Non
vedente?
Niente cinema
di
Alberto Borghi
Quando leggi in contrasto penalizzano i cittadini.
Qualche
mese fa ha destato stupore la notizia di cronaca locale bolognese secondo la
quale ad un non vedente non era stato consentito l’accesso al cinema in
compagnia del proprio cane guida, ponendolo di fronte alla scelta: dentro al
cinema senza cane o fuori dal cinema con Fido?
Il battagliero cinofilo cinefilo non vedente ha sollecitato l’intervento
delle forze dell’ordine, le quali avrebbero confermato l’invito
del gestore del locale a parcheggiare fuori il cane. Motivo: la presenza dell’animale
in sala avrebbe posto in serio pericolo gli altri spettatori in caso di emergenza.
Solleticata la nostra curiosità, vediamo un po’ cosa dice il legislatore.
La legge fondamentale in materia è la n. 37 del 14 febbraio 1974, così
come modificata dalla legge n. 376 del 1988. L’articolo unico che la compone
recita: “Il privo di vista ha diritto di farsi accompagnare dal proprio
cane guida nei suoi viaggi su ogni mezzo di trasporto
pubblico senza dover pagare per l’animale alcun biglietto o sovrattassa.
Al privo della vista è riconosciuto altresì il diritto di accedere
agli esercizi aperti al pubblico con il proprio cane guida. Ogni altra disposizione
in contrasto o in difformità con la presente legge viene abrogata.”
Il dettato della norma appare chiaro ed incontrovertibile, ma proprio per questo
nasce in ogni cittadino il sospetto che ve ne sia un’altra che possa risultare
in contrasto. Nel caso di specie, infatti, occorre valutare quale interesse,
tra quello dell’individuo non vedente ad essere accompagnato dal proprio
cane guida e quello della collettività a poter utilizzare le uscite di
sicurezza senza alcun intralcio, debba essere tutelato.
È evidente che la tutela della sicurezza del pubblico sia da far prevalere
nei confronti del singolo utente non vedente. Ciò in linea di principio.
Occorre, infatti, considerare anche il contesto di fatto nel quale si interviene,
applicando un’interpretazione invece che l’altra.
Il contesto di cui alla premessa ha, quale protagonista, un singolo utente non
vedente che gode del diritto di poter accedere in ogni esercizio aperto al pubblico
(quale è, ovviamente, un cinema) con il proprio cane guida. L’animale
deve quindi trovare sistemazione idonea, che non rechi intralcio al pubblico,
e neppure generi disturbo alla fruizione dello spettacolo cui si assiste.
Se queste sono le premesse da rispettare, resta da comprendere quale potesse
essere la ragione che ha spinto il gestore del cinema a non consentire l’accesso
dello spettatore con handicap visivo in sala. Come sia possibile, infatti, che
un singolo cane possa creare intralcio agli altri spettatori non è dato
capire, considerando la presenza di diverse vie d’uscita e la possibilità
di far accomodare il cane (anche se di taglia medio – grande) in posizione
idonea a garantire un margine di operatività.
Il rischio, davvero concreto se si supporta alla lettera detta interpretazione
delle leggi vigenti in contrasto teorico tra loro è di rendere operativa
la seguente equazione: non vedente – niente cinema. Anche perché
se il non vedente ha il diritto di poter fruire dell’assistenza specializzata
del proprio cane guida, allo stesso modo anche la sua stessa sicurezza è
garantita (e conseguentemente anche quella altrui), poiché il cane sarebbe
immediatamente in grado di far guadagnare l’uscita al proprio padrone.
La domanda, quindi, sorge spontanea: chi penserà al non vedente qualora
scattasse l’evacuazione del locale pubblico in caso di emergenza, dato
che Fido attende fuori il proprio padrone con ansia?