Dancing in the dark

di Silvia Colombini

Lo spettacolo del buio.


Se “l’amore è cieco, e il buio gli si addice”, come dice Shakespeare e con lui Giulietta e Romeo, è anche vero che il buio della scena teatrale si addice a chi non vede. Sarà la capacità di muoversi con grazia nell’oscurità ostile per i vedenti, ma ormai da tempo si è alzato il sipario su spettacoli di teatro e di danza interpretati e messi in scena da compagnie composte quasi totalmente da ciechi.

Foto - Viriglio Sieni - coreografo

Foto - Performance Ecoute Moi del progetto Damasco Corner

Logo - teatro New York

Tra le prime è stata Alicia Alonso, ballerina cubana diventata parzialmente priva della vista a ventanni, che ha iniziato negli anni ’30 con il celebre George Balanchine fino a diventare una vera étoile del balletto internazionale e fondare la compagnia di Balletto Nazionale di Cuba. Sul fronte teatro invece da decenni è attiva a New York la compagnia Theater Breaking Through Barriers, impegnata a realizzare spettacoli con attori ipovedenti e non vedenti. Dalle scenografie ideate per dare modo agli attori ciechi di percepire lo spazio del palco, ai copioni in braille, ogni dettaglio fa sì che il pubblico accorra numeroso ad assistere a spettacoli che, se inizialmente erano finalizzati a sensibilizzare sulle tematiche dell’handicap, oggi rappresentano un vero e proprio intrattenimento di grande livello culturale. Affollato di vedenti e non vedenti, il teatro offre così la possbilità di vivere un’esperienza emotiva ed estetica coinvolgente, capace di colmare il divario che spesso si crea tra chi vede e chi non vede. Che sia vissuto nel ruolo di pubblico o interpretato in quello da protagonisti, lo spettacolo dal vivo offre comunque la possibilità concreta di superare barriere fisiche e mentali attraverso un momento

creativo capace di liberare le potenzialità espressive che ognuno di noi tiene addormentate in sé. Un fenomeno che si verifica nel balletto messo in scena a Firenze da Virgilio Sieni, coreografo e danzatore nella sua “Commedia del corpo e della luce”; interrogazioni alle Vertebre lavora con Giuseppe Comuniello, un giovane non vedente alla sua prima esperienza teatrale, rivelandone la fisicità e la grande potenzialità di padronanza del corpo e dello spazio. Sieni è promotore di una danza che diventa condivisione esperienziale su più livelli. Infatti organizza performance durante le quali danzatori professionisti raccontano con movimenti e parole ad un pubblico non vedente lo spettacolo, mentre il pubblico vedente assiste sia alla danza che alla sua trasmissione fisica ad una parte di pubblico, dando allo spettacolo una particolare dimensione partecipativa. Questa sua ricerca continua, ancora oggi, con laboratori e ricerche fondate sulla percezione del corpo e la natura del gesto tra vedenti e non vedenti e hanno dato via al Damasco Corner, gruppo di ricerca coreografica composto da ragazzi e ragazze non vedenti guidati da Dorina Meta e Giuseppe Comuniello. Come spesso accade, l’arte diventa così una modalità conoscitiva attraverso la quale la diversità raccontata in uno spettacolo e percepita a livello emotivo raggiunge i livelli più profondi della nostra sensibilità e della nostra coscienza. Teatro e danza diventano quindi non solo una terapia per i non vedenti che la praticano, ma anche un momento di avvicinamento tra realtà diverse, come è successo proprio all’Istituto Cavazza di Bologna che ha organizzato nell’inverno passato un corso di tango. Danza sensuale per eccellenza, in cui la coppia di ballerini si muove in perfetta sintonia, a volte anche ad occhi chiusi per meglio sentire l’energia che passa da un corpo all’altro, è stata al centro del primo corso nazionale di tango argentino per ciechi e ipovedenti organizzato dalle tanguere Bruna Zarini e Gaby Mann con la collaborazione dell’Unione Italiana Ciechi di Bologna. Accompagnati dalla struggenza del bandoneon di Massimo Tagliata, musicista jazz ex

Foto - Alicia Alonso nel 1940

allievo dell’Istituto, insieme al maestro Michele Mollica.
I partecipanti al corso hanno provato l’emozione di abbandonarsi alla magia ed al ritmo del ballo argentino ritrovandosi, grazie alla potenza evocativa della danza, dalle sale dell’Istituto alle atmosfere sensuali e fumose dei locali di Buenos Aires. È questa la forza che, attraverso l’arte, ci permette davvero di vedere e di andare oltre. È la potenza espressiva di un libro, un film, una canzone che ci apre il sipario sulle zone più segrete del nostro animo, permettendoci di esplorare luoghi oscuri e paesi lontani e di danzare sul palcoscenico delle nostre esistenze seguendo davvero il ritmo che più ci si addice. Come sempre, ha ragione Shakespeare a dirci in Sogno di una notte di mezza estate che “l’amore non guarda con gli occhi ma con la mente e perciò l’alato Cupido viene dipinto cieco”. È così, è con gli occhi del cuore che comprendiamo e parliamo la lingua universale dell’arte, quella delle emozioni. In questo modo, abbandonandoci all’andatura e al passo del tempo, possiamo fare davvero, come dice il Vangelo, della nostra vita una danza e seguire così Madeleine Delbrêl, poeta, assistente sociale e mistica, una delle grandi figure spirituali del XX secolo, che diceva a Dio “Lascia che noi inventiamo qualcosa per essere gente allegra che danza la propria vita con Te”. 

Foto - Bruna Zarini e Michele Mollica, maestri di tango all’Istituto Cavazza