bianchi
Ecco perché siamo diventati bianchi: tutto in 8mila anni d'evoluzione
Art. inviato in privato da Francesco Melis, 20\04\2015, h. 19.15.

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Lo rivela uno studio ottenuto comparando il genoma degli antichi europei con chi ha abitato il 
Vecchio continente in epoca recente. I responsabili dei vari cambiamenti, che riguardano la pelle, 
ma anche la dieta, sarebbero 5 geni sottoposti a una forte selezione naturale
di ROSITA RIJTANO

TUTT'ALTRO che bianchi, anzi: di pelle scura e intolleranti al latte. Eravamo così, in una parola: 
diversi. Poi, in un niente, quasi come dall'oggi al domani: siamo cambiati, trasformandoci in super 
velocità. Sono bastati, infatti, appena ottomila anni per renderci esattamente ciò che siamo. Una 
bazzecola rispetto ai tempi diluiti che di norma dettano i meccanismi dell'evoluzione. Ma il ritmo 
accelerato è stato impresso dalle migrazioni che si sono susseguite nel continente europeo, una 
dopo l'altra, e hanno mescolato i nostri cromosomi. Fino a regalarci i tratti tipici, dalle 
sfumature comuni, che ci caratterizzano ancora adesso. Perché la storia lo insegna: non siamo stati 
solo conquistadores, anche conquistati. E la scienza lo dimostra.

Il quadro lo delinea uno studio appena presentato all'84esimo congresso dell'American Association 
of Physical Anthropologists, e ripreso dalla rivista Science. Un lavoro confezionato mettendo a 
confronto il genoma di 83 dei nostri precursori con quello di chi ha occupato l'Europa in epoca 
recente. E che affonda le sue radici in diversi paper stilati in precedenza, dove sempre gli stessi 
ricercatori, dna alla mano, sono già arrivati a delle importanti conclusioni. Prima di tutto, a 
inizio 2015, il team ha dimostrato che i cittadini del Vecchio continente sono il frutto della 
miscela di tre popolazioni differenti. Una colonizzazione avvenuta in varie fasi consecutive. E poi 
che le lingue indoeuropee sono state probabilmente importate circa 4500 anni fa, dopo il 
trasferimento della tribù nomade degli Yamnaya dalle steppe al Mar Nero. Adesso il gruppo, che 
ingloba i genetisti Iain Mathieson e David Reich, si spinge persino oltre. Per individuare quali 
sono quei geni che, superando una forte selezione naturale, si sono diffusi con sorprendente 
rapidità. Tanto da marchiarci a vita. Sono cinque quelli finiti nel mirino, responsabili di alcune 
delle nostre caratteristiche fondamentali: la dieta, gli aspetti della corporatura e il colore 
della pelle. "Stiamo, ora, ottenendo un'immagine più dettagliata di come funziona la selezione 
naturale", commenta al magazine scientifico Georgy Perry, genetista antropologico, non coinvolto 
nelle analisi.
Spiega la giornalista Ann Gibbson: "Per iniziare, gli scienziati hanno confermato la tesi di un 
altro report, secondo cui 8mila anni fa cacciatori e coltivatori europei non riuscivano a digerire 
lo zucchero nel latte. Una particolarità: lo stesso valeva per i primi contadini. Il motivo: sia 
negli agricoltori che arrivarono dal vicino oriente 7800 anni fa, sia nei pastori Yamnaya giunti 
dalle steppe, era assente la versione del gene LCT che permette agli adulti di assimilare il 
lattosio. Sembra, allora, che la tolleranza all'alimento si sia diffusa nel continente non prima di 
4300 anni fa". Per quel che riguarda, invece, la statura c'è bisogno di fare una differenza. Nel 
nord e nel centro d'Europa, sono stati favoriti i geni che portano alla nascita di persone alte, 
soprattutto dopo la migrazione degli Yamnaya. Il contrario è avvenuto in Italia e, in particolare, 
in Spagna, dove 6mila anni fa gli abitanti sono diventati più piccini. Un modo, forse, per 
adattarsi alla dieta povera e a delle temperature più fredde.

Ma il capitolo più ghiotto della ricerca riguarda la nostra epidermide, come è cambiato il suo 
colore nei secoli. Una trasformazione che rivela una storia complessa. "Si presuppone che gli umani 
moderni, arrivati dall'Africa circa 40 mila anni fa, avessero la pelle scura, vantaggiosa alle 
latitudini soleggiate", racconta Gibbson. Una teoria confermata dai risultati sfornati in questi 
giorni: 8500 anni fa spagnoli, lussemburghesi e ungheresi erano tutt'altro che pallidi. Perché 
mancavano di due geni responsabili della depigmentazione e, quindi, della pelle bianca: il SLC24A5 
e il SLC45A2. La situazione cambiava salendo più su. Nel sito archeologico di Motala, in Svezia, 
gli scienziati hanno trovato sette persone dotate di entrambe le particelle cromosomiche. Non solo, 
ne avevano anche una terza -  l'HERC2/OCA - legata agli occhi blu. Conclusione: "gli antichi 
cacciatori e raccoglitori dell'Europa del nord erano già cerei e dalle pupille chiare, mentre 
quelli del centro e del sud avevano la pelle scura".

Come siamo arrivati, quindi, ad avere tutti la stessa carnagione? I responsabili sono i primi 
agricoltori arrivati dal vicino oriente, con un carico di geni dal color bianco. Uno dei due si è 
diffuso attraverso il Vecchio continente quando i neo colonizzatori si sono mixati con i vecchi 
indigeni, e così anche le popolazioni più meridionali hanno iniziato ad avere la pelle chiara. 
L'altra variante, il SLC45A2, si è fatta strada solo a partire da 5800 anni fa. Certo, lo studio ha 
una lacuna. Come annota sempre Gibbson, gli autori non spiegano per quale motivo quelle particelle 
cromosomiche sono state sottoposte a una forte selezione naturale. Una spiegazione possibile, 
almeno per quel che riguarda la pelle, la dà la (paleo)antropologa Nina Jablonski della 
Pennsylvania State University. Cioè massimizzare la sintesi della vitamina D, utile per assorbire 
calcio e fosforo. Conclude la giornalista: "Le persone che vivono alle latitudini settentrionali 
spesso non ricevono abbastanza raggi ultra violetti per sintezzarla. E la selezione potrebbe aver 
favorito due soluzioni genetiche per risolvere il problema: la diffusione della pelle bianca, che 
assorbe gli UV in modo più efficiente, o la tolleranza al lattosio capace di digerire gli zuccheri 
e la vitamina D naturalmente presenti nel latte". "Quella che abbiamo pensato fosse una semplice 
fotografia della depigmentazione in Europa, si è rivelato essere un emozionante mosaico della 
selezione", dice Jablonski. "Questi dati sono divertenti perché dimostrano quanto l'evoluzione sia 
stata recente". 
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