Autore:
Datazione:
Collocazione attuale:
Tecnica e dimensioni dell'opera originale:
Tecnica e dimensioni della traduzione plastica:
Soggetto iconografico:
Il genere del ritratto non è propriamente invenzione seicentesca, tuttavia, se in età rinascimentale il ritratto aveva avuto funzioni prevalentemente celebrative, nel XVII secolo esso acquista un nuovo valore, che potremmo definire di studio fisionomico e psicologico del soggetto, orientato alla realizzazione delle cosiddette “teste di carattere”, secondo una consuetudine consolidata dai maestri Carracci. La testa di fanciulla con turbante di Francesco Stringa è talvolta segnalata come Sibilla, e può essere considerata un eccellente esempio di restituzione naturalistica ed espressiva di un volto femminile. L’identificazione con il soggetto iconografico della Sibilla risulta secondario e meno condiviso dalla critica poiché l’atteggiamento della fanciulla non sembra profetico. La postura aggraziata della giovane e la dolcezza del suo sguardo divengono pertanto elementi che uniscono vero e ideale in un modello di pittura seicentesca in cui la realtà si dà con puntualità descrittiva ma anche con forza evocativa.
Descrizione dell’opera:
Per una buona restituzione al tatto della bellezza morbida della Testa di fanciulla con turbante, la traduzione tridimensionale del dipinto presenta rilievi modulati volti a garantire il riconoscimento immediato delle volumetrie del viso e dello sviluppo morbido del turbante che avvolge la testa della fanciulla. Dopo avere fatto scorrere le mani lungo lo sviluppo perimetrale del rilievo le cui dimensioni sono le stesse dell’originale, è possibile iniziare la lettura tattile sincronica e bimanuale del volto muliebre, percependo la lieve inclinazione del viso a destra del soggetto e quindi alla sinistra del lettore, e la posizione di tre quarti del busto, tagliato all’altezza delle spalle, leggibile nello scorcio prospettico che rende evidente la
spalla destra in primo piano e meno pronunciata la sinistra, poiché spazialmente arretrata rispetto all’osservatore. Il panneggio, annodato sulla sinistra del capo, quindi a destra del lettore, termina scendendo lungo la spalla della giovane.
Con una esplorazione avvolgente, di contenimento tra le mani dei volumi, si coglierà la dolcezza del volto della giovane, l’espressione riflessiva dello sguardo, la natura pronunciata delle guance e del mento con un accenno di fossetta, e infine l’eleganza del taglio della bocca, le cui labbra risultano ben disegnate e chiaramente leggibili al tatto. Nel ritratto originale la tecnica pittorica, improntata alla resa della fisicità del soggetto e ai toni bruni, è eseguita con velature e tocchi di colore sicuri che restituiscono punti di luce e ombra sul viso. Nella traduzione tattile del dipinto, questi valori pittorici sono stati trasformati in sensazioni tattili: ad esempio la natura lievemente ruvida del turbante bianco è stata restituita con una superficie meno liscia di quella che interessa l’incarnato, nel dipinto originale scaldato sulle gote da una sfumatura rosata, mentre lo sfondo scuro e indefinito è stato restituito con effetti di testurizzazione della superficie funzionali a dare il senso di uno spazio unificato nella penombra, volutamente indistinto. Il bassorilievo prospettico creato è infatti il risultato di una trasposizione plastica del dipinto, che mira a interpretare con cura i valori estetici di segno, forma, geometria compositiva e spazialità.
Cenni sull'artista:
Francesco Stringa nacque a Modena nel 1635 e si spense nella stessa città nel 1709. L’artista che si dichiarava allievo di Ludovico Lana, si formò sulle opere di questo maestro così come sullo studio dei celebri quadri della Galleria Estense, di cui tenne la carica di Sovrintendente dal 1661. L’artista modenese fu anche al servizio di Alfonso d’Este. Noto per le sue abilità di ritrattista, lo Stringa è ricordato soprattutto per la sua propensione a una forma di naturalismo espressivo. L'appassionata ammirazione per i grandi maestri della cultura emiliana, dai Carracci al Guercino, per giungere sino a Guido Reni, sta alla base delle sue migliori creazioni, senza che il rimando a questi modelli assuma mai un carattere di vuota esercitazione accademica. Il confronto col classicismo bolognese, ineludibile per le ambizioni culturali della corte estense, detta l’impostazione delle opere della tarda maturità.