batteri
Leggo: Allarme batteri-killer che resistono a tutti gli antibiotici
Nicolò La Ferla su nicofranca, 08\03\2015, h. 10.19.

 
La notizia è di grande rilievo e preoccupazione, tale da determinare anche l?intervento del premier 
britannico. Ben 60.000 morti all?anno potrebbero derivare da infezioni che sono resistenti agli 
antibiotici. Il premier fa eco ad altre notizie recenti. L?Organizzazione mondiale della sanità ha 
in questo periodo stimolato l?industria a non dormire sugli allori delle precedenti scoperte e ad 
impegnarsi per trovare nuovi agenti anti-infettivi. Per curare malattie in cui gli antibiotici oggi 
esistenti hanno perso di efficacia. L?Organismo che si occupa di monitorare l?epidemiologia delle 
malattie negli Stati Uniti stima che oggi vi sono ben 23.000 morti ogni anno per la 
antibiotico-resistenza. Questi interventi sembrano incredibili se si pensa alla straordinaria 
rivoluzione indotta dalla scoperta della penicillina da parte di Fleming. Eravamo nel 1928 quando 
il ricercatore inglese fece le sue prime osservazioni, ma ci vollero oltre 10 anni per arrivare 
alle prime utilizzazioni della penicillina grazie anche al determinante aiuto di Florey e Chain 
stimolati dalla necessità di avere a disposizione efficaci antibatterici per curare le infezioni 
nei feriti della seconda guerra mondiale. Alla penicillina seguirono altri antibiotici sfruttando 
lo stesso principio dell?antagonismo fra micro-organismi. Waksman scoprì la streptomicina, il primo 
antibiotico contro la tubercolosi e poi vennero disponibili le tetracicline, le cefalosporine, i 
macrolidi.

Poi si cominciarono ad avere i primi casi di resistenza che non destarono grande preoccupazione 
considerando che la abbondanza degli antibiotici disponibili poteva sopperire alla resistenza nei 
confronti di un singolo antibiotico. Ma ciò risolse solo temporaneamente il problema perché le 
resistenze si estesero a due e più antibiotici soprattutto negli ospedali e nelle comunità degli 
anziani. Si scoprirono altri antibiotici come la meticillina e la vamcomicina che avevano la 
caratteristica di riuscire ad aver ragione dei batteri poliresistenti, ma cominciano ora ad 
apparire batteri che sono resistenti anche a questi due antibiotici.
I ricercatori non sono rimasti inattivi di fronte a questi problemi ed hanno da tempo iniziato a 
studiare i meccanismi che vengono elaborati dai batteri per rimanere immuni dall?azione letale 
degli antibiotici. Così hanno scoperto molte modalità con cui i batteri si difendono. Ad esempio 
modificano la loro superficie cambiando la struttura della proteina a cui si deve agganciare 
l?antibiotico per poter esercitare i suoi effetti tossici oppure sono in grado di elaborare 
proteine capaci di metabolizzare l?antibiotico rendendolo inattivo. Questa capacità dei batteri 
viene facilitata da una serie di fattori che riguardano le modalità con cui si utilizzano gli 
antibiotici.

Uno dei fattori più importanti è certamente l?uso inappropriato degli antibiotici. Basta molte 
volte qualche linea di febbre per far scattare l?impiego dell?antibiotico senza sapere la ragione 
della febbre. Spesso si tratta di infezioni da batteri che non sono sensibili a quel determinato 
antibiotico oppure l?infezione è determinata da un virus. Tipico è il caso dell?influenza in cui 
pur trattandosi di un virus parte un impiego preventivo di un antibiotico anzicché attendere che in 
qualche giorno l?influenza passi da sola. Spesso gli antibiotici vengono utilizzati a dosi troppo 
basse o per periodi di tempo troppo limitati cosicché i batteri si trovano di fronte a 
concentrazioni che non sono battericide e ciò permette al batterio di mettere in atto i meccanismi 
sopra ricordati. Un altro fattore negativo è la massiva somministrazione di antibiotici negli 
animali d?allevamento per evitare infezioni che, data la vicinanza degli animali, si 
propagherebbero a tutto l?allevamento. In questo modo attraverso le escrezioni dei liquidi organici 
gli antibiotici vanno nel terreno giungendo in contatto con tutti i batteri presenti determinando 
resistenza.

Infine piccole concentrazioni di antibiotici rimangono nelle carni che noi mangiamo e anche le 
infinitesime concentrazioni presenti nell?intestino e circolanti nel sangue possono concorrere a 
creare resistenza nei batteri che popolano i nostri tessuti.
Per tutte queste ragioni l?allarme per la antibiotico-resistenza è perfettamente giustificato anche 
se un po? tardivo, ma si può e si deve intervenire senza perdere altro tempo. La ricerca pubblica, 
così trascurata e umiliata in Italia, deve sostenere gli studi di chi cerca di capire i meccanismi 
della resistenza.

È solo scoprendo come i germi cambino il loro metabolismo che si potranno scoprire antibiotici con 
nuovi meccanismi d?azione. Occorre incentivare le industrie a reinvestire in nuovi antibatterici 
facilitando la ricerca clinica. Nello stesso tempo è importante migliorare l?appropriatezza 
nell?uso degli antibiotici educando i medici e la popolazione ad un impiego più responsabile. 
Evitiamo che dopo oltre 70 anni dalla scoperta della penicillina l?umanità ritorni alle pestilenze 
che hanno caratterizzato ere di triste memoria.
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