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Datazione:
Collocazione attuale:
Tecnica e dimensioni dell'opera originale:
Tecnica e dimensioni della traduzione plastica:
Soggetto iconografico:
Nel XV secolo il ritratto diventa pratica costante degli artisti dell’età dell’Umanesimo. Le committenze, solitamente costituite da aristocratici o da membri del clero secolare, vedono nel ritratto un idoneo strumento comunicativo e celebrativo, funzionale a sottolineare carica sociale e politica del committente. Talvolta invece il ritratto acquista valore commemorativo o informativo, una sorta di documento, effigie identificativa dell’epoca. Il ritratto di Lionello d’Este recentemente restaurato presso l’Opificio delle pietre dure di Firenze sul margine superiore presenta una striscia di circa tre centimetri che non sembra originale. Lionello d’Este, secondo di tre figli di Niccolò d’Este, ricevette formazione militare sotto la guida del Capitano di ventura Braccio da Montone e culturalmente fu educato dall’Umanista Guarino Veronese. Lionello fu ottimo politico ma si distinse soprattutto nell’ambito della cultura e intrattenne rapporti epistolari con i massimi studiosi di quel tempo, tra i quali va annoverato Leon Battista Alberti che proprio su commissione di Lionello diede alla luce il trattato sull’architettura De re aedificatoria. Morì a soli quarantatre anni, nel 1450.
Descrizione dell’opera:
Lionello d’Este, figlio naturale di Nicolò III e di Stella dei Tolomei, nacque nel 1407, si spense nel 1450 e divenne Marchese di Ferrara nel 1441, alla morte del padre. Lionello è qui rappresentato nel suo profilo destro, stagliato su uno sfondo scuro, mentre nella sezione inferiore è possibile scorgere un rosaio con fiori schiusi e altri ancora in boccio. Ponendo le mani lungo i contorni del volto visto di profilo, è possibile cogliere i sottosquadri che permettono di leggere lo stacco tra figura e sfondo. Con percezione bimanuale del volto, si può avvertire subito l’acconciatura del giovane Marchese, detta a scutella, e le ciocche tagliate che seguono la conformazione della testa e della nuca. Questa particolare pettinatura, detta anche a capelliera, può essere considerata una versione della zazzera alla francese, e spesso presentava alterazioni del colore, dovute a tinture bionde. Il dettaglio potrebbe documentare in tal senso una dipendenza, per cultura e nei costumi, della corte marchionale di Ferrara da quella dei Duchi di Borgogna. Lo stile del dipinto, per preziosismo esecutivo e sensibilità grafico-pittorica, riconduce alla mano di Antonio Pisano, detto Pisanello, a cui oggi l’opera è unanimemente attribuita, e rivela nei caratteri una finezza esecutiva di ascendenza tardogotica sposata al naturalismo pittorico del primo Rinascimento. Seguendo tattilmente il profilo del volto e poi aprendo le dita delle mani, al fine di apprezzare pienamente la modulazione delle superfici del viso, anche e proprio per avvertirne la fisionomia, è possibile cogliere l’eleganza della linea della fronte, la purezza del dorso nasale lievemente arcuato, la nettezza del disegno dell’occhio del ritratto di Lionello. Seguendo la costruzione della cavità orbitale e risalendo alla conformazione dell’arco sopraccigliare, è dato cogliere un certo geometrismo mentre leggendo al tatto la bocca è possibile scorgere, nel suo taglio, la delicata volumetria del labbro inferiore. Infine: nello sviluppo di mento e mascella, è percepibile la bellezza di questo viso volitivo e fiero. L’orecchio, a lungo studiato per la sua particolarità stilistica e per il carattere stilizzato del disegno, ha un aspetto cartilaginoso. La fine stratificazione dei toni cromatici che, soprattutto dopo l’ultimo restauro, hanno rivelato la resa luminosa e quasi perlacea dell’incarnato di Lionello, denotano quando Pisanello fosse abile nella stesura degli incarnati e nella minuziosa resa dei dettagli decorativi. Il gentiluomo condottiero indossa una veste granata, che lascia scoperto il profilo della camicia bianca e una sopravveste all’italiana, in broccato, con bottoni a mezza sfera, detti coppelle, probabilmente in argento, e non di perla. La decorazione della veste, il cui disegno a palmette, nella traduzione tridimensionale del dipinto, è stata volutamente evidenziata, riecheggia le decorazioni floreali diffuse nell’abbigliamento di estrazione aristocratica quattrocentesca. Alle spalle scorgiamo un nastro intrecciato, iconologicamente interpretato quale metafora del nodo o dei lacci d’amore. Ancora non del tutto chiaro risulta il significato simbolico del roseto, molto diffuso nella pittura gotico internazionale.
Cenni sull'artista:
Antonio di Puccio Pisano, o Antonio di Pisano, o Antonio da Cereto, detto il Pisanello, è stato uno dei massimi pittori italiani esponenti del “Gotico internazionale”. La sua vita è tuttora avvolta da un alone di mistero. La sua data di nascita risulta ignota, e generalmente si fa risalire tra il 1380 e il 1395, mentre la sua morte si presume sia avvenuta tra il 1450 e il 1455. Quanto al luogo di nascita, si presume generalmente che questo fosse stato Pisa, da cui il soprannome attribuitogli, nondimeno si suppone che tale soprannome possa derivare dall’origine pisana del padre, giacché vi sono studi che attestano la possibilità che Pisanello fosse invece nato da madre veronese, nei pressi della città scaligera, precisamente a San Virgilio sul Lago. Pisanello fu acclamato da molti poeti, tra i quali Guarino da Verona, dai critici e dagli umanisti del tempo. Pisanello è noto per la pittura precisissima nel disegno e brillante nei colori. Nell’arco della sua carriera si dedicò anche a lavori di oreficeria. Tra questa produzione vale ricordare diverse medaglie commemorative sulle quali venivano rappresentate le effigi dei committenti dell’artista. La datazione del ritratto di Lionello d’Este, una delle opere più apprezzate e celebri dell’artista, si deve alla citazione del dipinto in un sonetto di Ulisse degli Aleotti, notaio della corte maggiore a Padova. Il poeta allude infatti a un certame, quindi a una gara tra Pisanello e Jacopo Bellini. Jacopo Bellini, infatti, giunto a Ferrara quando l’esecuzione dell’opera di Pisanello era stata avviata già da sei mesi, avrebbe eseguito il ritratto di Lionello e sarebbe stato giudicato vincitore della sentencia del paterno amore, riconducibile quindi al Marchese Nicolò III. Dal contesto si evince che il dipinto di Pisanello dovette essere eseguito nella prima metà del 1441. Il pittore lasciò Ferrara, per recarsi a Mantova, nell’agosto di quello stesso anno e l’episodio della gara si colloca proprio in un momento in cui il padre di Lionello era ancora a capo della città di Ferrara, prima che la sua vita si spegnesse nel dicembre dello stesso anno.