Note nel chiostro, note sull’acqua: la musica come filo impalpabile ma tenace, congiunge e lega due luoghi e due realtà diversissime tra loro, ma entrambe espressione dello spirito, della storia, dell’anima di Bologna.
L’una, in collina, a 228 metri sul livello del mare, nel luogo detto Monte Giardino – abitato fin dall’epoca romana – è una chiesa abbaziale sorta nel XII secolo testimonianza di pura arte romanica: il Cenobio (ossia monastero) di San Vittore, rimasto sempre isolato, anche a causa delle disagevoli condizioni della viabilità, scrigno di una silenziosa sacralità, aveva più o meno l’aspetto attuale quando, il 5 marzo 1178, fu consacrato dal vescovo Giovanni IV.
Fu Giosuè Carducci, nella sua veste di segretario della Deputazione di Storia patria, a far sottrarre il complesso sacro dall’abbandono e dall’incuria in cui le vicende storiche (soppressione dell’abbazia nel 1798 manu imperatoris; confisca e devastazione nel 1866 da parte del Genio Militare), lo avevano ridotto. Riconsegnato alla Curia arcivescovile nel 1892 e riaperto al culto, il Cenobio, sapientemente restaurato, affianca oggi l’essenziale chiesa romanica su due livelli, con gli affreschi del ‘200 e i magnifici stalli quattrocenteschi del coro, al delicato elegantissimo chiostro del XV secolo, con il pozzo del 1560 che sovrasta la cisterna.
E’ qui che d’estate si diffondono le note di partecipatissimi eventi musicali che spaziano dal classico al folcloristico, dal jazz al popolare. Se invece volete riassaporare l’atmosfera e l’ambiente di quando l’acqua era per Bologna l’elemento fondamentale della sua economia, la preziosa “forza motrice” delle sue attività produttive; se volete immergervi proprio nell’autentico spirito della bolognesità, ascoltarne le voci esse dalle canzoni dialettali, dai cori popolari, dai virtuosismi del liscio dovete scendere nella Bassa, sulle rive del Canale Navile varcando quel “Ponte della Bionda” di seicentesca fattura che consentiva, allora, il passaggio dei cavalli che lungo le strade alzaie trainavano i barconi provenienti dalla Bassa e a volte anche dal mare e che oggi costituisce la via di accesso all’Arena del Navile. Anche qui tempo e incuria avevano ridotto molto male il plurisecolare manufatto. Poi nel 2004 è arrivato un gruppo di “amici del ponte” che hanno costituito un’associazione culturale mettendoci passione e idee; è arrivata la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna che ha erogato i fondi per il restauro.
Ricostruite filologicamente alcune parti del ponte, rifatta la selciata di sassi di fiume, ripulite e sistemate l’area verde e le sponde del canale, è nata appunto l’Arena del Navile, spazio ricco di suggestione cultural-popolare, musical-dialettale e anche ambientale. Qui la campagna è ancora campagna: robuste alberature, un grande prato ben curato come parterre, un’ampia tenda come punto di ristoro col profumo di crescentine e di friggione, un palco essenziale, ma non rustico, per gli spettacoli (musica, recite, balli) che l’associazione propone ogni sera nei mesi estivi.
Al Ponte della Bionda si può respirare l’essenza di una cultura radicata in queste terre e nelle loro genti, cultura della cui continuità fa fede il perenne scorrere del vicino Navile, che ha accompagnato tante vicende di Bologna.