Varcare i confini oramai teorici dell'Unione Europea per ampliare la propria percezione di realtà diverse, anche con chi condivide una limitazione fisica che rende la realtà circostante di per sé più difficile da decifrare.
Questo è, sommariamente, il significato dell'esperienza maturata dai 17 ragazzi, tra gli iscritti al corso di centralinista tenuto all'Istituto Cavazza, che si sono recati a Parigi dal 23 settembre all'1 ottobre scorso, ospiti dell'Institut National des Jeunes Aveugles (noto anche con l'acronimo INJA), i cui studenti, a loro volta, avevano soggiornato al Cavazza nella precedente primavera.
Abbiamo incontrato Vania, Giuseppina, Ivan e Roberto per comprendere cosa li abbia colpiti di più della settimana parigina ed il quadro che è stato tratteggiato è di parziale diffidenza per l'approccio pedagogico utilizzato dalla gloriosa istituzione parigina, fondata nel 1784 da Valentin Hauy per garantire un'educazione anche agli studenti non vedenti. La patria di Braille, infatti, rispettando la propria concezione fortemente statalista e centralista, prevede che l'INJA abbia una sorta di competenza nazionale in materia di formazione scolastica dei non vedenti, direttamente, ospitando circa 150 allievi, od indirettamente, attraverso consulenze specifiche dedicate agli studenti che si cimentano nelle scuole "ordinarie".
La scelta tra istituto ordinario e speciale è affidata ad equipe di medici specialisti e genitori, i quali valutano le specifiche attitudini dei singoli studenti.
Ciò che lascia perplessi Vania ed i suoi colleghi è la disciplina ferrea applicata nell'istituto parigino, tanto da rievocare scene di stupito imbarazzo allorquando i ragazzi francesi, nelle poche occasioni in cui hanno potuto trascorrere la serata insieme (anche a causa della differenza di età), si dileguavano, allo scoccare delle 22, lasciando soli gli ospiti, perché quella era l'ora prevista per il "coprifuoco", apparentemente derogabile solo per cinque minuti. Così come gli studenti della Ville Lumiere sono apparsi, almeno a sensazione, piuttosto irrigiditi, mentre a Bologna avevano manifestato spensieratezza e spontaneità.
È da ricordare che all'Istitut National des Jeunes Aveugles si accede alla tenera età di 11 anni, spesso lontano dai propri genitori, per diverso tempo. Ciò nonostante, le matricole non vedenti, una volta diplomati, si inseriscono nel mondo universitario alloggiando nei dormitori con i propri colleghi di studio, senza particolari problemi.
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I "bolognesi" sono rimasti colpiti dalla scelta che viene compiuta da diversi non vedenti d'oltralpe una volta smessi i panni dello studente, i quali preferiscono percepire la pensione di invalidità piuttosto che cimentarsi nel mondo del lavoro (ad esempio, diplomandosi in un corso di centralinista: si noti, però, che il numero di centralinisti necessari è stabilito d'ufficio dallo Stato ogni cinque anni). Ma è pur vero che ciò denota una certa attenzione dello Stato francese verso la disabilità, con fondi specifici assegnati che consentono di dedicare ad ogni studente ben 60.000 € per la sua assistenza, ed assegni di invalidità evidentemente sufficienti per mantenersi.
I corsisti del Cavazza hanno potuto notare, visitando Parigi, alcune carenze verso i non vedenti, sorprendenti se si considera che è la città in cui ha vissuto Louis Braille. Ad esempio, in molte linee della metropolitana le piattaforme non presentano alcuna protezione al limitare dei binari e le carrozze presentano sistemi di chiusura delle porte troppo repentini e neppure viene indicato il lato da cui effettuare la discesa, così come gli autobus non montano sistemi di sintesi vocale per avvisare delle fermate ed ai semafori il segnale acustico ti "abbandona" nel |
bel mezzo dell'incrocio, spesso con tempi di attraversamento da centometrista. Quanto alle attenzioni verso i non vedenti da parte dei cittadini, Parigi non tradisce la propria tradizione di metropoli un po' scontrosa e distratta, ma, secondo Vania ed i suoi amici, forse ciò è da imputare anche alla quotidiana e diffusa presenza di non vedenti sul territorio urbano.
Nonostante le (superabili, infine) difficoltà logistiche, Parigi ha svelato tutta la propria bellezza ai ragazzi del Cavazza, anche grazie all'assistenza del prof. Salvo Falcone, docente di italiano dell'INJA, esperto in questo tipo di scambi internazionali, nonché degli accompagnatori dell'istituto bolognese. Particolare apprezzamento ha suscitato la visita alla Città della Scienza della Villette, guidata direttamente da colei che si è occupata dell'accessibilità ai non vedenti del museo. Deludente l'esperienza al Louvre, a causa dell'assenza di servizi dedicati agli utenti con difficoltà visive.
Lo scambio interculturale, in definitiva, ha colto nel segno, tanto che chi vi ha partecipato ha espresso il desiderio di nuove esperienze, magari in altre metropoli come Londra o Berlino, capitali di una Europa davvero senza confini. |