Presso la collezione del Museo tattile Anteros da alcuni giorni è visibile, e leggibile al tatto, la versione plastica dell’Annunciata di Antonello da Messina, bassorilievo prospettico progettato e realizzato dallo scultore Marco Marchesini per la Galleria Regionale in Palazzo Abatellis di Palermo, quale strumento tiflodidattico dedicato alle persone con minorazione visiva. Antonello da Messina, soprannome di Antonio di Giovanni de Antonio, è stato tra i più importanti pittori italiani e il principale pittore siciliano del Quattrocento. Raggiunse il difficile equilibrio di fondere luce, atmosfera e attenzione al dettaglio - qualità tipiche della pittura fiamminga - con la monumentalità e la spazialità razionale della scuola italiana che si era ispirata alla tradizione classica. I suoi ritratti sono celebri per vitalità e profondità psicologica.
La sua Annunciata è una variante iconografica dell’Annunciazione e prevede che lo spettatore intuisca la presenza dell’Arcangelo Gabriele, senza vederla palesata. La postura di Maria in questo inarrivabile esemplare di soggetto mariano rivela il momento in cui la Vergine riceve l’annuncio e vi risponde con un gesto della mano destra che allude tanto ad una presa di coscienza, quanto a una sospensione prodotta dalla sorpresa. L’opera è un capolavoro dotato per composizione di un solido impianto geometrico che nella traduzione plastica del dipinto si è voluto preservare. Nel riprodurre in primo piano il leggio su cui poggia il libro aperto, si è conservato l’ardito scorcio prospettico che introduce allo spazio occupato dalla Vergine, qui rappresentata con volto di fanciulla incorniciato da un manto che le copre pudicamente il capo e le spalle. La carnagione olivastra e i lineamenti raffinati conferiscono alla giovane una purezza quasi enigmatica. Gli occhi sono scuri e profondi, lo sguardo è lievemente rivolto verso il basso e velato da un’impercettibile esitazione, forse indugio o timidezza. Le labbra, delicate e sottili, risultano morbidamente serrate. Da questa immagine, quasi icona incarnata, emerge la sobria compostezza di Maria. La Vergine è solo apparentemente sola. In realtà Antonello ci pone nella condizione di percepire la presenza dell’Arcangelo Gabriele, giunto dinanzi a lei proprio per annunciarle la nascita di Gesù. Essendo fuori dalla composizione, egli si trova nella posizione in cui si trova l’osservatore. Maria è stata colta alla sprovvista: la mano destra, raffigurata con impeccabile prospettiva, appare protesa in avanti, sospesa, e sembra quasi voler fermare il messaggio dell’Arcangelo. Con quel leggero movimento della mano, Maria pare stia chiedendo silenziosamente di non procedere oltre, e allo stesso tempo sembra si interroghi già su cosa le dirà il messaggero di Dio. Antonello da Messina ha il pregio di tradurre in un gesto semplicissimo questo complesso stato d’animo. Pudica sorpresa ma anche interrogazione sembrano velare l’espressione dell’Annunciata. La pudicizia a cui la letteratura artistica fa riferimento è rivelata soprattutto dall’atto della mano sinistra che cela le membra entro il velo (o maphorion, manto che Maria usava per coprire spalle e capo). Nonostante la rapidità dell’azione, la Vergine non si scompone, anzi, la sua eleganza rimane inalterata.
Il velo che copre il collo della Vergine, qui colto in una leggera torsione, rivela una minima porzione del petto, offrendo quel tanto di superficie utile a intuire la profondità spaziale che intercorre tra velo e veste. Antonello sottopone l’intera opera a un evidente quanto severo ordine geometrico: il volto è inscritto in un ovale, il manto forma un triangolo, l’apertura del manto sul volto a sua volta forma un triangolo rovesciato, le pieghe ricadono perpendicolari.
É questo un dipinto carico di vita: perché siamo nelle fasi iniziali di un incontro, perché si sta per instaurare un dialogo, perché le movenze della Vergine sono trattenute ma espressive. Sembra di avvertire persino un sottile alito di vento che scompone le pagine del libro appoggiato sul leggio: segno dell’arrivo dell’Arcangelo che muove l’aria attorno a sé. Il leggio, delineato con una precisione che ricorda la pittura fiamminga e che presenta tarlature sulla superficie del legno, diviene qui un elemento scenico che si frappone tra l’osservatore e Maria, ma ancor più, tra Maria e l’Arcangelo Gabriele con il quale l’osservatore si immedesima.
Un accenno al colore: il rosso della tunica che si intravede sotto il manto ravviva l’azzurro del mantello, si tratta di un rosso vermiglio, simile al sangue arterioso, l’azzurro vira al verde marino e ha un’intonazione particolarissima che alcuni storici dell’arte hanno paragonato al colore del mare siciliano.
Non resta che vederla con le mani e accarezzarla con gli occhi.