Cavalieri speciali
per cavalli selvaggi

di Marco Roccetti e Gustavo Marfia

Quando l’incontro tra mondo naturale o animale e tecnologia può portare benefici per l’uomo.


Premessa
In un recente libro di genere fantasy-poliziesco, edito da Einaudi, e titolato “Nane Oca rivelato”, l’autore Giuliano Scabia fa chiedere dal protagonista ad Omero in che cosa consista la poesia. La risposta suona: “È quando le parole diventano cavalli”. Ci sentiamo liberi di sperare che Scabia intenda che il fiume di parole e i concetti che quotidianamente produciamo (e che poi le moderne tecnologie della comunicazione e dell’informazione amplificano e ritrasmettano lontani) sono tanto più poetici, ed in questo assumono anche un senso di ristoro e conforto per i corpi e le anime di coloro che li ascoltano, quanto più sono capaci di evocare la forza di un cavallo o l’agilità di un cane, il fresco dell’ombra di un albero o il profumo delle onde del mare. Ci piace farci convincere da Scabia che la realtà dunque nasconda sommersa, sempre, una essenza favolosa in cui una parola galoppa come un cavallo ed i cavalli ci parlano accoratamente. Ora, una delle questioni aperte dell’attuale società ipertecnologizzata è se le moderne tecnologie non contribuiscano, alla fine, a scavare un solco tra la realtà così come è percepita dai sensi e le trame favolose che sono celate dietro di essa. Se parlo al cellulare con la mia amata, sicuramente riesco a mantenermi in contatto con lei anche quando sono lontano, ma forse perdo la possibilità di avventurarmi nel giardino di fragole delle sue labbra. E la domanda che ne viene dunque è: le moderne tecnologie, progettate per rendere il mondo che si vede più gestibile, efficiente ed efficace, non è che invece ci allontanano dalla sua parte nascosta e avventurosa, ma non meno reale?
Abbiamo scritto la breve nota che segue per raccontare ai lettori di questa rivista di un esempio a favore del fatto che non tutto quello che è tecnologico cristallizza la realtà solo in ciò che si vede, si sente o si tocca, ma esistono tecnologie che riportano in superficie quelle trame favolose di cui essa è composta. L’abbiamo scritta proprio per questa rivista, perché sappiamo che chi la legge è abituato a vedere oltre, a sentire nel silenzio, a muoversi nell’immobilità. Speriamo di essere convincenti, speriamo di essere utili.

Antefatto
Siccome siamo partiti parlando di cavalli a questi vogliamo ritornare, per dimostrare che quanto c’è di più selvaggio e libero nel mondo animale spesso ci parla, e che esistono tecnologie che possono aiutare questo dialogo, questo scambio. Che gli animali domestici abbiano ricoperto nel corso dei secoli, e continuino a ricoprire, un ruolo importante nella vita di molte persone è fatto risaputo. Oltre ai tipici compiti di guardia e di compagnia, studi di carattere psicologico hanno recentemente evidenziato come l’interazione con gli animali possa però anche facilitare il miglioramento delle abilità sociali di una persona.
Studi di carattere medico, inoltre, hanno mostrato come il rapporto con essi possa addirittura influenzare positivamente diversi valori fisiologici, quali ad esempio la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca.
Ad esempio, che l’impiego della specie equina potesse avere effetto nel trattamento terapeutico di patologie umane risultò clamorosamente evidente alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, quando la danese Lis Hartel, paralizzata alle gambe in seguito a poliomelite, vinse una medaglia d’argento nella categoria del dressage. Quella esperienza ispirò medici e terapeuti che intravidero le potenzialità dell’utilizzo dei cavalli nel recupero motorio e psicologico di persone svantaggiate. Oggi, solo negli Stati Uniti d’America, la North American Riding for Handicapped Association conta circa 30.000 special riders (cavalieri speciali) che si giovano del rapporto con il mondo equino. Le potenzialità dell’incontro di cavalli e cavalieri speciali sono da tempo valorizzate anche in Italia, dove da anni questo tema è al centro delle attenzioni di diverse associazioni benefiche, pubbliche e private. In particolare, coloro che scrivono sono rimasti impressionati

dall’attività di una apposita unità del Reggimento di Cavalleria dei Lancieri di Montebello, comandati dal Col. Gianfranco Fedele, che oramai da molti anni mette a disposizione cavalli e istruttori a diverse categorie di cavalieri speciali. Recenti risultati ottenuti dai Lancieri, e facilmente riscontrabili, sono quelli di una ragazza autistica che ha imparato a comunicare e si è iscritta all’Università, e di un allievo che è entrato nel gruppo sportivo per disabili del Reggimento ed ha vinto i campionati italiani.

Fatto
Se dunque il tema ora è quello di cavalli selvaggi per cavalieri speciali, la domanda che i tecnologi si pongono è che cosa sia possibile realizzare di utile per migliorare questo rapporto. Mentre è vero che da tempo la sensoristica hardware fa parte integrante delle apparecchiature usate a scopo terapeutico nelle diverse fasi di identificazione, monitoraggio e riabilitazione per patologie sia psicologiche che motorie all’interno di un ospedale, la più recente evoluzione degli algoritmi software e degli apparati tecnologici wireless che li implementano può rendere possibile oggi anche l’identificazione e la quantificazione in tempo reale, e fuori dalla struttura sanitaria, di uno stato o di una condizione anomala, atti a segnalare la probabile insorgenza in un futuro immediato di una situazione pericolosa per la salute della persona. L’idea dunque è che la possibilità di intravedere in anticipo possibili problemi e segnalarli a distanza e in tempo reale possa apportare dei miglioramenti significativi a trattamenti complessi, quali ad esempio l’ippoterapia, durante la quale tutte le tipiche operazioni di monitoraggio, misurazione e controllo avvengono in contesti geograficamente complicati, e comunque al di fuori delle mura di una struttura sanitaria.
A tale proposito, il Dipartimento di Scienze dell’Informazione dell’Università di Bologna sta iniziando una collaborazione con il Reggimento dei Lancieri di Montebello, basato sull’idea di migliorare l’applicazione della pratica ippoterapica intercettando dati posturali e di equilibrio della cavalcata e dati relative alle condizioni psicofisiche (e.g., lo stress), al fine di permettere un intervento correttivo o di soccorso, quando questo sia necessario. In parole semplici, si ambisce ad ottenere un processo di ottimizzazione ippoterapeutica, capace di sfruttare al meglio modelli matematico-posturali con relativi algoritmi e sensoristica wireless allo scopo di cogliere, e ritrasmettere a distanza, i primi segnali che rivelino possibili condizioni di disagio del cavaliere. Quanto detto finora richiede l’implementazione di tecniche che permettano di correlare una grande quantità di informazioni lette dai sensori quali, ad esempio, lo stato di ansia o di stress, e la postura eventualmente anomala del cavaliere. Come possa essere implementato il sistema, è a grandi linee esemplificato in Figura 1. Uno o più sensori possono essere installati sulla tuta del cavaliere e/o sul cavallo allo scopo di trasmettere in modalità senza filo informazioni ad un centro di controllo medico.

L’addetto al centro di controllo medico (il quale potrebbe non risiedere vicino al campo di allenamento, ma presso una struttura sanitaria qualificata) potrebbe a sua volta allertare un istruttore sul campo per eseguire un qualche intervento correttivo. Solo a fini esemplificativi, si segnala che la pressione sanguigna, il cui livello è notoriamente influenzato da un persistente stato di ansia, potrebbe essere considerato un indicatore di interesse, ma è chiaro che i parametri di interesse e i metodi di rilevazione dovrebbero essere rigidamente scelti in funzione del tipo di cavaliere e della sua patologia, in accordo con il team medico. Genericamente parlando, si potrebbe comunque immaginare di integrare nel sistema l’utilizzo di sensori quali il cardiofrequenzimetro, il misuratore di pressione sanguigna, il misuratore dell’attività elettrica nel cervello, et coetera. Per la registrazione dei dati necessari al sistema a calcolare l’eventuale anomalia di postura del cavaliere, si potrebbe pensare di utilizzare accelerometri (ovvero misuratori di accelerazione) posti nelle posizione adeguate.
In conclusione, noi affermiamo che l’incontro tra mondo naturale (o animale) e tecnologia può portare a benefici per l’uomo. Il contatto con un animale, il cavallo, che è notoriamente simbolo di libertà e spazi selvaggi, richiede però l’utilizzo di tecnologie che permettano di non limitare questa libertà, né di violare quegli spazi, superando ove possibile il vincolo ad essere confinati in ambiti clinici, anche quando si sia sottoposti a procedure terapeutiche di una qualche complessità. Dopo quanto vi abbiamo raccontato, poniamo a voi lettori una domanda: siete ancora disposti a credere che tutte le moderne tecnologie, con l’obbiettivo di risolvere problemi di efficienza, sono in verità sempre degli strumenti che ci allontanano dalle trame favolose della realtà che ci circonda? Se risponderete sì, allora delle due l’una: o noi non siano stati capaci di fare galoppare le nostre parole veloci come cavalli o proprio siete voi che non siete capaci di vedere oltre!

Marco Roccetti è professore ordinario di Informatica presso il Dipartimento di Scienze dell’Informazione dell’Università di Bologna da dieci anni,

Gustavo Marfia dopo un recente dottorato presso l’Università della California a Los Angeles, collabora con il Dipartimento di Scienze dell’Informazione dell’Università di Bologna.

Foto - Prof. Marco Roccetti

Foto - Gustavo Marfia, ricercatore

Foto - Cavalli e cavalieri alle prese con l’equitazione e la tecnologia

Immagine - Figura : ottimizzazione ippoterapica