L’itinerario nei ‘teatri scomparsi’ di Bologna, iniziato con la narrazione delle vicende del teatro Zagnoni, riprende col Teatro del Corso, attivo in via Santo Stefano da inizio 800 fino alla seconda guerra mondiale. Di proprietà di Giuseppe Badini, il teatro è costruito in stile neoclassico su progetto dell'architetto Francesco Santini, ha pianta ellittica, 99 palchi in 4 ordini, loggione, caffè, appartamenti "di rappresentanza" e un albergo, che accoglie artisti e personaggi illustri. Inaugurato il 19 maggio 1805, ospita il 20 giugno addirittura Napoleone Bonaparte e da quel momento propone ogni anno compagnie di prosa e d’opera, ma anche spettacoli circensi e di arte varia, conuna programmazione che prevede lavori di Paer, Martini, Pavesi, Mayr, Zingarelli, Gnecco, Gioja, Mosca, Guglielmi, Farinelli, Brunetti, Mercadante. Ma anche di Mozart, di Bellini e di Rossini, musicista che ha col teatro un legame speciale. Oltre ad essere infatti uno degli autori più rappresentati, ricordiamo che nel teatro del Corso il Pesarese esordisce come cantante nel 1806 nella Camilla di Paer e passa non pochi guai nel 1811 quando come maestro al cembalo si procura una denuncia alle autorità a causa degli accesi battibecchi con orchestrali e coristi. Inoltre il suo L'equivoco stravagante, pur godendo di discreto successo viene sospeso dopo poche recite perché il libretto viene ritenuto “licenzioso”.
Dopo alterne fortune e grandi ‘prime’ (ricordiamo nel 1906 quella del "Il cardinale Lambertini" di Alfredo Testoni con Ermete Zacconi), il teatro rimane chiuso per lunghi anni e riapre le sue sale nel 1925 per dedicarsi quasi esclusivamente alle commedie in dialetto proposte dalla Compagnia del Teatro Bolognese.
Passano solo vent’anni e arriva il giorno fatidico, il 29 gennaio 1944, quando durante le prova del Barbiere di Siviglia la città viene bombardata: gli orchestrali e il maestro Adolfo Alvisi si salveranno miracolosamente e le rovine del teatro saranno utilizzate dagli sfollati come rifugio.