aipoly
L'italiano di 22 anni inventore della "app" che legge le immagini
Il Corriere della Sera del 13-09-2015

Alberto Rizzoli e l?«occhio artificiale» sul telefonino. «Già testato da 88 non vedenti, sono 
entusiasti».

NEW YORK. « Stai guardando un cheeseburger su un piatto», dice la voce dal telefonino. La donna 
resta senza parole, attonita, prima che l?emozione la faccia esplodere in un incontenibile «Oh, mio 
Dio». Ha appena provato un?applicazione in grado, se non proprio di ridarle la vista, almeno di far 
lavorare la sua sconfinata e allenatissima immaginazione fornendogli un?idea piuttosto precisa di 
ciò che ha di fronte. «Aipoly», l?ultima evoluzione di quella che viene definita la «visione 
artificiale», a novembre sarà disponibile in Applestore. Da ottobre sarà possibile usare la 
versione beta, quella di prova, iscrivendosi già da ora al sito aipoly.com. Come funziona? Si fa 
una foto e al massimo in una ventina di secondi il cellulare descrive l?immagine. Semplice? Solo in 
apparenza. Dopo il clic il programma trasmette via Internet la fotografia a un server, che 
confronta con altri milioni di immagini di tutti i tipi relative a oltre 300 mila oggetti diversi 
e, quando trova quella che le corrisponde, manda la risposta.

I due ideatori.
L?idea è venuta a due giovanissimi startupper, l?australiana 26enne Marita Cheng, premiata come 
giovane dell?anno 2012 nel suo Paese, e il 22enne italiano Alberto Rizzoli. Figlio dell?ex editore 
del Corriere della Sera Angelo, morto nel 2013, e di Melania De Nichilo Rizzoli, ex deputato di 
Forza Italia, ora responsabile sanità del partito, Alberto si è laureato in gestione aziendale a 
Londra prima di approdare a Mountain View (California) grazie a un finanziamento da 30 mila euro 
dato da Google per sviluppare Aipoly nella Singularity University. È un istituto sponsorizzato dal 
gigante di Internet che seleziona giovani imprenditori da tutto il mondo con l?obiettivo ambizioso 
di assisterli in progetti che potrebbero migliorare la vita di un miliardo di persone entro dieci 
anni. Singularity è stata fondata nel 2008 da Raymond Kurzweil, 67 anni, pioniere nel 
riconoscimento ottico dei caratteri e nelle tecnologie per ipovedenti.

Dal problema alla soluzione.
Come è nato Aipoly? «Eravamo a Google e un ingegnere ci parlava dei problemi legati alla capacità 
di vedere di auto e robot e dei problemi che hanno nel riconoscere il mondo fisico», racconta 
Rizzoli. Uno dei limiti di queste macchine, infatti, è che di fronte a un bambino e a un cono 
stradale che non possono evitare, non sanno ancora distinguere quale dei due è meglio investire. 
«Poi abbiamo assistito alla dimostrazione di un sistema in grado di fare una narrazione semantica, 
cioè di contestualizzare autonomamente frasi e parole. Abbiamo pensato a come applicare le due 
cose», aggiunge. Aipoly analizza, riconosce e descrive le figure e la loro posizione, colori, ruolo 
e azioni, ad esempio se una persona sta correndo o sorridendo. In pochi secondi, chi non vede può, 
ad esempio, sapere quello che stanno indossando i suoi figli, riconoscere cartelli stradali, 
oggetti fuori portata, il prezzo di un vestito. Tutto senza l?assistenza di altre persone».

Le applicazioni per i non vedenti.
Steve Mahan, che presiede il centro per non vedenti di Santa Clara (California), il primo a testare 
le auto di Google che si guidano da sole, di Aipoly apprezza «l?aiuto che dà a costruire 
un?immagine mentale, perché solo alcuni ciechi sono capaci di formulare tali immagini». Per 
migliorare le prestazioni dell?applicazione è necessario aggiungere sempre più immagini al 
database, cosa demandata a un gruppo di programmatori. «Abbiamo fatto provare l?applicazione a 88 
non vedenti e ne sono stati entusiasti. Ci sono 285 milioni di persone nel mondo come loro ed entro 
il 2020 uno su tre utilizzerà uno smartphone», considera Rizzoli, l?imprenditore .

di Giuseppe Guastella
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