La storia dell’opera italiana nell’Ottocento non è fatta solo dai grandissimi compositori e dai celebri virtuosi che hanno consentito a questo genere di viaggiare per il mondo. È fatta anche da migliaia di artisti all’epoca celeberrimi, applauditi sui palcoscenici e protagonisti di “prime” memorabili che oggi spesso abbiamo dimenticato. In questo 2016 nel quale si celebrano, insieme, il compleanno di Rossini (nato il 29 di febbraio, e quindi festeggiato solo nei bisestili) e il bicentenario del suo “Barbiere di Siviglia”, ci piace ricordare il contralto bolognese Gertrude Righetti Giorgi, alla cui eccezionale bravura è legato il successo delle “prime” del Barbiere appunto e della successiva Cenerentola rossiniana.
Celebrata durante la sua brevissima carriera, la Giorgi è stata oltre che dimenticata, confusa dai pochi suoi biografi con una sua celebre concittadina Maria Brizzi Giorgi, non solo per l’assonanza del nome, ma anche per essere entrambe state onorate e apprezzate come musiciste da Rossini e (i casi della vita) per avere spostato prima Maria e poi, alla morte di quella, Gertrude l’avvocato Luigi Giorgi.
Ma andiamo con ordine.
Gertrude nasce a Bologna nel dicembre del 1789; mostra giovanissima una predisposizione per l’arte del canto e si esibisce nei salotti e nei circoli musicali attivi in città nei primi anni dell’Ottocento, dove conosce il giovane Rossini, ospite altrettanto apprezzato in quei luoghi.
Nel 1811, ancora studentessa, interpreta a Bologna un’opera di Cimarosa prima al teatro Felicini e poi al Marsigli Rossi e una di Pilotti al Teatro del Corso. Dopo il vero e proprio debutto, avvenuto nel 1813 a Bagnacavallo con un lavoro di Pavesi, la giovane sembra avviata ad una brillante carriera. E invece si ritira dalla scene e sposa l’anziano Luigi Giorgi, popolarissimo municipalista giacobino, autore drammatico e giornalista.
La sosta dura purtroppo poco perché, tramontato il sogno napoleonico e esaurite le fortune del marito, Gertrude è costretta a ritornare sulle scene per garantire la sopravvivenza alla famiglia e, scritturata al Teatro Argentina di Roma, è la protagonista nella nuova opera di Rossini (“Il barbiere di Siviglia” appunto) il quale, richiesto dell’approvazione e memore dell’antica amicizia, avvalora la sua presenza.
“Io toccava appena l’anno 23 della mia età – scrive- La mia voce era stimata a Roma per la più bella di quante v’erano mai state sentite. Vogliosissima di far sempre il mio dovere ero diventata quasi figlia dei romani. E Rossini mi stimava moltissimo”. Tuttavia ciò non servì ad evitare il clamoroso fiasco della rappresentazione, il 20 febbraio 1816. Ricorda Rossini: “Venne l’ora di Rosina. La cantante era disposta a tutto. Salì trepidante la scala che la doveva portare sul balcone: ma i romani si aspettavano che cantasse un brano piacevole e amoroso. Quando capirono che non sarebbe stato così proruppero in fischi e schiamazzi”.
La storia ci dice che non era colpa degli interpreti, tanto che la seconda recita fu un trionfo sulle ali del quale la cantante fu chiamata l’anno successivo a Roma, al Valle, come protagonista della “Cenerentola”. Ricominciò quindi a cantare in Italia e, nell’estate di quell’anno, fu lei a portare per la prima volta a Bologna (al teatro Contavalli ) il dittico rossiniano “L’italiana in Algeri” e “Il barbiere di Siviglia”.
Straordinaria per estensione vocale e per pienezza di timbro, Gertrude riprende la sua carriera in Italia, da Roma a Venezia, dal Piemonte alla Liguria alla Toscana. Poi, improvvisamente, dal 1819 inspiegabili crisi di salute le impediscono una attività regolare e da quel momento alterna apprezzamento e trionfi a fiaschi clamorosi fino a che, nel 1822, decide di ritirarsi definitivamente dalle scene pur continuando a seguire le vicende teatrali.
E in quell’anno pubblica un libello (“Cenni di una donna già cantante sopra il maestro Rossini in risposta a ciò che ne scrisse nella state dell'anno 1822 il giornalista inglese in Parigi”), preziosa fonte di documentazione nella quale risponde a illazioni giornalistiche che in Europa si stavano spargendo su Rossini.
È l’ultimo segno che Gertrude da di sé: da quel momento scompare dalla storia del teatro e dalla vita della città, assente dalle serate musicali delle accademie e dei circoli privati.
Gertrude Righetti Giorgi morirà il 24 gennaio 1862: il mondo, la storia e la società erano ormai cambiate e i giornali non le dedicheranno che poche righe di necrologio.