Showdown di Alberto Borghi Al Cavazza il torneo nazionale di tennis da tavolo. |
A sentire la palla che scorre velocemente sul tavolo da gioco, viene da pensare ad un serpente a sonagli. Poi il frastuono dell’impatto della racchetta sulla palla rievoca echi di agonismo, di voglia di vincere e battere l’avversario. Osservando una serie di partite di showdown ti rendi conto che, come in tutti gli sport, esistono i giocatori migliori che hanno la meglio su quelli meno dotati. E comprendi pure che non è la cieca fortuna a comandare il gioco, ma l’abilità che sgorga dai sensi acuiti, il dinamismo fluido dei gesti atletici, l’applicazione della tattica agli alti bordi del tavolo di gioco, rimbalzi e traiettorie da sfruttare come arieti per varcare la soglia della porta altrui. Un curioso incrocio tra ping pong e calcio balilla, se proprio un profano dovesse descrivere l’arena ove si gioca lo showdown. Regole proprie, peculiari, fatte rispettare dall’unico soggetto vedente: l’arbitro. I due giocatori, invece, seguono istinto ed abilità per scoccare i tiri, per scagliare la palla nella porta avversaria, larga pochi centimetri, ma sufficienti per mettere in risalto le doti dei giocatori più abili. E non si pensi che basti piazzare la paletta davanti alla propria porta per evitare ogni tiro dell’avversario, dal momento che l’arbitro vigila con attenzione ed è pronto a rilevare l’infrazione in ogni istante. |
Lo sport praticato dai disabili non ammette naturalmente debolezze, perché richiede comunque il rispetto delle regole e consente solo al migliore di avere la meglio sull’avversario. Pertanto, gli atleti che praticano lo showdown imparano assai presto a rispettare il regolamento, anche perché ogni sua violazione comporta l’assegnazione di un punto all’avversario. Segnare una rete, invece, significa ricevere in dote due punti e vince chi raggiunge gli undici punti. Il set prevede una durata massima, ma raramente si raggiunge il tempo limite, dato che gli atleti riescono sempre a trovare prima la via della vittoria. Va onestamente detto che chi assiste ai match di showdown tende a dimenticarsi del fatto che i giocatori non sono in grado di vedere la palla. E ciò accade perché è assai raro che un colpo vada a vuoto e la violenza con cui la palla viene colpita e scagliata nella metàcampo avversaria è tale che non si può non pensare ad un colpo mirato. Certo, il torneo in cui si sono esibiti i giocatori osservati dal cronista non era |
per dilettanti alle prime armi. Quindi si immagina che, come ogni attività sportiva, lo showdown richieda notevole impegno ai principianti, e tanta, tanta pratica. E non è sport per tifosi lanciati in cori da stadio, dal momento che è richiesto il silenzio più assoluto per consentire agli atleti di sentire la palla e di “ascoltarne” le traiettorie. L’occasione del torneo “nazionale” (hanno partecipato atleti di Milano, Firenze, Bologna e della Sicilia) celebrato il 6 marzo scorso nella sede di via Castiglione è stata offerta dalla cerimonia di consegna all’Istituto Cavazza di due tavoli da gioco, offerti dal Lions Club di Budrio e della Res – Co s.r.l., per mano rispettivamente del Presidente Valeria Celli e dei titolari, i fratelli Gironi. I tavoli sono stati affidati in gestione alla Polisportiva Atletico Torball di Bologna e sono a disposizione sia degli atleti agonisti che di quelli dilettanti amatoriali. |