Limi la testa e i collettori, cambi marmitta e carburatori e così (vrrrrr) con poca spesa il tuo motore ha un’altra resa.
E sì, sono proprio due versi de "Il truccamotori" dell'indimenticabile Giorgio Gaber. Era il 1968 e l'inventore del "teatro canzone" forse non lo sapeva ancora (solo forse però) ma stava già facendo satira di costume sui "soft skills"!
Oggi ci siamo, siamo nel pieno del "lavoro agile" e il raccontarlo nei master, oltre che ricordarmi Gaber, mi ha suggerito un altro contributo per “Vedere Oltre” che, al pari di quello del numero scorso, potrebbe essere considerato una pillola di autonomia che nasce dalla mia esperienza di non vedente nel mondo del lavoro.
Una pillola di autonomia quindi che rende l'"agile" forse più importante per i non vedenti che per la rilevanza che i moderni modelli economici gli attribuiscono per il governo delle startup.
Ho però troppo rispetto per il tempo dei lettori per farglielo perdere con una mia spiegazione teorica. A riguardo vi lascio alla scientificità di Wikipedia, qui invece applico uno tra i più importanti comportamenti contemplati nella metodologia: seguire le suggestioni.
Solo qualche settimana fa, per un corso di orientamento e mobilità, mi è infatti sorta l'esigenza di una mappa in rilievo di una zona di Milano. Che fare? Certo comprare una stampante 3D e imparare ad usarla. Ma questo sarebbe un deep skill come un deep skill sarebbe quello di imparare ad usare un programma di progettazione grafica per disegnare in proiezione ortogonale il plastico per poi sottometterlo alla stampante.
Ecco allora le abilità leggere: la capacità di usare Internet e muovermi nei social network, un po' di conoscenza di inglese era tutto ciò che serviva.
In una mailing list sulla grafica computerizzata ho conosciuto uno studente vedente a cui ho chiesto di rappresentarmi in CAD la cartina presa da GoogleMaps. Ho poi cercato su Internet una stampante 3D messa a disposizione in rete e a cui ho inviato il documento preparato dallo studente. Fatto! Qualche giorno dopo mi è arrivato il plastico a casa.
A chi me li chieda in privato posso dare i riferimenti e i documenti per replicare il progetto ma in aula non lo faccio mai. È agli allievi che chiedo di realizzarlo con i propri soft skills in luogo dei miei, di quelli cioè di un sessantenne molto meno abile di loro nel muoversi nell'attuale società dell'informazione. Ma c'è anche un altro motivo per cui non indico direttamente la strada che ho seguito io. Il rapporto costo/risultato è molto migliorabile. Meglio sarebbe impiegare una stampante a rilievo in luogo della 3D ma attenzione, trovandola come nodo in rete coi propri soft skill e non comprandola per imparare ad usarla.
Non ci fermiamo però qui. Il gioco può diventare anche più interessante. Così come ho trovato in rete il nodo della stampante 3D ho trovato anche quello dello scanner 3D a cui ho sottoposto le fotografie, che seguendo la metodologia corretta ho fatto fare ad un amico, dell'interruttore che ho smontato dalla mia lavatrice. Il documento CAD che lo scanner ha prodotto l'ho sottoposto ancora una volta all'ormai amico studente chiedendogli di modificare il progetto grafico con i rilievi tattili a cui ho pensato per aumentarne l'usabilità da parte di un cieco. Ho inviato quindi il tutto alla solita stampante 3D e, quando mi è tornato indietro il nuovo pezzo, l'ho fatto rimontare dall'idraulico. Smontarlo era stato infatti facile ma il rimetterlo a posto necessitava di un vero deep skill! :)
Qui mi fermo con la pillola per passare ad un monito però.
La cronaca è ricca di esempi di giovani imprenditori che sono stati capaci coi loro soft skill di dar vita anche ad importanti startup e l'ho visto fare anche da non vedenti impegnati per progettare e produrre ausili migliori.
Attenzione però! Il confine tra soft skills e dilettantismo allo sbaraglio non è sempre facilmente individuabile. Il rischio di fare la fine del nostro amico truccamotori è alto, scopritela su youtube, ma i soft skills ci danno qualche strumento metodologico per evitarla, Wikipedia docet. Qui mi limito solo a due suggerimenti: lavorare sempre su bisogni reali e farlo sempre in team. Sono infatti gli amici e la pancia che ci tengono, qui come nella vita, sempre sui binari.