Il cuore “idrico” di Bologna

di Paola Emilia Rubbi

L’Aposa, unico torrente naturale che attraversa la città.


Non solo torri: Bologna –grazie alla quantità, alla lunghezza, alle dimensioni e alla bellezza di quelle strutture esistenti nelle sue viscere segrete, che a pieno titolo sono definibili come “ architetture urbane sotterranee” – può legittimamente essere collocata tra le più importanti e suggestive città ipogee a livello mondiale.
Non ci riferiamo tanto e solo alla complessa e articolata rete di canali, canalette, condotti, chiaviche, chiavicotti, battocchi, paratoie e altre opere costruite nei secoli per l’alimentazione idrica della città, quanto al patrimonio storico e archeologico costituito dai manufatti realizzati lungo il percorso del torrente Aposa, unico corso d’acqua naturale che attraversa la città fin dalla sua fondazione, partendo dal punto d’origine sulle colline di Roncrio sino all’immissione a valle nel canale delle Moline e, oltre, alle foci del Navile in via Bovi Campeggi, dove un tempo era attivo l’antico Porto del Maccagnano.
Questo lungo tragitto – un tempo conosciuto unicamente nei tratti in cui scorreva a cielo aperto – oggi è in parte visitabile e percorribile anche nel suo percorso ipogeo, nei tratti situati tra i due accessi di piazza Minghetti e di piazza San Martino, e annualmente decine di migliaia di visitatori italiani e stranieri approfittano delle visite guidate per inoltrarsi nella “storia sommersa” della città. Storia nella quale il torrente Aposa è stato “testimone di tanti fatti e avvenimenti anche cruenti, teatro lui stesso di fughe, introduzioni clandestine, scambi di merci di contrabbando e perfino di furti più o meno riusciti”.
Tanti gli storici e gli studiosi che, nel tempo, hanno scritto di tutto ciò, riccamente documentando rievocazioni e ricostruzioni di eventi e di realtà storiche e urbanistiche. Nessuno però, finora, aveva dato la possibilità di conoscere visivamente passo per passo come si presenta oggi l’Aposa, nell’intero percorso, compresi i tratti interdetti ai “non addetti ai lavori”.
Ora hanno provveduto a fornire un “millimetrico”, suggestivo strumento di conoscenza del corso del torrente, due membri della benemerita Associazione “Amici delle vie d’acqua e dei sotterranei di Bologna”: Massimo Brunelli, con le foto, e Angelo Zanotti con l’accuratissimo saggio in un volume giustamente titolato
“Il torrente sconosciuto svelato”, che consente di aggiungere un prezioso tassello allo studio delle complesse vicende del sistema delle acque bolognesi.


Finestra sul Canale di Reno, Via Piella a Bologna

Al corso dell’Aposa, ricco di storia, di leggende e di suggestioni, utilizzato 2.200 anni fa dai Romani come limite della città e come fossato difensivo della stessa, si è fatto ricorso anche durante la Seconda guerra mondiale, quando i cunicoli e gli ambienti sotterranei del suo tragitto furono usati per allogarvi rifugi per civili e militari, ricoveri, comandi militari, spesso ricavati da strutture antichissime.
Massimo Brunelli e Francisco Giordano si sono dedicati con passione e professionalità ad individuare e descrivere esattamente tali ricoveri, soprattutto quelli destinati a rifugi antiaerei situati all’interno del corso interrato dell’Aposa, nei pressi della collina di San Michele in Bosco, ad uso, l’uno, dell’Istituto Ortopedico Rizzoli e, l’altro, dell’area militare adiacente.
Nei due ex rifugi (visitabili su prenotazione) sono fra l’altro ancora ben visibili i basamenti su cui era appoggiato il solaio di legno che soprastando l’acqua fungeva da pavimento per i rifugiati.
Non lungo il percorso dell’Aposa, ma pur sempre adattando un corso d’acqua sotterraneo della città quello del canale Cavaticcio, in zona oggi Marconi – era stato allestito il tragico rifugio, capace di 2.800 persone, che fu colpito il 25 settembre 1943, durante la prima incursione su Bologna e si trasformò così in una terribile trappola nella quale persero la vita centinaia di persone: una lapide in via Leopardi ricorda quel tragico giorno.
Scorre l’acqua del torrente, scorrono i secoli, scorre la storia: l’Aposa (secondo la leggenda il nome fu dato al torrente dal re etrusco Fero, in memoria della sua amata, di origine gallica, che per raggiungerlo attraversò le acque, annegandovi) appare dunque “indissolubilmente legato” – come afferma l’avvocato Antonio de Capoa, presidente dell’Associazione “Amici delle vie d’acqua e dei sotterranei di Bologna” – in chiave positiva e protettiva alla città, quasi ne fosse un nume tutelare”.
Canale Navile, zona Corticella a Bologna

Veduta di edifici sul Canale di Reno a Bologna

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