottolineare che, con riferimento al palladio, gli eccessi di potenza si ottengono solo con il 
deuterio e non con l’idrogeno; altro indizio, questo, che identifica il fenomeno di natura nucleare 
associabile ad un processo di fusione che, nella materia condensata, procede con modalità diverse 
rispetto a quanto avviene nei plasmi.
Nel documento finale del DOE viene esplicitamente detto che un altro settore in cui è opportuno 
concentrare l’attività di ricerca è proprio quello della ricerca delle ceneri nucleari. Si pensa 
così che il processo possa essere riconducibile ad una fusione tra nuclei di deuterio con 
produzione di calore ed elio, senza emissione di radiazioni.
Dopo l’incontro con il DOE, negli USA, ha avuto inizio un processo di revisione articolato in due 
fasi. La prima, conclusasi con successo, si basava sulla replica della produzione di eccesso di 
potenza, con eccessi non inferiori al 100% utilizzando elettrodi prodotti in ENEA. Il Laboratorio 
americano che è stato incaricato di effettuare la prima fase di revisione è stato l’istituto 
californiano SRI. La seconda fase, in via di completamento, è stata articolata coinvolgendo anche 
altre prestigiose Istituzioni scientifiche statunitensi e l’ENEA.
Un progetto, anch’esso, rivolto a verificare l’esistenza del fenomeno mediante l’ottenimento di 
risultati con un elevato rapporto segnale/rumore e non ascrivibili ad incertezze di misura fu 
svolto, dall’ENEA, con il supporto del Ministero della Sviluppo Economico, contemporaneamente alla 
prima fase del programma USA.
Il Progetto, denominato “Generazione di Eccesso di Potenza in Metalli Deuterati” si concluse nel 
biennio 2006-2007 con il conseguimento di tutti gli obiettivi previsti e con il raggiungimento di 
una produzione di potenza in eccesso fino al 500%.
Il laboratorio ENEA che svolge studi sul tema, presso il centro di Frascati, è considerato, in 
questo campo, un centro di eccellenza a livello internazionale.
Nel 2009 l’ENEA organizzò la quindicesima edizione dell’International Conference on Condensed 
Matter Nuclear Science.
Occorre sottolineare che, allo stato, si tratta comunque di ricerca fondamentale e non c’è davvero 
la possibilità di esprimersi né su ipotetiche applicazioni né sulla possibilità di studi di natura 
tecnologica senza aver prima definito la fisica del sistema. Non sappiamo ancora se potranno 
esserci applicazioni di qualche genere, ma è già una cosa molto importante avere la certezza 
dell’esistenza di un fenomeno e poter dire che si lavora per definirlo.

Chi sta lavorando sulla fusione fredda?

Notizie da Rainews24

Abbiamo potuto verificare che molte società - anche dai nomi importanti - hanno investito e stanno 
investendo sullo studio della cosiddette reazioni nucleari a temperatura ambiente.
La cosa interessante é che nessuna di queste compagnie ama essere associata alla "famigerata" 
fusione fredda: lo fanno ma - quasi sempre - non lo dicono.
La prima é stata la Toyota. Già all'inizio degli anni '90 creò un laboratorio nel Sud della 
Francia, dove chiamò a lavorare anche gli stessi padri della fusione fredda, Fleischmann e Pons.
Un'altra giapponese, la Mitsubishi Heavy Industries, ha scelto un'altra strada, quella delle 
trasmutazioni nucleari.
I tecnici Mitsubishi sono riusciti a trasformare elementi radioattivi in altri elementi, questa 
volta inerti: seguendo questa strada si potrebbe pensare a un sistema per la definitiva messa in 
sicurezza delle scorie delle centrali nucleari.
Esiste un progetto per applicare il sistema Mitsubishi in Italia. La sperimentazione - coordinata 
dal fisico del Laboratorio Nazionale di Frascati Francesco Celani - verrebbe fatta nel Centro 
Sviluppo Materiali (CSM) di Castel Romano, alle porte di Roma, mentre per l'impianto industriale si 
pensa a un sito in Umbria.
St Microelectronics e Pirelli hanno manifestato disponibilità a partecipare al progetto 
italo-giapponese ma per ragioni economiche e politiche per ora é tutto fermo.
Nei Laboratori Pirelli della Bicocca - a Milano - dieci ricercatori lavorano sulla fusione fredda. 
Pirelli - insieme al gruppo Moratti - é stata una delle prime compagnie in Italia a investire sulla 
ricerca, già negli anni '90. Come d'altra parte ha fatto FIAT, sia pure con discrezione.
Gli americani sono gli unici a sbilanciarsi su una data: "entro il 2007 presenteremo alcuni 
prototipi piuttosto eccitanti", annunciano i californiani di "D2FUSION", una società quotata in 
borsa e legata ai più importanti centri di ricerca militari degli Stati Uniti.
Se dobbiamo credere alle promesse, dai laboratori della silicon valley usciranno presto piccoli 
moduli per il riscaldamento domestico, di potenza compresa tra uno e tre chilowatt. "Saranno molto 
ecologici e molto economici - dicono - visto che saranno alimentati ad acqua"
Entro pochi mesi si aspetta anche il rapporto dell'Agenzia statunitense per i progetti di ricerca 
avanzati in campo militare (DARPA, US Defense Advanced Projects Research Agency). I risultati sono 
ancora riservati ma potrebbero segnare una forte accelerazione a favore degli studi sulla fusione 
fredda.
E poi c'é la Cina.
In Cina ci sono oltre 20 ricercatori al lavoro sulla fusione fredda, divisi in sei gruppi. Sei 
laboratori che competono tra loro per arrivare per primi al risultato finale, grazie anche al 
rapporto preferenziale che si é creato tra laboratori cinesi e centri di ricerca francesi. L'asse 
tra Pechino e Parigi si candida a sfidare anche in questo campo la supremazia tecnologica degli 
Stati Uniti.

E-cat è l'energia del futuro? intervista al prof. Sergio Focardi
www.greenme.it/approfondire/interviste/6255-fusione-fredda-e-cat-intervista-focardi

Troppi sono ancora i dubbi che si rincorrono riguardo all'E-Cat, il famoso catalizzatore testato 
negli ultimi mesi e realizzato dall'ingegner Andrea Rossi e dal Professore Emerito dell'Università 
di Bologna, Sergio Focardi. Ed è  proprio a lui, abbiamo voluto porre le nostre domande, cercando 
di capire e di carpirgli qualche notizia in più sulla macchina che potrebbe rivoluzionare le sorti 
dell'energia, puntando soprattutto verso una nuova forma di energia pulita, quella appunto 
realizzata grazie alla fusione fredda.
E la nostra scelta è ricaduta sul Professor Focardi perché, a nostro avviso, grazie alla sua 
pluriennale esperienza nel settore e alla sua autorevolezza, è la persona che può aiutarci a 
comprendere realmente cosa cela l'E-Cat. Ecco cosa ci ha raccontato nell'intervista esclusiva 
realizzata in collaborazione con NextMe.it.
GM: Lei e l’ing. Rossi potreste avere in mano la salvezza per i problemi energetici mondiali, ma 
ancora il meccanismo di cosa realmente porterebbe alla produzione di energia, con una spesa di 
molto inferiore alle reazioni nucleari classiche, non è stato resto noto. Pur comprendendo le ovvie 
problematiche riguardanti il brevetto, quali reali evidenze che l’invenzione funzioni potreste 
portare? O meglio, quali evidenze che sia una vera reazione nucleare ci sono, vista l’impossibilità 
di rivelare la reazione nei suoi dettagli? E’ una reale fusione nucleare? E se sì, di quali nuclei?
SF: : Il meccanismo che da origine al processo è una reazione di fusione nucleare (fra un nucleo di 
nichel e un nucleo di idrogeno). Possiamo arrivare a questa conclusione per i seguenti motivi:
1) i componenti che danno origine al processo sono nichel e idrogeno;
2) nella reazione si produce rame il cui nucleo si ottiene aggiungendo un protone (nucleo 
dell’idrogeno) al nucleo di nichel;
3) la quantità di energia che si libera nel processo è assai più elevata della energia delle 
reazioni chimiche e richiede che sia avvenuto un processo nucleare;
4) durante il processo, il sistema emette raggi gamma (schermabili con piccoli spessori di piombo) 
che sono la firma di un processo nucleare
Quando e da cosa è nata la collaborazione con Andrea Rossi? Quali sono i ruoli all’interno della 
vostra collaborazione? La primogenitura del progetto?:
SF: Avevo già lavorato in questo campo di ricerca nel passato, in una collaborazione tra il mio 
gruppo di ricerca dell’Università di Bologna e un gruppo di ricerca dell’Università di Siena 
diretto dal Prof. Francesco Piantelli. All’ing. Rossi, che era interessato a trovare un 
collaboratore per operare in questo campo, fu fatto il mio nome.
Spesso si parla dell’E-Cat come dell’idea esclusiva di Andrea Rossi. È stato davvero così? In che 
modo ciascuno di voi ha contribuito alla realizzazione di quella che sembra essere la macchina che 
potrebbe dar luogo al “miracolo energetico”?
SF: Abbiamo lavorato in stretta collaborazione: ognuno di noi ha messo in gioco le proprie 
competenze. Se volessimo trovare ad ogni costo una differenziazione fra i nostri operati potremmo 
concludere che Rossi ha progettato e realizzato gli E-cat, io ho dato l’interpretazione di fusione 
nucleare del fenomeno, insieme abbiamo progettato e realizzato i primi esperimenti che hanno dato 
conferma delle nostre idee. Tutti i prototipi sperimentali sono stati realizzati dall’ing. Rossi 
che disponeva anche dei tecnici per la realizzazione dei progetti e degli spazi per la 
sperimentazione degli apparati.
Siete in grado di quantificare, almeno orientativamente, il risparmio energetico che questa 
tecnologia consentirebbe di fornire, in termini di consumi medi? Quale tipo di realtà è in grado di 
alimentare in modo efficiente l’attuale macchinario? Sono previsti eventualmente degli updates?
SF: Come risposto alla prima domanda, il sistema per funzionare richiede nichel e idrogeno; 
entrambi possono essere prodotti o ottenuti in quantità illimitate. Infatti, il nucleo della Terra 
e’ costituito da nichel e ferro; l’idrogeno si può ottenere per elettrolisi dall’acqua che pure 
esiste sul pianeta Terra in quantità illimitate.
L’invenzione consentirebbe di produrre energia non solo a basso costo, ma anche in modo pulito 
rispetto alle attuali risorse: ci può spiegare, per quanto Le è possibile, il reale impatto 
ambientale e quindi il vantaggio netto a livello ecologico? Risolverebbe davvero il problema delle 
emissioni?
SF: Certamente! Non c’è produzione di inquinanti di alcun genere. I raggi gamma che vengono emessi 
durante il processo sono assorbiti da piccoli spessori di piombo che, oltre a funzionare da scudo 
protettivo, catturano anche l’energia dei raggi gamma, trasformandola in calore.
Attualmente l'E-cat è canalizzato essenzialmente alla produzione di calore. Deriva dai bisogni del 
cliente? Quanto tempo prima che si passi alla produzione di energia elettrica?
SF: Bisognerà aggiungere un convertitore di energia che trasformi il calore in energia elettrica. 
Questa potrà essere utilizzata per qualsiasi applicazione.
Quanto costerà alle aziende e alla famiglie dotarsi di un Energy catalyzer? Sarà davvero sicuro 
tenerlo in casa?
SF: Non ci sono rischi, purché si risolva il problema del rifornimento di idrogeno in modo da 
evitare la presenza nelle abitazioni di una bombola di idrogeno. Sull’eventuale costo non so 
pronunciarmi; esso dipenderà, oltre al costo dei materiali e a quello della costruzione del singolo 
E-cat anche dal numero dei costruttori che avranno acquisito il diritto allo sfruttamento 
commerciale.
L'E-cat potrebbe davvero affrancarci dalle logiche delle lobby del petrolio? E' per questo motivo 
che vi state rivolgendo essenzialmente a clienti privati? L'ing. Rossi ha parlato di una guerra, di 
persone che in qualche modo non gradiscono, da qui la spiegazione di trincerarsi dietro al 
silenzio. Secondo Lei perché?
SF: Secondo me non esistono grossi problemi di conflitti con le imprese fornitrici di altri tipi di 
combustibili. Non va dimenticato che secondo stime attendibili, le riserve mondiali di petrolio, 
gas e carbone saranno esaurite nel giro di 150 anni. La nostra diventerà una quarta forma la cui 
esistenza allungherà anche il periodo di durata delle altre. Inoltre questa forma di energia avrà 
durata illimitata nel tempo
Se dovesse trovare un difetto o un lato negativo alla vostra invenzione, quale sarebbe? E quale il 
suo punto di forza?
SF: Non riesco a trovare difetti o lati negativi della nostra invenzione
Sulla fusione fredda si è detto tanto. Come definirebbe l’invenzione realizzata da Lei e dal suo 
collega Rossi? E pensa che potrebbe davvero risolvere, a lungo termine, il problema dell’energia 
sul pianeta?
SF: Si è detto tanto ma finora ci si è limitati a consumare quella disponibile. Come ho già scritto 
rispondendo a una delle ultime domande, abbiamo risolto il problema dell’energia per gli abitanti 
della Terra!
Nel prossimo futuro, quali saranno i passi verso una reale sperimentazione sul campo? Dopo 
l’esperimento del 28 Ottobre si sono fatti avanti potenziali acquirenti?
SF: Non sono a conoscenza della cosa
Secondo Lei, oltre all'E-Cat, quali saranno in futuro le alternative alla produzione di energia 
dalle fonti fossili?
SF: Non ne intravedo, ma non sono particolarmente competente in questo settore
Come immagina il futuro dell’E-Cat? Quali saranno i futuri step per la diffusione dell'E-cat? 
Quando lo potremo vedere nelle nostre case?
SF: Stando alle numerose domande di questo tipo che mi sono state rivolte da amici e conoscenti, 
posso immaginare un futuro denso di successi!
E noi non possiamo che auguraglielo ed augurarcelo, perché, se davvero tutto funzionasse come 
sostengono Rossi e Focardi, uno dei grossi problemi per l'Ambiente sarebbe vicino alla sua 
risoluzione.
Roberta De Carolis

5 motivi secondo gli scienziati per cui l'e-cat non può funzionare
www.nextme.it/scienza/energia/5735-fusione-fredda-e-cat-non-funziona-scienziati

Fusione fredda: i 5 motivi degli scienziati per cui l'E-cat non funziona
Scritto da Roberta De Carolis
Piu' informazioni su:
Fusione fredda. Nonostante la pubblicazione dei risultati dei test indipendenti sull'E-cat, che 
dimostrerebbero la sua capacità di produrre energia pulita e a basso costo, i dubbi restano. Alcuni 
esperti hanno dichiarato che il dispositivo non può funzionare, e hanno motivato questa 
affermazione appellandosi alle leggi della fisica. Ecco le loro cinque ragioni:
Barriera di Coulomb
La fusione nucleare, sulla Terra, può avvenire solo a temperature elevatissime o tramite un 
acceleratore di particelle, perché i nuclei degli atomi si respingono fortemente se avvicinati a 
causa della 'Barriera di Coulomb'. Nelle stelle questo è un processo naturale: tale barriera può 
essere infatti superata per via della grande massa caratteristica dei corpi celesti, che incrementa 
l'energia gravitazionale tanto da superare la repulsione. Ma sulla Terra questo è impossibile.
Raggi gamma
Qualsiasi processo di fusione, secondo gli scienziati, genera raggi gamma, radiazioni molto 
pericolose per la salute. Qualunque essere umano che si trovi vicino ad un dispositivo che funziona 
con questo meccanismo morirebbe senza una schermatura opportuna, che E-cat, stando alle nostre 
limitate conoscenze, non sembra garantire.
Elementi prodotti
Una prova sperimentale dell'avvenuta fusione è la formazione di nuclei pesanti a partire da quelli 
più leggeri. Rossi ha sempre affermato, ricordano gli esperti, di generare rame a partire da nichel 
e idrogeno. Ma questo, sostengono gli esperti, richiederebbe una quantità di energia che neppure le 
stelle riescono a produrre.
Test pubblicati
Anche sui test di Hot E-cat pubblicati su ArXiv i ricercatori del settore nutrono dei dubbi: gli 
esperimenti infatti, secondo gli autori, hanno portato produzione di calore anche quando 
l'alimentazione era stata spenta, ma questo punto non sembra poi così trasparente. Sembra infatti 
che, pur essendo stata spenta l'alimentazione del singolo dispositivo, questo rimanesse di fatto 
connesso alla rete centrale. Inoltre, come lo stesso Rossi ha dichiarato, chi ha svolto le misure 
aveva il divieto assoluto di aprire la macchina. E cosa può assicurare allora che all'interno non 
si nascondesse qualche altra forma di sostentamento energetico?
Catalizzatore
La ricetta di Rossi, come è noto, prevede un ingrediente segretissimo che nessuno ha il diritto di 
sapere e che è il motore di tutto il marchingegno E-cat: il catalizzatore. Ma anche su questo 
segreto qualcosa non torna, secondo gli scienziati. Esistono infatti diverse possibilità di 
proteggere la proprietà intellettuale, per esempio attraverso un brevetto, che, lo ricordiamo, a 
Rossi l'Europa non ha concesso, motivando il rifiuto proprio con una scarsa comunicazione dei 
dettagli.
Questa è l'opinione di alcuni esperti del settore, che in realtà si appellano in parte a vecchie 
questioni, in effetti mai chiarite. Sui raggi gamma, ad esempio, ci sono state diverse 
dichiarazioni contraddittorie, dalla loro non produzione nel meccanismo E-cat, alla loro non 
fuoriuscita all'esterno. Ma d'altronde altri ricercatori, tra cui Francesco Celani, sostengono che 
tali emissioni non sono sempre scontate, perché diverse reazioni nucleari avvengono effettivamente 
senza la loro generazione.
E anche sulla produzione di rame, la questione è dibattuta da molto tempo, non tanto per l'energia 
necessaria, ma sul fatto che nell'E-cat si ritrovi in realtà rame a composizione isotopica 
naturale, come se non fosse il prodotto della reazione, ma residuo già presente nel reattore.
Più in generale appellarsi a leggi della fisica così come la conosciamo può essere in parte 
riduttivo, perché nessuno può oggi dimostrare, forse neanche Rossi, i cui misteri certo non 
aiutano, che la fusione fredda funzioni invece con meccanismi diversi. Che stia nascendo, in poche 
parole, una nuova fisica?
Roberta De Carolis

Torna all'indice