Quando si parla di persone non vedenti in Africa, si è portati a scrivere storie drammatiche dove si racconta di ciechi che non hanno la possibilità di istruirsi e avere una vita autonoma, oppure, e questo è ancora peggio, si scrive di tutte quelle persone, soprattutto bambine e bambini, che diventano ciechi perché non sono state curate in tempo, ma dall’Africa possono arrivare storie diverse, come è il caso della storia di Amadou e Mariam, due sposi, ciechi e musicisti che hanno raggiunto una fama mondiale anche se provengono da un paese molto povero, il Mali. Non sono nati così, Amadou e Mariam, ma sono diventati non vedenti per via delle mancanze del sistema sanitario. Amadou diventa cieco all’età di 15 anni per una cataratta congenita, mentre Mariam lo diventa a 5 anni a causa di un morbillo non curato.
I due si conoscono nel 1975 all’Istituto per giovani ciechi di Bamako, la capitale del Mali. In quell'Istituto incontrano Idrissa Soumaoro, professore di musica, specializzato nell’insegnamento ai ciechi e anche noto musicista. Ambedue prendono parte all’orchestra dell’Istituto che si chiama Eclips. Lui è chitarrista e cantante, lei cantante. Legano sempre di più, professionalmente e sentimentalmente, e si sposano nel 1980.
Da allora la loro carriera musicale è un crescendo. Cominciano prima a farsi conoscere nell’Africa occidentale francofona e poi negli anni 2000 fanno un salto di notorietà. Assieme al musicista franco-spagnolo Manu Chao producono un album che diventa un successo. La loro musica, che parte dalle sonorità e dai ritmi maliani, si fonde con nuovi generi come il blues, il rock e quindi diventa naturale per loro collaborare con artisti provenienti da ogni continente e a partecipare ai più noti festival musicali. Nel 2006 cantano, assieme a un cantante tedesco, l’inno del mondiale di calcio, nel 2009, quando viene dato a Barack Obama il premio Nobel per la pace, ci sono loro sul palco a suonare.
La loro carriera si accompagna a un impegno sociale che li vede coinvolti per la protezione delle donne congolesi e per la pace di quel paese. Si impegnano per il problema della fame in Africa (2011) e per la diffusione della cultura africana nel mondo, soprattutto per gli aspetti più affascinanti di quella cultura, ovvero la vitalità, la fusione di popoli e di lingue, la religiosità.
Nel 2010 pubblicano una loro autobiografia dal titolo "Away from the light of day", dove raccontano il loro divenire ciechi e il percorso che hanno fatto per accettare questa situazione grazie alla musica. Parlano anche della loro vita di coppia, come fanno spesso del resto nelle loro interviste televisive, di come si sono conosciuti, di come lavorano e vivono assieme.
L’aspetto più misterioso, almeno per noi occidentali, è questa carica di ottimismo e di speranza, nonostante tutti i problemi. Nei loro testi, per lo più in lingua francese e bambara, cantano versi semplici che dicono, più o meno, quello che sentiamo nelle nostre canzoni pop, anzi forse le frasi sono ancora più elementari e i sentimenti più diretti. “Se non ti vedo, non posso dire nulla/ Non posso fare nulla, non riesco a vedere nulla/… amore mio, tesoro mio” (Je pense a toi), “Rendiamo questo mondo una casa migliore/ Così nessuno si sentirà solo/ Fratellanza, noi ne facciamo parte/ Diffondere la speranza...” (Netola). Ma è quando li si sente cantare che le cose cambiano, sono quei ritmi, quella vocalità che portano allegria e spensieratezza.
Amadou e Mariam hanno anche fatto un tour (Eclipse) completamente al buio, dove il pubblico poteva usare solo un senso, l’ascolto: “Era un modo per rispondere alla domanda che ci fanno sempre – dice Amadou – come sente la musica un cieco?”.
Per ascoltarli https://www.youtube.com/@amadouandmariam