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Tecnica e dimensioni dell'opera originale:
Tecnica e dimensioni della traduzione plastica:
Soggetto iconografico:
La rappresentazione del Crepuscolo si dà nelle forme del Sole calante e della Luna crescente. L’allusione al tempo che scorre incessantemente, al susseguirsi dei giorni e alla coincidenza degli opposti sono solo alcuni dei riferimenti contenutistici più immediati e riconoscibili. Nel carro del Sole è intuibile la personificazione di Apollo e nel Carro della Luna quella di Diana. Apollo ed Elio in età arcaica erano due divinità distinte mentre la loro identificazione, nell’antica Grecia, si deve alla contaminazione con la cultura egizia. Diana, antica divinità italica, oltre a coincidere con la divinità Greca Artemide cacciatrice è riconosciuta anche come Dea della luce lunare.
Descrizione dell’opera:
Nella traduzione tridimensionale in bassorilievo prospettico di questo affresco è stato utilizzato un piano rettangolare, lievemente concavo e inscritto all’interno di una cornice che diventa ideale finestra, a sfondamento, del soffitto. La particolarità dell’invenzione nel dipinto, e quindi nella sua trasposizione in rilievo, consiste nell’inquadratura dal basso, pressoché zenitale, rafforzata da inediti scorci. La leggera inclinazione del carro solare indica che il punto di osservazione si trova spostato verso l’ingresso dalla loggia. Si consiglia una lettura bimanuale e inizialmente sincronica che muova dalla percezione, in verticale a partire dall’alto, dell’entrata del Carro della Luna, per pervenire in basso alla percezione dell’uscita del Carro del Sole.
In un cielo aperto scorgiamo il Carro della Luna che avanza trainato da due cavalli di cui si leggono i musi e parte del corpo.
Del cavallo a sinistra si percepisce il profilo sinistro rivolto a destra e del cavallo a destra si intravede la ganascia mentre il muso risulta parzialmente nascosto dall’anteriore destro. Gli anteriori dei cavalli sono ritratti nell’istante di distensione, quindi nell’andatura al galoppo. Sotto la pancia si intravedono i sottopancia e minima parte del carro. Sul pianale compare Diana, divinità della luce lunare, il cui volto di tre quarti, incorniciato dai lunghi capelli mossi dal vento, è circondato da una mezzaluna. Diana, ritratta in piedi, con la mano destra regge le redini del cavallo posto a sinistra nella composizione (rispetto all’osservatore) e con la mano sinistra regge le redini del cavallo a destra. L’evidente schiacciamento dei volumi del suo corpo, generato dallo scorcio prospettico, ribadisce la visione zenitale dal basso. La veste della personificazione della Luna, quindi di Diana, è di foggia classica e valorizza le morbide fattezze del seno.
La biga del Sole, ovvero un carro a due ruote trainato da due cavalli e condotto dall’auriga (in questo caso Apollo-Sole) è rappresentata nel momento dell’uscita dalla scena e mostra il guidatore visto dal basso, che si mantiene sul pianale del carro in rapida corsa/volo e sembra quasi sobbalzare nell’aria.
Dei cavalli, come dell’auriga, sono visibili le terga. Del carro si vedono, in prospettiva assonometrica, le ruote e la parte inferiore del pianale. Del Sole sono visibili, in scorcio, il profilo del volto, gamba e braccio destri e il Dio è colto mentre incita con la frusta la corsa dei cavalli: la sua veste e il mantello sollevati dal vento creano ampie e profonde volute che gli conferiscono un forte dinamismo. Il volto è circondato da un alone di luce a raggiera e cerchi concentrici, a evidenziare il suo essere metafora della luce solare. Tra il carro della Luna e quello del Sole si frappone un ampio squarcio di cielo che accentua il distacco tra le due bighe e suggerisce la direzione di marcia per una lettura sia ottica che tattile.
Sotto l’aspetto cromatico, la scena è stagliata su un cielo blu, aperto e profondo: la luce che proviene dall’alto disegna bordi luminosi attorno alle figure. La falce lunare crea tonalità pallide e l’abbagliante disco solare riflessi rossastri.
Infine, per quanto concerne la paternità dell’opera, l’attribuzione a Primaticcio su disegno di Giulio Romano non può essere pienamente avallata per mancanza di certezze documentali, ma nemmeno smentita se si pensa, verosimilmente, alle successive repliche e varianti proposte da Primaticcio e ispirate a questa scena.