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Tecnica e dimensioni dell'opera originale:
Soggetto iconografico:
La Crocifissione
Il tema iconografico della Crocifissione affonda le radici nella cultura alto medievale e ha origine nella trasformazione della croce gnostica in croce cristiana. La crocifissione rappresenta il martirio di Cristo e l’iconografia prevede che il figlio di Dio sia rappresentato nella morte corporale e nella vita eterna della sua anima. Per questa ragione, nei secoli l’iconografia della crocifissione ha subito consistenti trasformazioni stilistiche e formali: dall’immagine del Cristo trionfante sulla morte, iconografia diffusa in tutta Europa fino al XII secolo, si è giunti tra XIII e XIV secolo all’immagine del Cristo dolente, ritratto nella dignità umana e sacra della sofferenza terrena. Il valore salvifico e catartico dell’immagine del Cristo dolente va rintracciato nella mutata sensibilità espressa dalla società medievale nei confronti dei soggetti sacri: dal XIII secolo sempre più assimilati alla condizione umana del sentire e del patire. La ieraticità imperturbata di matrice alto medievale e medievale, nel basso Medioevo e nel primo Rinascimento, cede il passo alla rappresentazione più realistica, comunque simbolica ed emblematica, dell’incarnazione del divino. E’ in questa nuova concezione che le immagini sacre da cultuali diventano sempre più narrativo devozionali. L’immagine del Cristo dolente, ampiamente diffusa nella cultura rinascimentale, non perde in questa età il suo valore sacrale e quella ieraticità che la rende rappresentazione trasfigurata del deicidio, muovendo dalla cruda realtà dell’evento per giungere al sublime e lirico incontro con la rinascita.
Descrizione dell’opera:
Nella Crocifissione di Masaccio Cristo è rappresentato su una croce essenziale, composta da due bracci ortogonali, sulla sommità del braccio verticale trova collocazione l’immagine miniaturizzata di un albero, simbolo dell’arbor vitae e dell’axis mundi. Allusivo alla nuova vita generata dal sacrificio di Cristo, l’albero è chiara immagine del recupero dei principi di rinascita e resurrezione impliciti nel destino di Cristo e dell’umanità redenta. La croce è posta al centro dello spazio della composizione. La tavola lignea presenta lo sfondo aureo secondo la tradizione bizantina. Stagliata sullo sfondo luminoso, l’intera scena acquista una ieraticità arcaica propriamente medievale, nonostante stilisticamente e spazialmente l’opera riveli la sua appartenenza alla sensibilità stilistica rinascimentale. La croce è inscritta all’interno di un arco cuspidato, di ascendenza gotica. Leggendo progressivamente la scena, partendo dalla sommità della croce, percepiamo il volto di Cristo
circondato dall’aureola, le cui decorazioni tradiscono un’influenza arcaico barbarica. Il volto di Cristo, per fisionomia e postura, tradisce una rinnovata visione del divino, non più ricondotto a un canone convenzionale, bensì portato a una rappresentazione più spontanea e contingente dell’umano che conferisce alle sembianze di Cristo, figlio di Dio, un realismo inequivocabilmente moderno.
La testa di Cristo è vista in scorcio, china e quasi incassata nelle clavicole, il collo non è visibile, a causa dell’inclinazione tutta frontale della testa che determina il contatto del mento con le clavicole stesse. Il volto presenta tratti composti, per cui il dolore è dignitosamente controllato. Gli occhi hanno le palpebre abbassate, il naso è diritto e la bocca presenta labbra sottili; i tratti fisionomici del volto sono quasi popolani, nella crocifissione di Masaccio non avvertiamo la persistenza dell’immagine idealizzata e stereotipata del Cristo dolente, piuttosto percepiamo la forza dirompente e innovativa di un realismo che ancora dialoga con l’immagine sublimata e ideale del reale. Masaccio riesce a conferire al corpo di Cristo una profonda e non esacerbata espressività. L’attenzione riposta nella resa anatomica e volumetrica della figura definisce il peso specifico del corpo che presenta chiari riferimenti classici innestati sulle tracce gotiche, e quindi sulla resa longilinea del corpo umano, ancora vive nel Quattrocento italiano. Scivolando lungo le spalle di Cristo, incontriamo le braccia allungate e affusolate, leggermente ribassate rispetto ai bracci della croce e sovrapposte nelle mani alla stessa, mediante il martirio della trafittura dei palmi delle mani. Nella resa delle braccia compare una chiara definizione muscolare, sottolineata da zone chiaroscurali finalizzate a far percepire la tridimensionalità del corpo. Il busto, partendo dalla lettura della linea orizzontale definita dalle clavicole, presenta dal centro del torace lo sterno, da cui dipartono le costole. Al centro del busto, in prossimità del diaframma e del
plesso solare
, troviamo i muscoli addominali, dapprima contratti e poi allentati sul ventre, ad alludere alla perdita della tensione muscolare e delle forze, determinata dall’abbandono del corpo nel sopraggiungere della morte. Bacino e cosce risultano occultati dal drappo che ne copre le fattezze, la volumetria delle gambe è intuibile quanto la forma che traspare dal perizoma. La divaricazione delle gambe, dato posturale che determina insieme alla posizione della testa una decisa trasformazione iconografica, diventa elemento formale e stilistico dirompente. Fino a Masaccio nessun artista aveva proposto con tanta incisività e verosimiglianza l’immagine di un corpo costretto e sofferente. I piedi di Cristo sono sovrapposti, il destro posto sul sinistro e quindi trafitto da un unico chiodo. Ai piedi della croce si trova Maria Maddalena, scenica e lirica nella sua gestualità e posizione inginocchiata. Maddalena è vista di schiena, sul manto colore rosso fuoco scendono lunghi capelli biondo oro. Il braccio sinistro di Maddalena è alzato insieme a quello destro a tracciare un
ideale triangolo
che allude a un ultimo drammatico abbraccio rivolto a Cristo. Maddalena è il punto di forza della composizione non tanto e non solo per la sua forza espressiva, accentuata dai contrasti cromatici e dalle geometrie, quanto per la sintesi espressa. Il volto nascosto, il capo reclinato in avanti e quindi rappresentato in scorcio, le fattezze femminili del corpo appena accennate sotto il manto, le mani affusolate, elegantissime nell’atto di levarsi al cielo, sono elementi esemplari che rendono inconfondibile questa crocifìssione di Masaccio. Ai piedi della Croce abbiamo individuato Maddalena inginocchiata, il cui manto poggia agli estremi del bordo sulla terra nuda, terra che allude al Golgota e al monte calvario. Al lati della Croce troviamo: alla destra di Cristo e quindi alla sinistra di Maddalena (e dell’osservatore) la Vergine Maria, alla sinistra di Cristo, e quindi alla destra di Maddalena (e dell’osservatore) Giovanni Evangelista. Entrambi le figure esprimono intensamente il proprio dolore, Maria Vergine è serrata in un manto spesso, di colore blu, le pesanti pieghe scendono fino a terra e accompagnano nella sobrietà la figura. La vergine è ritratta di profilo, il viso è rivolto a Cristo, gli occhi sono schiusi al pianto e la bocca accenna a una smorfia di dolore che determina la contrazione del volto. Le mani sono giunte e le dita intrecciate sembrano forzare la Vergine alla sopportazione della tragedia. Anche l’aureola di Maria è preziosamente decorata, come quella di Cristo, di Maddalena e di Giovanni evangelista. Giovanni è ritratto frontalmente, il volto è inclinato a sinistra dell’osservatore, la guancia destra del Santo poggia sul dorso della mano sinistra, unita alla mano destra. L’espressione del volto di Giovanni rivela sgomento. Lo sguardo è atterrito, gli archi sopraccigliari ribassati, le labbra serrate. La figura, longilinea, è ritratta in una postura irrigidita e curvata in prossimità delle spalle. Tale posizione allude ad una fragilità che lega Giovanni all’umano e al senso di vuoto che sopraggiunge in seguito alla morte di Cristo. Per tutte le figure vale il principio del recupero della classicità in accordo con la traccia gotica. Masaccio conferisce volume e plasticismo ai corpi pur stagliandoli su uno sfondo bidimensionale che sembra opporsi alla logica prospettico centrica. In realtà l’artista instaura un rapporto dialettico tra spazio tridimensionale, contingente e misurabile, e spazio infinito, incommensurabile e irreale. Lo spazio dell’uomo e quello del divino si incontrano nella scena della crocifissione, restituendo al sacro l’umano e facendo dell’umano l’epifania del sacro.