Le colline che circondano Bologna sono famose per la loro bellezza. Rappresentano un’oasi naturale di ristoro e di dolcezza per i cittadini che, con la bella stagione, a una distanza di pochi chilometri dal centro trovano fresco, aria buona e pace. In tempo di guerra, però, anche su quelle colline sono accaduti eventi tragici. Dopo l’estate che seguì la caduta del Fascismo, il 25 luglio 1943, i tedeschi diedero il via all’Operazione Acshe. Pianificata per evitare una defezione italiana dalla guerra ancora in corso, trasformò l’Italia in un campo di battaglia senza risparmiare neppure i piccoli centri. Tra questi, il Comune di San Lazzaro di Savena, alle porte di Bologna. Il paese venne occupato dai soldati tedeschi, che stabilirono il loro quartier generale sui colli della Croara, a Villa Rusconi-Rizzi, mentre il Partito Fascista Repubblicano requisì gli uffici comunali. Tali soprusi scatenarono gli animi degli abitanti che cercavano con ogni mezzo di sostenere l’esercito clandestino della Resistenza e che, per questo, venivano puniti spesso anche ingiustamente. A pochi chilometri da San Lazzaro, nella frazione di Pizzocalvo, il 3 luglio 1944 accadde un episodio terribile. I fascisti delle cosiddette “brigate nere” e i soldati tedeschi delle SS arrivarono in quelle campagne a bordo dei camion. Casa per casa, campo per campo, andarono a rastrellare gli uomini che ritenevano collaboratori e combattenti della Resistenza.
Civili, contadini, padri di famiglia: Ernesto Fini, Ermenegildo Giardini, Vittorio Giardini, Nerino Lolli, Antonio Marzaduri, Augusto Marzaduri, Guido Minarini e Luigi Nannetti. Otto uomini, otto vittime, otto vite sparite nel nulla. Già, perché dopo essere stati brutalmente strappati alle loro famiglie, vennero assassinati e seppelliti in segreto. La versione ufficiale diffusa dalle autorità diceva che erano stati portati a Carpi per esser trasferiti in Germania ma che, durante il trasporto, avevano tentato la fuga ed erano stati fucilati. I corpi, in realtà seppelliti in un fosso nei dintorni della Croara, vennero scoperti solo al termine della guerra. Degli otto Martiri di Pizzo Calvo, nessuno aveva mai manifestato posizioni estremiste. Lavoratori semplici, che non si interessavano di politica. Certo, probabilmente non avevano una particolare simpatia per il nazifascismo come la maggior parte dei loro concittadini, con l’unica colpa di essere caduti in una vendetta di elementi facinorosi del luogo.
A commemorarli, c’è una lapide e una stele, ad opera dello scultore Luigi Mattei. Il territorio di San Lazzaro di Savena fu bombardato duramente il 15 aprile del 1945 dalla Forza Aerea degli Stati Uniti lasciando, alla conclusione del confitto, un’area priva di infrastrutture, campi, acquedotti, elettricità. Un’area, un paese, un piccolo mondo devastato.
Tante le vittime, tra civili, partigiani e caduti in battaglia. Un numero sempre troppo alto, a cui aggiungere gli otto innocenti di Pizzocalvo, dimenticati per troppo tempo, strappati brutalmente dai loro affetti, vittime che è bene ricordare perché certe ingiustizie non si ripetano mai, mai più.