Negli ultimi numeri di Vedere Oltre è stato avviato un percorso di indagine mirato ad individuare le nuove esigenze dei settori della società più esposti alla crisi del welfare, acuita dalla pandemia. Le fondazioni bancarie da tempo, in virtù della propria genesi e funzione istituzionale, assumono un ruolo da protagoniste nelle realtà locali in cui insistono. Abbiamo pertanto chiesto alla Presidente della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, la Prof. ssa Giusella Finocchiaro, in tale veste ma anche quale docente di diritto di internet della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Bologna ed avvocato specializzato in diritto della nuova tecnologia e privacy, una sua opinione sulle ricadute che il Covid-19 ha già spiegato sulla nostra società e sull’economia.
Presidente Finocchiaro, la pandemia che da oltre un anno ha investito tutti noi ha indotto anche ad un ampliamento dello spettro dei settori in cui intervengono i numerosi progetti che vengono sottoposti al vaglio della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna per ottenere finanziamenti o rimangono i medesimi?
Nel rispondere a questa domanda occorre fare una premessa generale. La nostra Fondazione, per norma statutaria, individua con cadenza triennale i cosiddetti “settori”, ma meglio sarebbe dire “ambiti di intervento” verso cui indirizzare la propria attività. Nel caso specifico questi sono la solidarietà sociale e le attività non profit in materia di servizi e politiche sociali, la salvaguardia e lo sviluppo del patrimonio artistico e culturale delle province di Bologna e Ravenna e il sostegno alle iniziative delle istituzioni culturali che vi operano, il sostegno alla ricerca scientifica e tecnologica, nonché a quella rivolta alla salvaguardia e sviluppo della salute pubblica ed infine lo sviluppo delle comunità locali. È facile intuire che l’ampiezza del perimetro entro il quale si colloca l’azione della Fondazione non ha reso necessari re-indirizzamenti o aggiustamenti durante l’emergenza. Abbiamo invece cercato di essere molto vicini alle nostre Comunità, pronti a cogliere i loro bisogni e a fornire una risposta tempestiva. Un esempio su tutti: il giorno 11 marzo 2020 il Consiglio di Amministrazione ha deliberato un contributo di 500.000 euro per il Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna e per l'Ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna. La somma è stata impiegata nell’acquisto di macchinari e di letti per il potenziamento dei reparti delle Terapie intensive. Successivamente, e proprio a partire dalle azioni di primo contrasto intraprese sollecitamente per fronteggiare l’emergenza, ci si è concentrati sul supporto alle fragilità sociali aggravate dalla pandemia, con numerose iniziative dirette ad anziani, a persone con diversa abilità o con patologie croniche e ai nuclei familiari. Nell’estate 2020 è stata lanciata la call "Che faranno i nostri bambini e i nostri ragazzi quest'estate?" per la quale sono stati destinati 150.000 euro per realizzare attività rivolte a bambini e ragazzi con l’obiettivo di sostenere anche i genitori nel momento del rientro al lavoro post lockdown e fino alla riapertura delle scuole.
Alla luce delle politiche di rigore finanziario che da anni l'Italia è chiamata a rispettare, con conseguente inaridirsi delle risorse da distribuire, ritiene che lo Stato debba rimanere l'attore principale del welfare, nell'erogazione dei servizi minimi essenziali nonché nel finanziamento degli enti che suppliscono ad eventuali carenze strutturali, soprattutto a livello locale, o debba, invece, essere rivendicato un ruolo sempre più rilevante dai privati, siano enti no profit che società con fini di lucro?
Nel corso degli ultimi anni della loro storia le fondazioni di origine bancaria sono state sottoposte a spinte divergenti da un lato in direzione di un netto allontanamento dalle banche conferitarie dall'altro lato, con la messa in campo di azioni a supporto del sistema bancario stesso ma anche più in generale dell'economia del Paese in un momento di emergenza. Il ruolo oggi delle fondazioni di origine bancaria è quello a supporto e a sostegno del territorio sul quale insistono, preservando la propria autonomia e nell'osservanza piena del principio di sussidiarietà, in vista della ricostruzione di un sistema di welfare che oggi è disgregato. È dunque evidente che laddove non si riescono ad affrontare, per scelta o per impossibilità oggettiva, alcuni problemi riguardanti il tessuto sociale ed economico di una comunità, sono le fondazioni di origine bancaria che possono e devono intervenire facendo sistema, mettendo a disposizione idee e risorse, coinvolgendo le comunità e mettendo insieme le forze del territorio. Solo così si potrà rispondere meglio ai bisogni delle persone e delle famiglie. Nell'esperienza della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna tutto ciò avviene attraverso la prossimità e la connessione con il proprio territorio, unitamente ad una sempre crescente capacità di ascolto delle istanze sociali. In ragione di ciò, anche la nostra Fondazione ha assunto una nuova fisionomia, configurandosi sempre più come protagonista delle politiche di welfare, con l’obiettivo di fungere da coordinamento e stimolo fra soggetti privati e verso il mondo del pubblico ed evolvendo da un modello erogativo ad un modello partecipativo, assurgendo a parte attiva nell’elaborazione ed attuazione di scelte fondamentali sul territorio. Di questo sono riprova progetti storici come INS- Insieme nella scuola, iniziativa finalizzata a ridurre l’abbandono scolastico tra gli adolescenti e a promuovere pari opportunità, e, in generale, tutti gli interventi educativi e formativi che coniugano integrazione e innovazione, focalizzando l’attenzione sui giovani quali protagonisti nella creazione di capitale umano ed intellettuale indispensabile per lo sviluppo e la modernizzazione del Paese. Penso che le fondazioni di origine bancaria siano sempre più destinate ad accentuare questo loro ruolo e queste loro finalità, divenendo sempre più rilevanti sotto il profilo della capacità di promuovere condizioni o innescare processi volti alla prevenzione o al superamento delle diseguaglianze sociali.
La pandemia continuerà a provocare effetti dirompenti sull'economia e sulla società. È possibile, tuttavia, affermare che indurrà cambiamenti positivi, accelerando processi innovativi altrimenti destinati a tempi più lunghi?
L’imprescindibile consapevolezza dei profondi mutamenti causati dal perdurare della pandemia è necessariamente il punto di partenza sulla cui base avviare qualsiasi riflessione sul come ripartire.
È del tutto prevedibile che sarà causa nel medio-lungo periodo di gravi sofferenze economiche, di difficoltà occupazionali e di tensioni finanziarie. Obiettivo prioritario sarà contrastare le già marcate diseguaglianze economiche e sociali causate dalla crisi del 2008. Gli strascichi economici dell’emergenza sanitaria causeranno infatti un aumento importante dell’incidenza della povertà e, al peggioramento della situazione di persone e famiglie che già prima dell’emergenza erano in una situazione di vulnerabilità, si aggiungerà il problema della perdita del lavoro stabile a causa della crisi e del conseguente rischio di rapido scivolamento di nuove famiglie nell’area della fragilità. Occorrerà pertanto garantire una risposta rapida e flessibile ai bisogni delle comunità, sostenendo iniziative che favoriscano la ripartenza, la rielaborazione e l’adattamento. Ci piace immaginare che l’approccio alla programmazione dei prossimi anni punti a gestire in maniera ordinata un’ineludibile “navigazione a vista” tra i bisogni del territorio, non focalizzandosi in via esclusiva su strategia e sistemicità, ma mettendo a valore quegli aspetti che sono risultati fondamentali nell’approccio alla prima fase pandemica - e che nel nuovo scenario risultano ancor più preziosi - come la capacità di attivare reti di collaborazioni e il coinvolgimento di tutti gli stakeholders. Ritengo che la crisi globale abbia ancora una volta evidenziato il significativo portato di innovazione e di efficacia intrinseco alla modalità dell’agire “insieme con”, accelerando il processo di promozione di reti di sostegno che incidono sul tessuto locale. La prossima sfida consisterà nella creazione di sistemi di erogazione dei servizi che siano in grado di integrare in modo virtuoso le risorse disponibili (non necessariamente solo economiche) sia pubbliche che private, favorendo l’attivazione di tutti i soggetti presenti nei territori (non profit, cittadini, aziende, ecc.) in un’ottica di apertura e d’interazione con le dinamiche del contesto più ampio, ove possibile estendendole anche ad un livello territoriale nazionale e internazionale.
La Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna ha consentito all'Istituto Cavazza la realizzazione del progetto "Limitless", un innovativo percorso di abilitazione all'uso delle risorse digitali per migliorare l'autonomia delle persone ipovedenti e non vedenti con più di 65 anni. Ritiene che l'ausilio delle risorse digitali per le persone disabili sia un ambito di azione degno di ulteriori stimoli ed approfondimenti, anche in relazione alle tematiche del trattamento dei dati personali sempre più rilevanti?
Si tratta di una delle nuove sfide emerse in questi ultimi mesi: l’emergenza Covid-19 ha enfatizzato il tema dell’isolamento sociale per la fascia di popolazione più anziana, soprattutto se fragile o affetta da patologie croniche. Questo ci ha sollecitato ad intervenire a sostegno di numerosi progetti incentrati su percorsi di alfabetizzazione informatica, finalizzata all’accrescimento delle competenze digitali, sia come supporto nella vita quotidiana, sia come mezzo per la socializzazione a distanza. L’obiettivo ultimo di tutti gli interventi è quello di mettere le persone al centro, rendendole autonome nella comunicazione e sostenendone la relazione sociale, in ultima analisi restituendo loro quel ruolo che pareva essere andato perduto a causa di isolamento e distanziamento.
Presidente Finocchiaro, con le Sue esperienze personali e professionali costituisce un trait d'union tra settori determinanti quali la cultura, l'educazione, la giustizia ed il sistema finanziario: ritiene che l'Italia possa assumere un ruolo da protagonista nell'epoca "post Covid"?
Certamente, a patto che sappia puntare su una visione aperta, solidale e incline all’innovazione!