Al Lido! Al Lido!
di Paola Rubbi
Sulle tracce di un glorioso passato.
Un’uscita dell’A1:
se vieni da Sud, la prima in pianura, dopo gli Appennini; l’ultima padana
prima dei monti, se arrivi da nord. C’è qualche specifico motivo
d’interesse perché un automobilista voglia uscire dall’Autosole
proprio qui, a Casalecchio? La risposta più possibilista e benevola
è: Non saprei… Ma non è quella giusta perché Casalecchio
di Reno, hinterland bolognese ormai parte integrante della città metropolitana,
è un centro vivacissimo, dall’antica storia, che conserva testimonianze
di un passato non solo illustre, ma anche operoso e godereccio.
Se il nome gli deriva dal toponimo che gli diedero i Romani
(Casaliculum, cioè piccolo centro), è da ancor molto prima che
questo luogo fu scelto dall’uomo per insediarvisi: il primo nucleo stabile,
vicino al guado sul fiume Reno, in località Tripoli, risale all’epoca
Villanoviana, vale a dire al VII secolo A. C.
Vi hanno abitato gli Etruschi e i Galli e il Medioevo vi vide sorgere l’importante
monastero di S. Maria di Reno, i cui canonici avevano in feudo l’antichissimo
ponte sul fiume e per consentirvi il transito esigevano il pedaggio. La storia
di questa struttura, costruita in epoca remota, è intessuta di distruzioni
ad ogni guerra che passava di qui (e ve ne furono tante) e di ricostruzioni,
fino al crollo in seguito ai terribili bombardamenti del 1944 e alla riedificazione
nel 1947.
Sorte migliore è toccata, invece, alla celeberrima Chiusa di Casalecchio,
costruita in legno (forse dai Canonici di S. Maria di Reno) dieci secoli fa,
con raffinati criteri tecnici, per deviare l’acqua del Reno in un canale
artificiale destinato ad alimentare l’industria (seterie, mulini, segherie…),
la navigazione e l’irrigazione per la città di Bologna.
La seconda Chiusa, in muratura, è del 1191 e ne restano poderosi ruderi;
la Chiusa attuale è del 1360, e lo specchio d’acqua sotto la
stessa viene chiamato il Pelago.
Dall’800 in poi, però, quella che venne valorizzata maggiormente
fu la vocazione di Casalecchio come luogo di villeggiatura e di divertimento:
vi sorsero deliziose villette liberty, ed anche se le rive del fiume restarono
nature per lungo tempo, l’avvento (il 5 giugno 1883: incasso dai biglietti
del costo di 25 centesimi l’uno, nella giornata inaugurale: 425 lire
e 15 centesimi!) della tramvia a vapore che collegava Bologna a Casalecchio,
successivamente affiancata da un tram elettrico, favorì l’afflusso
massiccio di vacanzieri, anche pendolari alla giornata. Al Reno si andava
per pescare, per cacciare, per fare il bagno d’estate e pattinare d’inverno.
Nel 1933, ricordano gli storici casalecchiesi, il Comune decise di razionalizzare
l’afflusso dei bagnanti e costruì, a monte della Chiusa, un Lido,
con tanto di spiaggia, e ne affidò la gestione alla locale Associazione
dei Mutilati di guerra. Per accedervi si pagava un regolare biglietto, che
dava diritto alle rustiche comodità dello stabilimento balneare: un
deposito custodito per le biciclette, una doppia fila di capanni, qualche
tenda, qualche raro ombrellone… C’era anche un simpatico ristorantino,
gestito dalla famiglia Sandri. Fu un grande successo, una vera chiccheria!
I bagnanti arrivavano da Bologna e da tutti i paesi vicini. Nei periodi di
massimo splendore si contarono di domenica, fino a 20.000 visitatori paganti.
Nel secondo dopoguerra fu noto, frequentato e amato dai giovani e non più
giovani di ogni classe sociale, usciti dal conflitto con pochissimi soldi
e tantissima voglia di vivere e divertirsi. Poi venne il boom: la Riviera
divenne sempre più accessibile, sia dal punto di vista dei trasporti
che da quello economico, cosicché, verso il 1960 il Lido decadde, i
suoi frequentatori diminuirono progressivamente, finché una piena lo
spazzò via il 4 novembre 1966.
Casalecchio, con la sua plurimillenaria storia, le sue vestigia, l’amenità
del suo paesaggio e la modernità del suo tessuto urbano ha diritto,
dunque, ad essere considerato non soltanto un’uscita dell’Autosole!