Dillo con gli occhi

di Silvia Colombini

Nello sguardo di chi legge: protagonisti non vedenti al centro
della letteratura mondiale.


Momento di intimità e insieme di scoperta, immersione nei nostri mondi segreti, la lettura è una porta magica che ci conduce in epoche diverse o paesi sconosciuti facendoci incontrare personaggi che spesso diventano i nostri compagni più cari, per lo meno per tutta la durata della storia che ci viene raccontata. Tra i diversi archetipi che la letteratura di ogni tempo ci ha proposto, tra cavalieri come Lancillotto, donne perdute come Anna Karenina o casalinghe depresse come Emma Bovary, depravati come Raskol’nikov o avari come Scrooge, c’è anche il personaggio del cieco. A volte utilizzato come metafora di situazioni spesso opposte, dall’oppressione alla preveggenza, il personaggio di chi non vede ha stimolato l’immaginazione di tanti scrittori, è stato al centro dei romanzi che hanno reso grande la letteratura. Primo fra tutti forse quello che, dopo la Bibbia, rappresenta la storia di tutte le storie: l’Odissea. “La Musa lo amò molto, ma un bene e un male gli diede: degli occhi lo fece privo e gli donò il dolce canto.” (Odissea VIII, 63-65). È Omero a presentarci così Demodoco, cantore alla corte di Alcinooo, re dei Feaci, capace con la potenza espressiva della sua opera di commuovere Ulisse ancora in incognito di fronte alla corte. Nel libro X e nel libro XI dell’Odissea invece appare la figura mitologica dell’indovino Tiresia, che Ulisse incontrerà nel regno dei morti per sapere del suo destino. Due figure quindi con al centro doti particolari, l’arte oratoria e quella divinatoria, che nel susseguirsi di emozioni e avventure di Ulisse, avranno un ruolo fondamentale. Dai tempi dell’antica Grecia a quelli odierni, con un viaggio nel tempo che la fantasia e la scrittura ci consentono, ecco il premio nobel portoghese Josè Saramago e il suo Cecità (nella versione originale intitolato Ensaio sobre a cegueira, Saggio sulla cecità). Pubblicato nel 1995, è una metafora su come la società moderna, perdendo il senso di vicinanza tra gli individui, sia diventata cieca ai loro reali bisogni, quelli più profondi, e così anche le persone, colpite da una misteriosa epidemia, non vedono più nulla di ciò che li circonda dentro e fuori. Sarà l’unico personaggio positivo rimasto con la vista, la moglie del medico, a salvare l’umanità e a dire. “Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che vedono. Ciechi che, pur vedendo, non

vedono.” Romanzo corale senza eroi (tutti i personaggi non hanno nome, ma sono definiti dalle loro tipologie), Cecità ha però proprio al centro del racconto il non vedere, caratteristica che diventa la vera protagonista del libro. Nel 1904 anche H-C. Wells ne Il paese dei ciechi (The Country of the Blind) ci porta in un villaggio nelle Ande popolato da inquietanti non vedenti. Il viandante che racconta loro di come appare il mondo viene preso per matto, fatto prigioniero, quasi reso cieco per guarirlo dalla sua inspiegabile ossessione per la vista, finché non sarà costretto a fuggire per salvarsi. Anche qui un mondo inquietante, dove i ciechi sono presenze sinistre, dotate a volte di poteri superiori, protagonisti necessari per lo scrittore che vuole mostrare come il confine tra normalità e anormalità dipenda, guarda caso, dai punti di vista. Dove tutti sono ciechi, il disabile è colui che vede. Forse anche questo è il pensiero che anima il diabolico padre Jorge da Burgos de Il nome della rosa, cieco come quel Jorge Borges che l’autore Umberto Eco sembra suggerirci nel suono del nome del suo personaggio. Ideatore degli efferati delitti del monastero, il monaco vuole salvare l’umanità dalle conseguenze eversive della comicità, per lasciarla quindi nelle tenebre dell’ignoranza. Le stesse tenebre che avvolgono la povera Beatrice, la protagonista de La cieca di Sorrento, drammatico romanzo del 1852 di Francesco Mastriani. Diventata cieca dopo aver assistito all’omicidio della madre, Beatrice riacquisterà miracolosamente la vista per merito dell’amore. Romantico, struggente e lacrimevole, il romanzo oggi dimenticato ebbe un successo strepitoso, ne furono tratte ben tre edizioni cinematografiche, e la sua protagonista si è trasformata in un modo di dire utilizzato ancora oggi. E così i personaggi ciechi si susseguono nell’immaginario degli artisti, fino al noir di Carlo Lucarelli, Almost Blue, che nel 1997 ha messo Simone, giovane non vedente, al centro di un thriller ad alta tensione. Tra detective e fanciulle addolorate, indovini e malati, i ciechi popolano le pagine della letteratura, e non solo nei panni di personaggi immaginari, ma anche come autori e narratori di storie. «Fanciulle, qual valente cantore tra voi s’aggira, più soave tra tutti, e che più gaie vi rende?” “È un cieco, e dimora nella pietrosa Chio.” (Omero, Inno ad Apollo). Ma questa è un’altra storia.

Foto - Busto in marmo di Omero

Immagine - Copertina del Saggio sulla cecità di José Saramago

Immagine - Copertina del libro “La cieca di Sorrento”

Copertina del libro di H. G. Wells "The country of the blind and other stories"