Visitare FICo, la Fabbrica Italiana Contadina, può essere un'avventura per tutti, grandi e piccini. La sua estensione pare
12 conoscere solo i confini del portafogli più o meno capiente, tra rivoli di olio e vino e terre colme di animali esposti come tesori ben custoditi. Se si è così fortunati da indovinare il corretto ingresso
al primo colpo, senza farsi ingannare da quella che in realtà è l'uscita dal complesso di 100.000 mq, ingannevolmente (ma forse non inconsapevolmente) sita in prossimità del primo parcheggio in cui ci si imbatte provenendo dal casello di entrata, allora
si viene accolti da Interni di FICo - Bologna una schiera di mele biologiche (con tanto di cartello con invito a non raccoglierle per portarsele a casa o mangiarle) e dalle prime luci invitanti del consumo biorispettoso. Da quel punto, se si è non vedenti, si viene lasciati a se stessi, come in un vero campo di grano. Non vi è un'accoglienza dedicata a persone con disabilità, ma la mancanza d'attenzione è condivisa con i normodotati: nella nostra visita, il punto informativo l'ho reperito... all'uscita. Gli spazi sono ampi e percorrerli non comporta grosse difficoltà per chi si deve avvalere di carrozzine. Ci si imbatte in numerosi tricicli, condotti da visitatori divertiti: più che un incentivo a fare attività motoria, trapelano interessi più consumistici, traditi dal profondo cestino per appoggiarvi merce acquistata. Eppure, sarebbe stato gradito un itinerario pensato anche per i non vedenti, non risultando possibile comprendere cosa sia esposto nei singoli "stand". Assenti indicazioni tattili anche nei ristoranti o punti
di ristoro. Certo, ci si potrebbe anche affidare all'olfatto per individuare la mortadella o i prodotti da forno. Ma dubitiamo che gli ideatori del parco alimentare che si fregia del titolo di più grande del mondo abbiano fatto leva solo sulle capacità evocative dei profumi dei prodotti biologici per supplire all'assenza di un ausilio che
avrebbe rappresentato un'attenzione per gli utenti non vedenti. Né è valso chiedere riscontro all'ufficio stampa di FICo per ottenere informazioni ad hoc, dal momento che neppure è giunta una risposta all'email inviata all'indirizzo specifico prontamente fornito dal "punto contatti" del sito. L'esplorazione del parco tematico non
ha comunque offerto informazioni ulteriori, rivelando una vaghezza di contenuti annegata nell'enormità degli spazi. In definitiva, si giunge al termine del percorso quasi per inerzia, senza stimoli particolari, poiché troppe sono le divagazioni sul tema, senza che venga proposto un itinerario veicolato in alcun modo. Certo, il visitatore è così totalmente libero di seguire la propria curiosità o coltivare i gusti di sempre o gli stimoli del momento: tuttavia, ci si sarebbe aspettati di essere presi per mano per essere guidati alla scoperta dei segreti dell'alimentazione genuina e dei processi produttivi rispettosi dei canoni tanto cari al patron di Eataly, deus ex machina della creatura monstre.
Non vengono neppure proposti criteri regionali o merceologici: il formaggio della Valtellina si può trovare di fronte al produttore di fiorentine. Ma se vuoi trovare un prodotto specifico, devi mettere in conto scarpinate e percorsi a zig zag. E quando si raggiunge lo spazio dichiaratamente dedicato alla vendita, può capitare di farsi rapire da un fantastico condimento a base di cipolle e tonno della Sicilia ma di dover rinunciare all'acquisto del pane biologico su cui spalmarlo perché si sarebbe costretti a tornare indietro fin quasi al punto di avvio per poterlo fare. E così ci si accontenta
dei taralli confezionati o del pane trentino buono anche per il tiro al piattello (ma buono davvero!). Confessiamo di non essere stati in grado di trovare i tanto decantati animaletti da cortile, capaci di donare in loco le materie prime per formaggi, uova e, temo, carne: semplicemente, non abbiamo visto alcuna indicazione chiara atta ad indicarmi la via. Ci siamo sì imbattuti in qualche ulivo, circondato da trattori enormi, ma gli animali erano nascosti alla nostra vista. Sarà stata certamente una disattenzione del visitatore, ma possiamo assicurare che l'impegno investigativo non è mancato. Anche i bagni, peraltro pulitissimi, erano un po' nascosti: in un caso, non vi era quello per disabili, evidentemente locato altrove. La sensazione è che l'esperienza "libera" sia volutamente lasciata senza riferimenti logistici dai curatori del parco alimentare, puntando piuttosto alle iniziative mirate e percorsi tematici dedicati a vari tipi
di utenza (studenti, bambini, ad esempio), che però sono per lo più a pagamento. E tra le prime rientrano, ad esempio, le cene al buio, alle quali ha collaborato anche l'Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza, in cui gli avventori gustano le pietanze affidandosi agli altri sensi, non potendo confidare nella vista. Quando si raggiunge l'uscita, viene istintivo voltarsi e chiedersi se FICo sia un'occasione, colta o persa, di farsi ammantare dallo splendore dei gusti e delle tradizioni della nostra nazione. O, piuttosto, solo un corridoio come un altro in un grande supermercato (il più grande supermercato alimentare del mondo, verrebbe da dire) in cui non si percepisce l'amore del produttore, ma solo lo scintillio del marketing.