Questa volta, per raccontare di un altro teatro scomparso a Bologna dobbiamo tornare indietro al Settecento, ed entrare in un cinquecentesco palazzo nobiliare, il Palazzo Angelelli, situato in Strada Maggiore al civico 51.
La storia del nostro ennesimo teatro nobiliare è un po’ bizzarra, ma ormai ne abbiamo viste di tutti i colori quando si tratta di spettacolo.
I proprietari sono due nobili di grande importanza, Nerio Lorenzo Malvezzi, uomo politico di spessore internazionale, insignito del titolo di marchese e di cavaliere dell’Ordine di Sant’Uberto dall’Elettore Palatino e sua moglie Maria Dorothea Wilhelmina von Metternich, i quali vengono presi da un improvviso attacco di “melomania”. Così nel 1710 nella tuttora esistente cavallerizza, progettata da Antonio Francesco Ambrosi e collocata sul fondo del cortile con ingresso da via San Petronio Vecchio, decidono di aprire un teatro, anche solleticati dal successo che il melodramma sta riscuotendo in tutta la città e analogamente a quanto sta facendo il nobile Marsigli nel palazzo quasi di fronte, sulla stessa via.
La prima opera, Crisippo, su libretto di Grazio Braccioli con musiche di Floriano Arresti, programmata il 30 ottobre 1710, non prevede però cantanti in carne ed ossa, ma è “fatta con li burattini”, come spiega l’«Avvertimento al cortese lettore» posto a prefazione nel libretto: “Vedrai questo dramma rappresentato con artificiose figure, che per la loro novità e vaghezza formeranno un nobile e dilettevole oggetto ai tuoi sguardi. Lo stile erudito del sig. dottore Grazio Braccioli, autore della poesia merita l’applauso del tuo virtuoso intendimento, e le note musicali del signor Floriano Arresti bastano per dilettarti l’orecchio”.
Tuttavia, nonostante tutta la buona volontà, l’operazione si risolve in un clamoroso insuccesso, che fa sentire la sua eco in tutte le cronache cittadine, come testimonia ad esempio lo «Zibaldone» di Antonio Barilli (1738), che ricorda come, dopo un mese di repliche, nel dicembre “finì l’opera nel teatro Angelelli, per non essere gradita”, o come sottolinea anche il «Diario» di Francesco Ghiselli, che accenna alla “perdita che fa l’impresario nelle recite dell’opere in musica de’ pupazzi”.
Il marchese però non demorde, dal momento che tutti gli altri teatri aperti in città ottengono, diversamente dal suo, sempre un buon successo. Così ci riprova e propone alla fine di quell’anno, e sempre coi “pupazzi”: l’opera scelta è il divertimento per musica dal titolo Con l’inganno si vince l’inganno. La musica è sempre composta dall’Arresti, che è un illustre e celebre artista, oltre ad essere anche maestro di cappella nella cattedrale di San Pietro.
Purtroppo però l’esito è lo stesso, fallimentare, della prima opera!
A questo punto il marchese si rassegna e sospende la programmazione fino al 27 dicembre 1727, quando organizza, sempre coi burattini, il notissimo Gl’inganni amorosi scoperti in villa, del compositore bolognese Giuseppe Aldrovandini.
Anche questa nuova proposta non deve avere riscosso troppo successo, perché non ci sono notizie di altre rappresentazioni fino al primo novembre 1736 quando la pastorale in musica Le vicende amorose, costituisce l’ultimo titolo nella curiosa e brevissima avventura del Teatro Angelelli.