“Miopia” e sviluppo

di Alberto Borghi

Quando la solidarietà fa i conti con la crisi


Continuando la nostra disamina delle problematiche originate o accentuate dalla perdurante crisi economica, avviata nel precedente numero di “Vedere Oltre”, con l’opinione del pedagogista Prof. Andrea Canevaro e dell’economista Prof. Giovanni Mazzanti, si deve ora analizzare l’impatto concreto che tale crisi ha avuto e ha tuttora sugli enti che assistono e tutelano categorie di cittadini più deboli. Esaminando il caso specifico dell’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza, risulta di tutta evidenza il sostanziale decremento dei contributi pubblici, ma ancor di più di quelli provenienti da soggetti privati. In particolare, nel contesto felsineo hanno sempre, dal momento della loro istituzione legislativa, rivestito una rilevante funzione contributiva e propulsiva le fondazioni bancarie, fra tutte la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Come noto, le fondazioni bancarie sono state concepite dal legislatore nazionale per promuovere e perseguire esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, secondo quanto previsto dagli statuti dei singoli enti. Rileva il rapporto prevalente con il territorio in cui la fondazione (o la banca dalla quale deriva) opera ed è specificato dalla legge che deve essere assicurata l’equilibrata destinazione delle risorse, dando preferenza ai settori a maggiore rilevanza sociale. Essendo soggetti di diritto privato, naturalmente anche tali enti devono rispettare un criterio di economicità nella gestione del proprio patrimonio e, pertanto, conoscono limiti dettati dall’ampiezza e consistenza dello stesso. In un momento storico in cui gli istituti bancari sono tra i principali soggetti economici colpiti dalla crisi in atto (senza peraltro dimenticare il ruolo attivo avuto dalle stesse nella sua genesi), i contributi erogati dalle derivanti fondazioni bancarie hanno conosciuto una netta flessione, fino ad arrivare, come per il Cavazza, ad annullarsi completamente. Poiché la scelta dei settori sui quali fare confluire i contributi spetta al consiglio di indirizzo e di amministrazione di ogni fondazione bancaria, solamente alcuni dei richiedenti le erogazioni potranno effettivamente ricevere quanto auspicato, in parte o integralmente.

 

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La discrezionalità è, quindi, la norma. L’Istituto Cavazza ha presentato numerose richieste di finanziamenti alle fondazioni bancarie locali, in particolare alla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, che ha previsto una serie di criteri in base ai quali l’istanza di ausilio finanziario deve essere formulata e successivamente concessa: tra essi si evidenziano quelli del cofinanziamento (contributo massimo previsto al 50% dell’importo del progetto) e della solidarietà (intesa come attenzione ad interventi altruistici, di riduzione del disagio e di più diretto beneficio a destinatari ultimi dell’intervento). Fino al 2008, l’Istituto Cavazza ha ricevuto molteplici contributi, tutti coerenti con i rigorosi criteri evidenziati, destinati in particolare al progetto C.I.F.R.A., Centro per l’Integrazione, la Formazione, la Riabilitazione e l’Autonomia delle persone non vedenti ed ipovedenti, che ha ricevuto circa € 1.500.000 (con proporzionale impegno economico diretto da parte dell’ente di via Castiglione). Purtroppo, a far data dal 2009 le erogazioni sono completamente cessate, nonostante i progetti sottoposti al vaglio della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna rispondessero in tutto e per tutto ai criteri richiesti. Progetti quali il proseguimento del percorso del progetto C.I.F.R.A. nonché la creazione di uno studentato, ossia realtà capaci di incidere in maniera significativa e tangibile sulla quotidianità dei non vedenti e degli ipovedenti, hanno visto venire meno una decisiva fonte finanziaria, all’improvviso. Negli ultimi due anni, le richieste di contribuzioni sono state reiterate, ma proponendo, giocoforza, progetti di respiro meno ampio, con importi sostanzialmente pari ad un decimo di quelli precedentemente percepiti. Ciò nonostante, nessun contributo è pervenuto.

Analizzando direttamente i bilanci della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, ad esempio, si comprende il perché, rilevando una diminuzione drammatica delle partite di bilancio destinate al fondo volontariato, rientrante tra le attività istituzionali, in virtù della riduzione del patrimonio disponibile, a causa della crisi nel settore bancario.
Nel 1992, vennero erogati € 224.000, divenuti € 1.200.000 nel 1999, fino a raggiungere l’apice
nel 2007, con ben
€ 5.200.000 stanziati a favore delle iniziative le cui istanze erano state accolte. Ebbene, nel 2008 i finanziamenti si sono dimezzati
(€ 2.300.000), crollando a soli
€ 15.000 nel 2009. Si tratta di una constatazione che non lascia adito ad alcun ottimismo nella ripresa dei contributi destinati agli enti che agiscono nel sociale, aggravandone l’onere finanziario richiesto non soltanto per continuare a proporre iniziative che rientrano nel proprio statuto, ma anche la loro stessa esistenza. Anche in un territorio, quale quello emiliano, in cui le prassi di buona amministrazione e di ricchezza declinata al sociale erano oramai ritenute un diritto acquisito.

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