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La terza rivoluzione tecnologica, luci e ombre
Art inviato in privato da Donato Taddei, 27\03\2015, h. 21.03.

tratto al solito da linkiesta.it.
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www.linkiesta.it/sam-altman-terza-rivoluzione-tecnologica
Qui, alla periferia dell'impero, il provincialismo porta a tacciare di arretratezza e di resistenza 
alle magnifiche sorti tecnologiche e progressive chiunque si azzardi ad avere dubbi o critiche 
sulle aspetti anche negativi delle nuove tecnologie o del loro uso.
Nel cuore dell'impero questo tabù è stato violato ed a parlare degli effetti negativi delle nuove 
tecnologie sono addirittura i finanziatori di startup e di join venture.
                        Donato Taddei
Come le prime due rivoluzionerà le nostre vite e cambierà completamente la società, ma serve tempo
Irene Serafica
Quante sono state le rivoluzioni tecnologiche nel corso della storia? Tre, dice Sam Altman. Lui, 
secondo Forbes, è il migliore investitore sotto i 30 anni. Loro, le rivoluzioni, sono quei periodi 
storici in cui l?impatto di nuove tecnologie modifica radicalmente il mondo che fino a poco prima 
conoscevamo.
Laureato in computer science a Stanford, Altman è presidente di Y Combinator, uno dei più vivaci 
acceleratori della Silicon Valley che finanzia startups attraverso un programma da 120 mila dollari 
e un percorso di affiancamento della durata di tre mesi. Ha investito in società che ad oggi 
valgono complessivamente circa 30 miliardi di dollari. Airbnb, Dropbox, Stripe e Reddit sono solo 
alcune.
Oltre che investitore visionario, è anche uno dei maggiori influencer del mondo dell?innovazione e 
in unarticolo recentemente pubblicato sul suo blog ha discusso di quella che ritiene essere la 
terza rivoluzione tecnologica, dopo quella agricola e quella industriale: la software revolution . 
Il software (per chi non ne mastica) non è altro che una sequenza di istruzioni messe insieme per 
svolgere un determinato compito. I programmi dei nostri computer, come Word ed Excel, per 
intenderci.
Spesso compriamo ?software" senza neanche esserne coscienti: una ricerca del 2013 ha dimostrato che 
il 23% dei prodotti in circolazione contiene software
Oggi, il software, è ovunque (Andreessen, addirittura, afferma che il ?Software sta mangiando il 
mondo?). Spesso compriamo ?software" senza neanche esserne coscienti: una ricerca del 2013 ha 
dimostrato che il 23% dei prodotti in circolazione contiene software in qualche forma. Basti 
pensare ai telefoni cellulari, alle televisioni digitali, ai computer e più in generale a tutti 
quei prodotti che contengono programmi informatici che ne permettono il funzionamento. Basti 
pensare a come interagiamo con essi nella nostra quotidianità, a come abbiano ristrutturato la 
nostra capacità di orientarci nel mondo.
È questo che le rivoluzioni tecnologiche hanno in comune: in tutti e tre i casi, la tecnologia ha 
fatto irruzione nella società, rivoluzionando la struttura della società stessa e impattando sulle 
nostre vite in modo irreversibile. Non si torna più indietro, insomma. E anche della terza 
rivoluzione tecnologica, probabilmente arriveremo ad apprezzarne a pieno gli effetti solo a 
distanza di tempo, quando ci saremo lasciati alle spalle gli effetti negativi che porta 
inevitabilmente con sé.
Quali? Altman ne cita almeno due. Distrugge posti di lavoro generando disuguaglianze e mette nelle 
mani di pochi un?enorme capacità di creare danni per tutti.
L?ineguaglianza della distribuzione della ricchezza sarà uno dei problemi sociali più pesanti dei 
prossimi 20 anni
Oggi i computer tendono a sostituire i lavori meno qualificati, mentre i lavori ad alta 
specializzazione - quelli complementari al lavoro svolto dalle macchine - hanno iniziato ad essere 
sempre più preziosi e ben pagati. Altman sostiene che l?ineguaglianza della distribuzione della 
ricchezza sarà uno dei problemi sociali più pesanti dei prossimi 20 anni. Certo, si può tentare di 
redistribuirla, la ricchezza. Ma questo non risolve il problema. Cercare di mantenere i lavori 
inutili è un?idea pessima, anche se popolare. Tentare di creare posti di lavoro tout court per 
miliardi di persone sarebbe di sicuro una buona idea ma ovviamente impraticabile: nonostante sia 
possibile creare nuovi posti di lavoro, questi saranno così profondamente diversi da ciò che esiste 
oggi che una pianificazione sensata del cambiamento sarebbe impensabile.
C?è poi una seconda ombra su questa rivoluzione ed è rappresentata dall'intelligenza artificiale e 
dalla biologia di sintesi, che progetta o fabbrica sistemi biologici non esistenti in natura o ne 
riproduce quelli già presenti. Il software può mettere nelle mani di pochi, enormi capacità di 
causare danni. E' possibile produrre malattie letali in un piccolo laboratorio o sviluppare 
intelligenze artificiali in grado di porre fine alla vita umana. A differenza delle epoche passate, 
perchè siano prodotte, le nuove minacce non richiedono gli sforzi economici di una nazione ma sono 
sufficienti poche centinaia di persone al lavoro con nient?altro che un pc.
Tutto ciò non significa che la rivoluzione del software sia negativa per l?umanità, anzi . Il 
software e le sue applicazioni hanno migliorato le vite di miliardi di persone , spesso in modi in 
cui il "reddito medio" non è in grado di misurare.
Il software e le sue applicazioni hanno migliorato le vite di miliardi di persone , spesso in modi 
in cui il "reddito medio" non è in grado di misurare
Uno dei paradossi più significativi della globalizzazione infatti - resa possibile anche e 
soprattutto dal diffondersi della tecnologia - come cita Enrico Moretti, è che i gruppi sociali 
maggiormente colpiti sul fronte occupazionale sono gli stessi che hanno tratto benefici come 
consumatori (la teoria del vantaggio competitivo tra paesi porta ad un abbassamento dei prezzi). Il 
professore dell'Università di Berkley va anche oltre: perchè l'innovazione genera benessere per 
tutti? Perché crea complementarietà tra lavori traded e non traded (per ogni ingegnere del software 
ci sono almeno cinque lavoratori "non-traded", del mondo dei servizi locali come tassisti, 
domestici, carpentieri, medici, avvocati o baby-sitter); perché i miglioramenti tecnologici sono 
anche miglioramenti produttivi e perché quando in una determinata zona geografica si concentra un 
forte tasso di capitale umano altamente scolarizzato, ne risente positivamente anche il livello 
culturale generale.
Cosa possiamo fare per affrontare la terza rivoluzione tecnologica senza uscirne scottati, si 
chiede Altman? Di sicuro, non possiamo fermare il progresso tecnologico. Oltre che impossibile, 
sarebbe la cosa più insensata da immaginare. Di certo però è necessario che i frutti positivi della 
tecnologia siano superiori agli effetti negativi che applicazioni distorte potrebbero generare. E 
una legislazione attenta e matura in questa direzione, potrebbe essere un primo, preziosissimo, 
passo.
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