storia Sixto Rodriguez, , Una bella storia (vera) da raccontare Art. inviato in privato da F. Melis, 21\03\2014, h. 11.41. www.repubblica.it/spettacoli/musica/2014/03/20/news/sixto_rodriguez_concerti_italia-81476260/?ref=HRERO-1 Sixto Rodriguez, la seconda vita di Sugar Man che fu star senza saperlo "L'UOMO che visse due volte" è pronto a colpire. Al cuore, come sempre. Sixto Rodriguez, 72 anni, da Detroit, stasera sale sul palco del Teatro Manzoni di Bologna e domani sarà su quello dell'Auditorium di Milano per due concerti che promettono emozioni forti. Tutto esaurito da mesi per le sue ballate anni '70 nate nelle strade del sobborgo di Woodbridge, ai margini della grande città americana che dimenticava e dimentica ancora gli ultimi. Rodriguez "Sugar man", soprannome che gli viene da una delle sue canzoni più belle e più dure, ha la stessa voglia che aveva quarant'anni fa di raccontare gli sconfitti - i disoccupati, i senzatetto, i tossicomani - ai quali però il destino non ha tolto ancora la forza di sperare e di battersi per i propri diritti e cambiare qualcosa, a cominciare dalla propria vita. Persone condannate a stare ai margini ma che ogni mattina si svegliano convinte che anche un sogno o un amore possano diventare realtà, un giorno. Sono le anime inquiete di una working class che talvolta si accorge di avere in casa un piccolo grande eroe. Come Rodriguez, appunto, musicista che si sta riprendendo - adesso che è quasi cieco a causa di un glaucoma - una parte di quello che il destino gli ha sottratto. Sì, perché lui, nato da una famiglia operaia - padre immigrato messicano e madre nativa americana - ha alle spalle una vita che a raccontarla non sembra vera: è il primo artista ad essere stato una star a sua insaputa. Per decenni. Gli insuccessi. Ma riavvolgiamo il nastro e partiamo dalla fine degli anni '60. Sixto Rodriguez (chiamato così perché sesto figlio) viene scoperto in un locale periferico di Detroit, il Sewer, da due talent scout che vedono in lui molto, forse troppo considerando l'abbondanza di talenti di quegli anni. Al punto che lo definiscono con l'etichetta, importante quanto scomoda, di "Bob Dylan ispanico". Così, dopo la meteora del singolo del 1967 col nome di Rod Riguez (I'll slip away), arrivano due album Cold Fact (1970) e Coming from Reality (1971), sui quali produttori non si risparmiano. Belle canzoni, testi impegnati (soprattutto il primo), arrangiamenti curati. Ma non succede nulla. Forse anche un po' colpa sua visto che in qualche concerto di lancio sceglie di suonare dando le spalle al pubblico. Risultato: poche copie vendute e via nel dimenticatoio. La scommessa è persa. Rodriguez torna da dove è venuto. Non è un periodo facile: si mette a fare l'operaio demolitore e il muratore. Fa anche l'insegnante e nell''81 si laurea in filosofia seguendo i corsi serali. E' instancabile, cerca sempre il riscatto per sé e per gli altri: si candida persino a sindaco di Detroit ma chiude questa parentesi con una manciata di voti. I soldi sono pochi e deve lavorare sodo in cantiere. Certo suona ancora e scrive canzoni ma sempre lontano da quei riflettori che non lo hanno mai inquadrato. Non se ne cura e va avanti così, vive sempre a Woodbridge, nella stessa casa senza tv e senza riscaldamento. Famoso come Elvis, lontano dagli Usa. Succede però che a metà degli anni '70 le sue canzoni vengano ascoltate (grazie a qualche passaggio in radio ma soprattutto alle copie in audiocassetta) in paesi lontanissimi dagli Stati Uniti: Sud Africa, Australia (dove sul finire degli anni '70 farà una breve tournée) e Nuova Zelanda. Ma è in Sud Africa che accade l'impensabile: grazie al passaparola nel giro di pochi anni i suoi album diventano la colonna sonora della rivolta anti-apartheid, per via dei testi anti-establishment contro l'oppressione e i pregiudizi sociali. In ogni casa di giovani bianchi contrari al governo razzista di Pieter Willem Botha ci sono i dischi di Rodriguez (nel frattempo ristampati ma subito censurati in radio dal regime). In questa parte di mondo vende eccome, nel 1981 arriva persino un disco di platino e una popolarità in Sud Africa - dicono in molti - pari a quella di Elvis Presley o dei Rolling Stones. Un successo straordinario. Soltanto che lui, dall'altra parte dell'Atlantico, non ne sa nulla, alla prese con case da demolire e solai da rinforzare. Ed è anche all'oscuro delle royalties che qualcuno negli Usa deve aver intascato. Tutti a caccia a Sugar Man. Non sa di essere un mito per i giovani sudafricani ma anche loro sanno poco o nulla di lui. Nelle parole e sulle copertine dei dischi non ci sono tracce che possano far capire dove sia nato, dove viva. Si sa solo che è un ispano-americano e che le sue canzoni hanno testi molto intensi. Stop. Ma un mito è un mito e si alimenta spesso di leggende. Cominciano così a girare voci sul fatto che sia stato ucciso in un concerto alla fine degli anni '70 o addirittura che si sia suicidato sul palco dandosi fuoco. Ma non ci sono conferme e il mistero continua. Gli anni passano, ma né il successo né la passione sfumano. Così un suo fan e un giornalista musicale decidono di provare a scoprire come sia morto. E pubblicano un sito - The Great Hunt Rodriguez (ora sugarman.org) - per cercare notizie. Tutto tace fino al giorno in cui su questo sito capita la figlia del cantante che subito si sistema la tastiera e scrive una mail spiegando che il padre è vivo e vegeto, ringrazia e saluta lasciando un numero di telefono. Il contatto è immediato. Rodriguez scopre che in quel paese appena uscito dall'orrore dell'apartheid lui è da anni una stella della musica. E non solo. Il trionfo a Città del Capo. Nel 1998 Rodriguez viene accolto in Sud Africa e si consuma il grande abbraccio con il pubblico che non sapeva di avere. Arriva lì con le tre figlie e la sola chitarra. Non ha una band da anni. Nessun problema: il gruppo con cui farà più di 30 concerti nel paese lo trova lì e sono tutti suoi fan. Del resto le sue canzoni le conoscono a memoria. La seconda vita di Rodriguez è appena cominciata e ha gli occhi colmi di meraviglia. I suoi album vengono ripubblicati e stavolta vendono, lui torna nel circuito mondiale dei concerti e arriva il film sulla sua storia, scritto e diretto dal regista svedese Malik Bandjellou, "Searching For Sugar Man" (stasera alle 21.15 in chiaro su Rai5). Viene presentato per la prima volta nel 2012 al Sundance film Festival e l'anno dopo si aggiudica l'Oscar a Los Angeles come miglior documentario. Anche l'America si accorge di lui, quarant'anni dopo.Torna all'indice