Dare corpo ai sogni

La vita in movimento di Giuseppe Comuniello
Silvia Colombini

A poco più di trentacinque anni, Giuseppe Comuniello sembra aver vissuto mille vite. Pasticciere, appassionato motociclista, nel 2007 viene colpito da retinite pigmentosa congenita. La malattia che, con il passare del tempo lo ha privato del tutto della vista, è stata il trampolino che ha lanciato Giuseppe in una nuova vita. Sostenuto dalla famiglia e dalla sua forza d’animo, a 28 anni torna a scuola e impara come vivere senza l’ausilio degli occhi. Poi si dedica allo sport e, allenamento dopo allenamento, diventa campione di nuoto. Partecipa con successo ai campionati a squadre con il comitato paraolimpico e a quelli italiani assoluti per non vedenti, conquistando medaglie d’oro e d’argento. Se l’acqua è il suo elemento, tanto che è anche un subacqueo esperto, Giuseppe scopre il potenziale espressivo del suo corpo anche nello spazio, diventando un affermato danzatore. Sotto la guida del coreografo fiorentino Virgilio Sieni, diventa protagonista di spettacoli di successo con compagnie di danzatori non vedenti e vedenti professionisti. Poi, insieme a Gaia Germanà (MUVet) da vita a una serie di laboratori ed incontri, proprio negli spazi dell’Istituto Cavazza, sul tema della trasmissione del gesto.

Perdere la vista in età adulta significa, in qualche modo, ricostruire la propria esistenza in una nuova prospettiva, sia da un punto di vista fisico che psicologico. Tu come hai fatto?

Penso che proprio questo dover ricostruire sia stato la mia plusvalenza. Ero talmente preso da quello che dovevo imparare e quanto potevo dare, visto il mio passato, che non mi ha fatto cadere in brutti percorsi di disperazione e depressione. La mia fortuna è che quando ero proprio a terra ho incontrato delle persone fantastiche che hanno saputo darmi la giusta spinta facendo leva non sulla comprensione, ma sul mio spirito di competizione e, forse, sul mio ego.

Giuseppe Comuniello - foto di Sonia Maccari

Che significato ha per te il movimento nell’acqua e nello spazio?

Sono curioso, mi sento ancora un bambino che ha cominciato solo ora a capire quanto il nostro corpo può fare e può dare agli altri in fatto di movimento. Nel caso della danza poi, può esprimere e può far vivere momenti particolari anche agli altri. Con questa grande consapevolezza mi lancio in tutto quello che non conosco sperimentando su me stesso esperienze introspettive particolari che mi arricchiscono. Dovendo fare mille cose, mi sono accorto che tutto mi ha dato qualcosa e che questa moltitudine di sensazioni posso utilizzarla proprio nella danza , anche quando devo tenere dei laboratori.

Con la tua attività professionale di danzatore esprimi una capacità di raccontare il mondo che raggiunge anche il pubblico non vedente. Come partecipano gli spettatori ai tuoi spettacoli?

Portandoli nel mio mondo che cerco di ricreare sul palco. Quando, parlando con le persone, mi dicono che si sono sentite strappare via e hanno fatto un viaggio con me, sono al settimo cielo.

La nostra società, nonostante le nuove tecnologie che potenziano la comunicazione, sembra aver perso la capacità di ascoltare l’altro in profondità. Quale consiglio per riuscire a entrare in contatto davvero da chi, come te, ha la capacità di amplificare la sua percezione attraverso il movimento?

Dobbiamo riscoprire quanto è bello potersi toccare e ascoltare le emozioni degli altri che passano dalla pelle, non soffermandosi solo a quelle trasmesse da espressioni puramente visive. Quando abbiamo rapporti molto stretti con altri individui, è normalissimo toccarsi e, anzi, quanto piacere ci porta questo. Invece, con altre persone non lo facciamo, anzi, cerchiamo di evitare.

Il corpo è forse ancora l’unica parte dell’uomo capace di esprimere in maniera autentica la sua identità. Come possiamo imparare ad ascoltare quello che ci dice?

Credo che la cosa meravigliosa del corpo, inteso come entità che vuole esprimere e vuole anche essere emozionato, è che non può mentire, è sempre vero e diretto. Per questo dovremo trovare un modo che sia danza o qualunque altro sistema per far si di ricomprendere il nostro corpo come ossa, muscoli, tendini, ma anche come energie che ci scorrono attraverso.

Nel film Billy Elliott, il giovane protagonista ballerino per spiegare le sensazioni che prova quando danza dice : “…é come se sparissi..Cioè, sento che tutto il corpo cambia, ed è come se dentro avessi un fuoco, come se... volassi. Sono un uccello. Sono elettricità. Sì, sono elettricità.”. E tu?

Io invece mi sento di viaggiare con la mente, andare via, non esiste più il gesto o movimento da fare. Quello è già nel mio corpo, che lo fa in autonomia e la mente, invece, si gode il momento spaziando. Quando riesco a percepire questa situazione, allora anche da fuori cambia tutto, gli spettatori, o i compagni, sentono davvero qualcosa di particolare che inonda lo spazio e trascina.

Come non vedente, hai incontrato difficoltà nel tuo percorso professionale?

Difficoltà no, solo che, naturalmente, quando si parla di cose nuove mai provate, c’è paura anche da parte di chi si approccia a me, per insegnarmi o per capire il mio lavoro. Ma non le chiamerei difficoltà, anzi al contrario sono stimoli per me per far capire quanto ci tengo alla danza sotto i suoi mille gusti.

Cosa consigli ai giovani che vogliono intraprendere la tua carriera?

Consiglio di lanciarsi, di provare a sentirsi, anche, ridicoli e mettersi un po’ a nudo.

Progetti per il futuro?

Continuare in questa direzione che per ora mi ha portato pian piano, quasi senza accorgermene, a viaggiare e mostrare il mio modo di danzare in giro per il mondo, facendomi influenzare e, spero anche ad influenzare, molte persone che lavorano nell’ambito dell’arte in generale.

 

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