L'ergonomia, scienza che mette in relazione uomo e lavoro stabilendo le regole che ne governano il rapporto, nel rispetto dei concetti di efficacia ed efficienza, può essere estesa, nel suo significato, come un lavoro sull'uomo; a partire dalla trasformazione che l'individuo può attuare su sé stesso, per maturare un pensiero di tipo ergonomico, quindi funzionale alle circostanze esistenziali indotte dalle esigenze di adattamento uomo/contesto. Si potrebbe sostenere come l’ergonomia coinvolga l’essere nel suo complesso: dall’esperienza sensoriale alla percezione del sé, fino a spingersi in direzione dell’assetto posturale richiesto per determinate operatività. Come esiste una coscienza sensoriale che ci permette di acquisire consapevolezza della nostra collocazione nello spazio, così sussiste una coscienza del rapporto che possiamo instaurare con i contesti in cui viviamo e ci muoviamo. Un'ergonomia del pensiero potrà per questo essere una forma di riconsiderazione del rapporto armonico dell'uomo con la sua interiorità, le sue funzioni produttive e quelle sociali.
Se esiste una interpretazione di ciò che è ergonomicamente corretto, allo scopo di alleviare e ottimizzare la vita lavorativa, sia in funzione della produttività, sia in funzione della qualità del lavoro, ecco che un assetto estetico ed etico della disciplina ci condurrà a riflettere su cosa significhi educare ogni progettazione ad una economia ergonomica fondata su una qualità del pensiero che è anche educazione estetica e disposizione alla pulizia ed essenzialità delle operatività. Tale concetto potrebbe confliggere con un orientamento consumistico e competitivo nella progettazione e produzione. Per effetto della difformità progettuale meriterebbero particolare attenzione le politiche sociali centrate sull’accessibilità e sull’abbattimento delle barriere architettoniche, culturali e sensoriali. Eludendo per necessità, in questo frangente, la considerazione sociologica dell'impatto che l'ergonomia potrebbe avere, se intesa come scienza volta a regolamentare la difformità produttiva, ed interessandoci piuttosto all'aspetto comunicativo ed educativo di tale disciplina, ecco che l'ergonomia dovrebbe essere presentata e illustrata come una materia olistica che correla discipline diverse ma non nettamente distinte. La plasticità della mente ha origine in una connessione tra corpo e mente e presuppone un apprendimento esperienziale esercitato costantemente nei diversi contesti umani. Da qui il valore della reiterazione delle esperienze senso-motorie, sia nelle persone normodotate, sia nelle persone non vedenti e nelle persone con pluriminorazione sensoriale. In situazioni di deprivazione sensoriale, pertanto, è indispensabile operare con rafforzativi cognitivi mentre nelle condizioni di ipercontrollo razionale e di fissità ossessiva, stato che può interessare ciascun essere umano in determinate fasi critiche della vita, diventa essenziale compiere esperienze di consapevolezza degli stati dell’essere. In questa condizione, appaiono assetti esistenziali che sono anche proiezione del nostro stato psichico. Essere corpi pensanti attivi e riflessivi, significa tendere all’esattezza nella tempestività dell’azione, riducendo il margine di errore talvolta indotto dal gesto affrettato.