Malinconia e creazione

Vivere la fase del tormento interiore, generato dal dubbio, attraverso il furor melancholicus
Loretta Secchi

In un celebre saggio intitolato Saturno e la Melanconia, Saxl, Klibansky e Panofsky sviluppano il tema della melanconia sviscerandone le possibilità interpretative. L’indagine è spinta sino alla definizione della sopravvivenza della concezione aristotelica di melanconia nel pensiero medievale e alla rivalutazione del principio di genio nel Rinascimento, individuando la fonte alla quale Albrecht Dürer attinge i contenuti iconografici della sua celebre incisione Melencolia I, del 1514: l’Occulta philosophia di Agrippa di Nettesheim. La condizione melanconica corrisponde nel pensiero ermetico alla Nigredo, fase della materia al nero. Tale condizione coinvolge l’artista ancor più del filosofo o del teologo, perché l’artista vive la fase del tormento interiore, generato dal dubbio, attraverso il furor melancholicus. Da questa angoscia che lo rende apparentemente inerte, l’energia affiorerà come potenza in atto per rispondenza tra azione “esterna”, esercitata sulla materia e sublimazione “interna”, basata sui principi esoterici. La borsa vuota, tra le vesti della donna, personificazione della Melancholia, allude alla conquista dell’oro metafisico; pienezza spirituale che attende di concretizzarsi mediante le quattro fasi alchemiche che porteranno l’anima al perseguimento dell’opus. Le ali alludono al risveglio dal torpore e dalla pesantezza della terraneità e sono funzionali all’ascesi quanto la scala che scopre quattro pioli e ne possiede sette: quattro, luogo del manifestato, del visibile, e tre, spazio ignoto dell’invisibile, dell’immateriale.Melencolia I - Albrecht Dürer 1514 incisione, dimensioni 23,9x18,9 cm., Staatliche Kunsthalle Le chiavi, qui rappresentate nel numero di quattro, rappresentano i passaggi, le possibilità di accesso alla perfezione, strumenti senza i quali resta preclusa l’iniziazione. Così il serto vegetale che cinge il capo della donna, interpretato come palliativo contro l’umore melanconico, se letto in chiave alchemica diventa preludio all’ascesa, allusione al futuro coronamento dell’opus e riferimento al raggiungimento della luce dopo l’oscurità della nigredo. Il quadrato magico, palindromo, conduce sempre al numero trentaquattro. Nuovamente accostati, tre e quattro ripropongono i principi della numerologia alchemica. Clessidra e bilancia, strumenti per la misurazione, insieme alla campana si collocano sulla torretta, riferimento all’athanor: fornace nella quale si compie la sublimazione della materia. Nell’incisione di Albrecht Dürer la campana allude ad una scadenza, la bilancia è lo strumento con il quale l’alchimista pesa gli elementi, la clessidra scandisce il tempo e segna le tappe del processo alchemico. Il compasso, la ruota della macina e la sfera sono i simboli della circolarità, poiché scopo dell’alchimia è restituire il mondo sensibile e parziale all’unità. Anche il cane, acciambellato, potrebbe essere un richiamo alla circolarità secondo il principio dell’ouroboros: emblema del tempo circolare. L’immagine evoca il cammino dell’alchimista: dalla condizione cupa del volto adombrato all’attesa luce dell’intuizione rivelatrice. Così il pipistrello che si staglia contro un cielo cupo, striato dall’irraggiamento del sole, caldo e asciutto: forse proprio quel sole alchemico che si oppone al principio lunare dell’umidità e dell’oscurità. Il poliedro irregolare, parallelepipedo tagliato in modo imperfetto, emblema della quadratura del cerchio e romboide che incarna la geometria descrittiva, la stereografia e la prospettiva, quali pratiche del “lapicida” che si approssima alla perfezione divina, appartiene all’azione che segue la cogitazione, emulando i principi della suprema geometria, ostacolati dalla materia sensibile che risponde asimmetricamente all’azione imposta dall’uomo.

Ma anche l’idea della pietra, lento percorso che precede l’opera, riconduce al Lapis, o pietra dei filosofi, risultato finale, compiutezza che muove dal punto di partenza dell’opus: il momento della melanosi o nigredo, stasi angosciante e fase plumbea. La scarnificazione della materia si verifica mediante il suo martirio, unica via per liberare idea e anima dalla pesantezza del mondano, attraverso la rarefazione della fisicità.

 

 

 

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