Valorizzare Bologna

Intervista al professore Raffaele Laudani, Assessore all’Urbanistica di Bologna, che ci racconta i progetti della città
Silvia Colombini

Insegnante presso la Columbia University di New York, professore ordinario di storia delle dottrine politiche all'Università di Bologna, assessore all’Urbanistica, Raffaele Laudani unisce in sé le tante anime di Bologna. Senza confini, accademica, attenta al sociale, la città si trova oggi in un momento di sviluppo e di trasformazione che coinvolge tanti aspetti.

 

I tanti progetti urbanistici lavorano per valorizzare Bologna anche pensando all’accessibilità?

 

Sicuramente sì, accessibilità intesa come concetto ampio, cioè per favorire l'accesso ai diritti e ai bisogni di tutti i cittadini. Bologna dopo tanti anni sta avviando dei progetti di trasformazione infrastrutturale molto significativi. È inutile negare che c'è molto lavoro da fare ancora e non è detto che riusciremo a fare tutto quello che vorremmo in questo mandato. Dobbiamo recuperare molto tempo perduto per essere all'altezza dell’obiettivo che ci siamo dati in termini di accessibilità.

 

Una Bologna più verde, inclusiva, accessibile è un sogno?

 

È il cuore del progetto di città messo in campo dall'inizio del mandato che sta caratterizzando l'Amministrazione guidata dal Sindaco Lepore. È una direzione verso cui andare che avrà bisogno di tempo e magari di volta in volta anche di rivedere i progetti, perché le città sono degli organismi viventi, quindi cambiano, cambiano i bisogni, non cambiano gli obiettivi.

Professore Raffaele Laudani - Assessore Comune di Bologna

L’Istituto Cavazza è un punto di riferimento bolognese per i disabili visivi di tutta Italia e tante attività si svolgono insieme alle nostre Istituzioni. Come incrementare questo circolo virtuoso di collaborazioni?

 

Le scelte si fanno non solo per le persone, ma con le persone. L'obiettivo è quello di attivare il cervello collettivo della città, cercando di valorizzare le conoscenze e le competenze dei cittadini, in un rapporto il più possibile virtuoso con le Istituzioni, e in modo particolare con le persone. È necessario anche attivare le Istituzioni del Terzo Settore. Su questo ci sono delle deleghe specifiche, è stato fatto un piano strategico coordinato dalla delegata alla partecipazione al Terzo Settore, Erika Capasso. Io credo che bisogna un po' invertire la modalità con cui l’interazione tra l'Amministrazione e le Istituzioni del Terzo Settore viene portata avanti, mettendosi tutti in discussione. Per le Istituzioni del Terzo Settore questo significa essere più proattivi, cercando di farsi carico dell'idea di governo della città, pensandosi come forza di governo. E l'Amministrazione deve abbandonare definitivamente il modello novecentesco e immaginare un modello più articolato di governo della città dove c’è delegazione di potere verso la città. Come trasformare questo in una prassi è un lavoro tutto da fare, su cui tutti devono fare la loro parte comprese le realtà del Terzo Settore, quindi anche un Istituto importante e prestigioso come il Cavazza.

 

Tra i suoi obiettivi, Bologna ha quello di diventare Città della Conoscenza. Cosa si intende?

 

Definire il progetto bandiera della Bologna del futuro come città della conoscenza significa rideclinare questo tratto costitutivo della storia della nostra città rispetto alle sfide del presente. Ha a che fare proprio con le grandi trasformazioni che stanno attraversando la nostra epoca, cambiamenti climatici, sfida abitativa, diritto alla salute, i processi di digitalizzazione, solo per citarne qualcuno. Trasformazioni epocali che vedono nelle città il luogo in cui queste sfide diventano concrete nella vita delle persone, nella loro quotidianità. Al tempo stesso, le città sono lo spazio in cui si concentrano risorse economiche, competenze, infrastrutture, intelligenze, energie con cui si può provare a dare una risposta a queste sfide. La nostra idea è che la conoscenza deve diventare un po' la chiave attraverso la quale ripensare l'insieme delle politiche della città di Bologna, e alcuni processi già si muovono in quella direzione. Basti pensare allo sviluppo del Tecnopolo nell'area nord della città, alle politiche di attrazione dei talenti e degli investimenti, di promozione della città, di risposte alle sfide sociali e ambientali. Quindi è un ripensamento complessivo che ha a che fare proprio anche con la parte urbanistica. L'idea è che la conoscenza deve informare la città nel senso di dare forma, anche fisica, alla città. In particolare questo progetto l'abbiamo articolato attorno a due leve. Se dovessi dirla con una battuta, l'hardware e il software. L'hardware è la leva urbanistica, quella che abbiamo chiamato Via della Conoscenza, l'identificazione di un quadrante della città dove sono concentrati i principali poli scientifici, ma anche le principali aree dismesse, dove immaginare una rigenerazione urbana che abbia nella conoscenza il suo motore. E il software, che è quello che abbiamo chiamato le Politiche della Conoscenza, per portare avanti azioni di tipo strategico che possano fare della conoscenza un volano di promozione sociale della città e anche di sviluppo e rafforzamento della democrazia reale. Oggi la sfida per la scienza, il sapere e la conoscenza segna proprio un discrimine tra progetti autenticamente democratici e progetti autoritari. Questo si concretizza con il programma che abbiamo chiamato Officine della Conoscenza, con l'obiettivo di creare un ufficio di Citizen Science, cioè di fare scienza per e con i cittadini.

 

E dall'altro, con il progetto del Gemello Digitale, cioè tecnicamente una copia digitale della città, per creare una nuova infrastruttura civica dove ci sia un governo condiviso dei dati che possa consentire all'Amministrazione di portare avanti in maniera più efficace le sue politiche urbane, ma soprattutto di mettere a disposizione di tutti, singoli e anche imprese, associazioni, istituzioni, strumenti per poter portare avanti i loro progetti.

 

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