I mendicanti ciechi di Johannesburg

Mendicare in Africa non ha lo stesso significato che ha in Europa, ma il fatto di essere un migrante senza permesso complica la vita
Nicola Rabbi

Gift Mubambiki suona una tastiera in mezzo al traffico caotico di Johannesburg, la principale metropoli del Sudafrica e ha davanti a sé un piattino per le elemosine. Ogni mattina percorre i due chilometri che lo separano dalla sua abitazione fino a questo angolo di strada nel centro città, lo fa da dieci anni, è un mendicante cieco. È emigrato dallo Zimbabwe, lo Stato africano situato a nord del Sudafrica, per motivi economici: “Stavo finendo gli studi ma a un certo punto non ho più potuto pagare le tasse scolastiche, così sono partito perché molti altri ciechi prima di me l’avevano fatto. Mi dicevano che qui era più facile vivere e che forse avrei trovato i soldi per terminare i miei studi”. Hanno calcolato che in città ci sono circa 600 mendicanti ciechi, tutti provenienti dallo Zimbabwe. Gift abita in un edificio fatiscente dove vivono altre persone nelle sue condizioni. Mendicare in Africa non ha lo stesso significato che ha in Europa, è più comprensibile e chi lo fa non viene disprezzato, ma per Gift il fatto di essere un migrante senza permesso gli complica la vita. Due mani di un bambino di colore sono appoggiate su un tavolo di legno consumato. Le mani stanno componendo una scrittura in Braille su una matrice di plasticaNon ha diritto ad alcun tipo di assistenza, per la casa, per le cure mediche, per il lavoro e in più, periodicamente, i sentimenti xenofobi dei sudafricani si scatenano contro gli zimbabwani. Nonostante tutto rimane, perché, anche se quel che guadagna non gli permette di finire la scuola, però gli basta per vivere in un grande Paese dove l’economia è comunque in crescita e le persone hanno degli spicci da dargli. La storia di Gift è simile a quella di molti altri, anzi in alcuni casi sono storie ancora più complesse perché i ciechi migranti vengono assieme alle loro famiglie, con minori che non hanno alcun diritto allo studio e all’inclusione nella società sudafricana. Oltre a chiedere l’elemosina, le altre risorse per affrontare la vita vengono da ong straniere e soprattutto dalle stesse persone con disabilità che provenendo dalla stessa regione, fanno gruppo, si organizzano cercando una casa in comune e aiutandosi l’uno con l’altro.“The blind beggar” è uno dei più noti pub di Londra, per le nostre strade europee è difficile imbattersi in mendicanti ciechi, che sono oramai relegati nei romanzi di Dickens dell’800, ma a Johannesburg invece esistono ancora e per molti è una salvezza. Così da 10 anni Gift Mubambiki percorre i suoi due chilometri e si mette in un incrocio nel centro, comincia a suonare la sua pianola e aspetta che la sua tazzina si riempia di monetine.

 

Apriamo gli occhi sull'Africa

La situazione per le persone cieche nel continente Africano

 

Se per una persona non vedente in Europa avere un lavoro, una famiglia, occasioni sociali, sono obiettivi difficili da raggiungere, le cose diventano molto più complicate per un cieco che vive questa situazione in Africa. Nel continente sono presenti 5.9 milioni di ciechi (il 15,3% del totale nel mondo) e altre 20,4 milioni di persone hanno problemi alla vista. Le cause che portano alla cecità o all’ipovisione sono diverse da quelle europee: la cecità infantile dovuta alla cattiva alimentazione (mancanza di vitamina A), il tracoma causato da un’infezione batterica, l’oncocercosi causata da una malattia infettiva dovuta a dei parassiti, la semplice cataratta. Citiamo solo le principali cause, accomunate dal fatto che potrebbero essere tutte curate se trattate in tempo. Ma in Africa, anche se molti Paesi conoscono una classe media quasi paragonabile alla nostra, gli strati della popolazione povera sono significativi e sono proprio loro a essere esclusi dalla prevenzione e dalle cure mediche.

 

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