felice La bella storia dello scultore cieco Felice Tagliaferri. Il giornale del 20\07\2014. Carlantino è un paese di poco più di mille anime in provincia di Foggia di rilevante importanza archeologica grazie ai suoi reperti di età romana risalenti ai primi secoli avanti Cristo. È anche il luogo in cui, secondo le indicazioni letterarie, storiche e geografiche si svolse nel 216 A. C la battaglia di Canne tra Annibale e i romani. Un piccolo paese attraversato dal fiume Fortore che ha visto la nascita, nel 1969, di Felice Tagliaferri quarto figlio di un'umile famiglia. Il papà di Felice era un camionista e la mamma casalinga. Dopo pochi anni, Felice e la sua famiglia si trasferiscono a Bologna, nel quartiere Marco Polo, per seguire quel sogno di benessere che apparentemente il padre di Felice sembrava potesse realizzare. Invece si trovò di fronte a un quartiere popolare dove la vita da subito si manifestò dura, cruenta e faticosa; dove combattere, era la parola d?ordine, anche per i ragazzi. Così Felice capì subito il senso più profondo della parola «sacrificio». Ma la vita da lì a pochi anni stava per riservargli una nuova, grande sfida da affrontare; a tredici anni, nel 1982, scopre di avere un'atrofia del nervo ottico, una malattia genetica, che da lì a un anno lo porterà a diventare completamente cieco. Dapprima a scuola i primi segnali che misero nella condizione l'adolescente di passare dall'ultimo al primo banco perché faticava sempre di più a vedere. Poi la drammatica sentenza che inchiodò la famiglia Tagliaferri a una definitiva e terribile condizione: la cecità del piccolo Felice. Dal 1983 la vita cambiò in modo repentino; da giovane esuberante ragazzino che correva in bicicletta con gli amici a ragazzo maturo che doveva, da quel momento, reinterpretare la propria esistenza. Furono anni, i primi, durissimi per Felice; colmi di rabbia e disperazione. E anche per sua la famiglia. Niente più motorino, partite a pallone; niente più vita insieme a tutti quegli amici che fino a pochi mesi prima erano stati al suo fianco. Così Felice Tagliaferri incomincia un percorso diverso per cercare quella formazione professionale che non lo escludesse da una socialità che era stata apparentemente minata nelle fondamenta. Diventa centralinista e a diciotto anni con il diploma in tasca e un posto di lavoro va a vivere da solo a Ponticella di San Lazzaro di Savena. «Sono come un gatto, indipendente», racconta Felice parlando della sua scelta così repentina di andare a vivere da solo. Tutto scorre velocemente nella sua vita fino a quando a venticinque anni risponde ad un annuncio dello scultore bolognese Nicola Zamboni, all'epoca docente dell'Accademia di Brera che con un annuncio nella associazione non vedenti cercava tre giovani per un corso di scultura per non vedenti. Immediatamente Felice aderì a quella che divenne l'iniziativa che cambiò il corso della sua esistenza. Così dopo le lezioni dell'artista Zamboni, Felice chiese di continuare quel percorso didattico che gli consentì di inaugurare la propria carriera artistica con, ad oggi, più di cento sculture. La matrice stilistica di Tagliaferri rimanda ai grandi classici come Canova e Rodin nella spasmodica ricerca di levigatezza e purezza formale tipica della scultura del sette e ottocento. Tagliaferri ricerca la delicatezza dei corpi femminili ricercandone effetti plastici che tendono ad una perfezione formale. Ma a Felice Tagliaferri scolpire non basta. È conscio dell'importanza di avere trovato un luogo dove sfogare la propria sensibilità. Così il pensiero gli corre non solo verso i ragazzi non vedenti che capisce si privano di uno strumento espressivo straordinario, ma corre verso a tutti coloro che, avendo capacità visiva, non sanno cosa significhi scolpire e immaginare una figura. L'arte diventa strumento di comprensione ed incontro tra due mondi: quello dei ciechi e quello dei vedenti. Questa intuizione gli diventa chiara quando nel 2008 si reca nella Cappella Sansevero a Napoli per visitare il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino. Questa visita avrebbe dovuta svolgersi in modo tattile per il Tagliaferri ma gli venne impedito. Da questo divieto nasce l'idea di realizzare una particolare versione della scultura. Nasce così il Cristo rivelato di Felice Tagliaferri; velato per la seconda volta e rivelato ai non vedenti che possono toccare la scultura in marmo lunga 180 centimetri e larga 80. Due anni di lavoro del marmo consegnarono una scultura che dal 2010 ad oggi è stata «toccata» da più di centomila persone. Mentre i non vedenti visitano con le mani la poesia del Cristo rivelato di Tagliaferri chi, come molti di noi, hanno la fortuna di poter vedere comprenderanno come il mondo di esperienze ed emozione che è presente in un non vedente è assolutamente identica al nostro. Un linguaggio quello dell'arte che diventa universale e unisce chiunque con i sensi che ha a disposizione.Torna all'indice