robot Robot ed evoluzione dell'intelligenza artificiale. Giancarlo Alunno su nicofranca, 17\07\2015, h. 09.50. incollo di seguito un articolo, che mi sembra molto interessante. GUIDERANNO le nostre automobili e i nostri aerei, ci assisteranno quando saremo malati, e forse arriveranno persino a scrivere i nostri giornali. Intanto, i computer già ci battono a scacchi e in borsa. E un futuro di convivenza stretta tra noi e loro potrebbe essere molto più vicino di quello che sembra. All'interazione prossima ventura tra uomini e intelligenze artificiali è dedicato un corposo speciale dell'ultimo numero della rivista Science, uscita ieri in tutto il mondo con l'ambizione di articolare un dibattito sempre più necessario: da una parte i progressi a cui nessuno vuole rinunciare, dall'altra i rischi su cui è arrivato il momento di confrontarci. L'intelligenza artificiale è un progetto di ricerca che (in termini moderni) ha più o meno sessant'anni. L'idea è quella di costruire macchine capaci di ragionare come esseri umani. Quindi non solo di eseguire compiti standardizzati in risposta a stimoli precisi, ma anche di imparare, di correggersi, e di interagire con altri sistemi intelligenti. Cioè con altre macchine o uomini in carne e ossa. Di sistemi intelligenti in questo senso, molto sta arrivando ma qualcosa è già qua. Come i primi psicoterapeuti virtuali, addirittura migliori, a volte, di quelli in camice bianco. Uno lo ha inventato Fjola Helgadottir, una ricercatrice di psicologia clinica di Oxford che al giornalista scientifico John Bohannon l'ha spiegata così: In certe circostanze la terapia computerizzata ha più successo senza intervento umano. Cioè: in molti casi le persone non sono del tutto adatte a fare i terapeuti . Mentre un computer può essere più distaccato e oggettivo. Ma a chi interessa uno psicoterapeuta virtuale? Per esempio all'esercito americano, che ha finanziato lo sviluppo di un altro sistema, chiamato Ellie e realizzato all'Università della Southern California, che usa l'intelligenza artificiale e la realtà virtuale per diagnosticare e trattare i traumi psicologici dei veterani di guerra. Ellie non si limita a fare domande al paziente, ma ne studia anche le espressioni facciali, la postura, i movimenti delle mani e la dinamica della voce: cioè impara a conoscerlo davvero, grazie ad algoritmi instancabili e precisi, più di un cervello umano. è una macchina che impara a conoscere un uomo, e dopo averne conosciuti tanti potrà leggere l'Uomo in generale, e capirlo meglio di come lui stesso sappia fare. Science non nasconde che scenari come questo possano renderci sospettosi, e persino spaventarci. Del resto, solo pochi mesi fa, anche due che non possono essere accusati di tecnofobia come Elon Musk (quello di Paypal, Tesla Motor, Space X e così via) e Stephen Hawking ( che alla tecnologia deve la propria voce e la propria sopravvivenza) avevano lanciato l'allarme sulla necessità di non renderle troppo intelligenti, queste macchine. I trionfi nel campo dell'intelligenza artificiale - si legge nell'introduzione al numero speciale - sollevano domande che fino a poco tempo fa sembravano più da fantascienza che da scienza: chi ci assicura che la crescita delle macchine sarà interamente sotto il nostro controllo? E come sarà un mondo in cui computer intelligenti coabiteranno con l'umanità? . Si tratterà di capire in fretta come gestire le macchine che analizzano i nostri dati personali, per esempio, e che miglioreranno il controllo della nostra salute e della nostra sicurezza, a discapito della nostra privacy. Si tratterà anche di costruire un mondo in cui psicoterapeuti, tassisti, infermieri, giornalisti e così via non saranno più necessari. Si tratterà di decidere se è "etico" usare l'intelligenza artificiale per fare la guerra, o se proprio quello dello scontro tra uomo e macchina dovrà essere un limite invalicabile nella nostra convivenza. Di certo, c'è che da studiare c'è ancora molto. E capire come costruire macchine intelligenti significa anche capire che cos'è che rende "intelligenti" noi. Come impariamo a imparare, per esempio, o a capire le sottili differenze del linguaggio. Che cosa ci rende umani, insomma. La sfida è delicata, ma è anche entusiasmante. Fonte: il giornale "La Repubblica" del 17 luglio 2015.Torna all'indice