Il 5 marzo, con una adesione di circa 240 partecipanti si è tenuta la settima edizione dell’incontro di formazione ed informazione, organizzato dalla Regione Emilia-Romagna in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare e rivolto ai medici, alle figure tecnico-sanitarie e alle Associazioni, ovvero a tutti gli attori coinvolti nel percorso assistenziale per le persone affette da una malattia rara.
L'Istituto dei ciechi "F. Cavazza" che da sempre opera per favorire l'integrazione e l'autonomia delle persone colpite da gravi malattie della vista, ha risposto all'invito aderendo all'iniziativa. In tema di educazione, formazione e riabilitazione sono infatti molti i servizi che l'Istituto offre al cittadino, e questo senza tralasciare l'attività di studio e ricerca nel campo della tecnologia hardware e software che ha permesso di dare vita ad ausili che, nati dai laboratori della sede di Via Castiglione 71, oggi hanno trovato ampia diffusione.
Le malattie rare sono, per definizione, patologie con una bassa prevalenza nella popolazione. In Europa, sono considerate rare le malattie che colpiscono non più di 5 persone su 10.000 abitanti. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che esistono tra le 6.000 e 7.000 malattie; nella sola Unione Europea ne sono colpite tra i 27 e 36 milioni di persone.
Nell'ambito delle malattie rare che interessano la vista, le distrofie retiniche ereditarie rappresentano una delle maggiori cause di perdita visiva severa nella popolazione giovane/adulta.
I dati riportati durante la giornata dalla Dott.ssa Nicole Balducci, oculista dell'Unità Operativa di Oftalmologia diretta dal Dott. Antonio Ciardella, del Policlinico Sant'Orsola Malpighi di Bologna, parlano di una incidenza di 1 su 3.000 con 2 milioni di persone coplite nel mondo.
La Retinite Pigmentosa, è forse la più conosciuta e si stima colpisca da 1 persona su 3.000 a 1 su 7.000; la maculopatia di Stargardt ha una incidenza minore che varia da 1 su 8.000 a 1 su 10.000; l'acromatopsia ha una prevalenza di 1 su 30.000; l'amaurosi congenita di Leber ha una prevalenza stimata compresa fra 1 su 30.000 e 1 su 80.000; la maculopatia di Best varia da 1 su 5.000 a 1 su 67.000.
Nella sua ultima lettera Ghoete scrisse: "Gli antichi dicevano che gli animali apprendono dai loro organi; io vorrei aggiungere che altrettanto fanno gli uomini, i quali tuttavia hanno il vantaggio di insegnare, a loro volta, ai loro organi”. Queste parole, scritte nel 1832 possono ben descrivere il concetto di riabilitazione che non è altro che il frutto dell'apprendimento di nuove strategie, in risposta al cambiamento che ha portato ad una condizione di handicap.
I percorsi che si possono seguire all'interno dell'Istituto Cavazza sono personalizzati e all'insegna della multidisciplinarità. La modalità di approccio deve contemplare
diversi elementi, il primo dei quali è l'età di insorgenza della malattia.
Un deficit visivo grave insorto nei primi anni di vita può avere ricadute sullo sviluppo armonico del bambino interferendo in maniera significativa anche sull'assetto
personalistico e nella sfera relazionale. Un deficit insorto in età adulta o senile invece pregiudicherà soprattutto il processo di inclusione lavorativa o più in generale, il mantenimento dell'autonomia domestica e della propria indipendenza.
La tipologia del difetto visivo delineerà poi gli ambiti dell'intervento; in presenza ad esempio di una riduzione del campo visivo laterale (come nel caso della Retinite Pigmentosa), si lavorerà principalmente per migliorare le capacità di orientarsi e muoversi nello spazio.
In presenza di un difetto della visione centrale, come nel caso della maculopatia, l'approccio sarà invece rivolto al recupero di attività quotidiane come la lettura e la scrittura.
La collaborazione con l'oculista è sempre fondamentale, la diagnosi e la prognosi, ovvero la previsione sul probabile andamento della malattia, sono le fondamenta su cui si ergerà il progetto riabilitativo. Alla consulenza protesica, tiflologica e tiflopedagogica si affiancherà anche, quando necesario, una indicazione riabilitativa.
In questo ambito, l'Istituto è fra i pionieri del concetto di riabilitazione visiva domiciliare che, dove attuabile, permette di ridurre i disagi legati ai faticosi spostamenti necessari al paziente per seguire i trattamenti.
Una tecnologia oggi più "friendly" facile da utilizzare e quindi maggiormente accettata anche da chi non ne ha mai usufruito in precedenza, rappresenta la nostra scommessa per il futuro.
Per questo i nostri tecnici e ingegneri sono quotidianamente impegnati nel testare, studiare e progettare nuove soluzioni che possano migliorare la qualità della vita di quanti si trovano ad affrontare una condizione di cecità e ipovisione.