Prosegue il percorso di indagine teso ad individuare le nuove esigenze avvertite dai settori della società più esposti alla crisi del welfare, acuita dalla pandemia. Viene in questo numero chiesta l’opinione a Virginio Merola, già sindaco di Bologna nell’ultimo decennio, sul ruolo che il Comune svolge e può svolgere a favore dei più bisognosi di un ausilio, che sia economico, sociale o educativo.
Virginio Merola, alla luce delle politiche di rigore finanziario che da anni l’Italia è chiamata a rispettare, con conseguente riduzione delle risorse da distribuire, ritiene che gli enti locali debbano rivestire un ruolo ancora più incisivo a favore dei propri cittadini, dall’erogazione dei servizi minimi essenziali al finanziamento degli enti che suppliscono ad eventuali carenze strutturali, o debba, invece, esigersi un ruolo più partecipativo in capo ai privati, che siano enti no profit o società con fini di lucro?
A Bologna abbiamo dimostrato da anni che il binomio pubblico e privato funziona perché non si è mai tradotto in un disimpegno del pubblico che, anzi, ha continuato con il suo ruolo di indirizzo e regia. In questa città, anche grazie a un bilancio in ordine, abbiamo potuto attuare politiche pubbliche importanti, penso ad esempio al piano “Mille case per Bologna”. Non si tratta di esigere ma di collaborare in un'ottica di lavoro di squadra che in questa città ha sempre fatto la differenza.
La pandemia sta ancora dispiegando effetti dirompenti sull’economia e sulla società. Ritiene che da tale contingenza possano registrarsi anche cambiamenti positivi, accelerando processi innovativi altrimenti destinati a tempi più lunghi?
Abbiamo avuto molte dimostrazioni di come la pandemia abbia innescato con più velocità i cambiamenti: nella mobilità ad esempio, con una richiesta e un utilizzo maggiore della bicicletta e di altri mezzi sostenibili. Con la richiesta di spazio maggiore per le case e, anche negli edifici pubblici. Un esempio: le scuole che il Comune costruirà e che sono già previste a piano investimenti, terranno conto di questa maggiore richiesta di spazio, anche delle parti esterne.
Bologna è una città che ha fatto dell’accoglienza e della cura dei più deboli un bastione, rendendo le proprie mura centenarie simbolo di protezione e non di chiusura. Nei suoi dieci anni di governo, ritiene che Bologna sia cambiata, magari mutuando innovazioni registrate nel resto d’Italia o in Europa, o abbia mantenuto una sua specificità che la rende unica in Italia?
Io credo, e l'ho detto più volte, che Bologna sia un ossimoro vivente: una città che sa innovare nella tradizione. Un paio di esempi: il regolamento per la gestione dei beni comuni e i patti di collaborazione che rinnovano la tradizione di una cittadinanza attiva e pragmatica. Sono innovazioni amministrative che tanti altri comuni in Italia hanno preso a modello.
Gli interventi del Comune e della Città Metropolitana a favore dei cittadini più in difficoltà sono stati numerosi: quale rivendica con maggior piacere e soddisfazione e quale, invece, avrebbe desiderato vedere realizzato, senza che tuttavia abbia potuto effettivamente concretizzarsi?
Penso alla pandemia e agli stanziamenti che siamo riusciti a mettere in campo, ad esempio per i buoni spesa, raddoppiano i fondi del Governo. Un aiuto concreto in un momento di estremo bisogno. Ma ci sono tanti altri interventi che hanno fatto la differenza come la manovra di tarda primavera a favore di famiglie e imprese per sostenere la ripresa post covid. A livello metropolitano non posso non menzionare "Insieme per il Lavoro", un progetto che funziona e che ha permesso a tante persone di ritornare stabilmente nel mondo per lavoro.
In molti le riconoscono un ruolo di guida discreta ma presente, capace di alzare la voce ma solo quando davvero occorreva.
Quanto tale atteggiamento corrisponde al suo carattere e quanto, invece, è specchio del rispetto dell’istituzione?
Rispondo con poche parole. Credo che il mondo si divida tra chi fa le cose e chi se ne prende i meriti. Io credo di appartenere alla prima categoria, e ne sono fiero.
Infine, le chiedo di evocare un’immagine, un ricordo o un’emozione che l’abbiano investita nell’arco dei suoi due mandati e che ritenga possa riassumere plasticamente la sua esperienza quale sindaco di Bologna.
Impossibile dimenticare la visita di Papa Francesco a Bologna come quelle di ben due presidenti della Repubblica – Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella -. In dieci anni i momenti sono stati tanti, non è facile scegliere... Rimane il grande onore di aver potuto servire la mia città per questo lungo periodo.