Via dell’Indipendenza è a Bologna “la via dei teatri”, perché lungo l’arteria aperta negli anni Ottanta dell’Ottocento per collegare il centro alla stazione ferroviaria si collocano molti luoghi dedicati agli spettacoli, che illuminano la via con le loro insegne ai lati della strada e sotto i portici. Tra essi è anche il più recente fra tutti i teatri bolognesi di cui stiamo, poco per volta, raccontando le vicende: il Teatro Apollo. La storia del Teatro Apollo inizia nel 1912 quando, nello spazio lasciato libero dalla demolizione di alcune catapecchie in via dell’Orso, il maggiore di cavalleria Sebastiano Poggi decide di realizzare un teatro "condominiale".
Inizialmente il permesso viene rifiutato poiché il luogo non è sufficientemente isolato come prescrivono le norme. Ma il nostro militare non demorde, e chiede allora l’autorizzazione per aprire un semplice cinematografo, trasformato in un secondo momento in cinema-teatro, ottenendo finalmente il 4 ottobre 1913 il permesso per gli spettacoli dal vivo.
A quel punto modifica la struttura dell’edificio, ne apre l’accesso dal civico 38 di via Indipendenza e inaugura, il 10 ottobre 1914, un’ampia sala decorata in stile eclettico con balconate di galleria e un’ampia platea. Eccone la descrizione da “Il Resto del Carlino”: «Da un foyer spazioso e luminoso, per larghi vestiboli e corridoi, si passa nella sala di proporzioni regolari, abbastanza vasta, ben arieggiata e rischiarata da un doppio ordine di finestroni ad occhi di bove laterali. Una sola galleria a mezz’aria corre tutt’intorno, estendendosi più spaziosamente nel lato prospicente al piccolo palcoscenico, destinato alle rappresentazioni di varietà e di Café chantant e agli spettacoli cinematografici».
Complice poi una normativa fiscale che favorisce i cinema-varietà rispetto ai teatri, nel 1915 l’Agenzia Teatrale Galli-Grazia, che gestisce il teatro, decide di eliminare le proiezioni e favorire invece «uno spettacolo di varietà che possa fornire al pubblico borghese e famigliare il modo di gustare questo genere d'arte che di solito è confinato nei “Café chantants” e perciò diffidato dalla castigatezza e dalla moralità». Questo non avviene senza problemi, tuttavia, poiché la Società Orchestrale Bolognese accusa i gestori di utilizzare musicisti non professionisti, arrecando disagio alla categoria dei suonatori d'orchestra.
Grazie alla sua posizione, l’Apollo è frequentatissimo da un pubblico che gode dell’alternanza tra varietà, Café chantant, operette, riviste, proiezioni cinematografiche e, più raramente, opere liriche. Per fare un esempio: nell’ottobre del 1918 sul palcoscenico si esibiscono, nella stessa serata l’irresistibile comico Castagna con Emmy de Mari, Lina Castillo e le sorelle Bianchi, il Trio Venezia, la troupe Kinomodo, il ciclista Giobet e la Zonaide. Entrato negli anni Venti nel circuito nazionale dei cinema-varietà della Società Anonima Pittaluga, il palcoscenico ospita "stelle" quali Dina Evarist, nella stessa sera dei “parodisti del Trio Pinocchio e dell’acclamata cantante russa Irina Krasinska”, che torna dopo molti anni ad essere applaudita a Bologna, e Lydia Johnson, al secolo Lydia Abramovic, attrice russa fuggita in seguito alla Rivoluzione di Ottobre.Negli anni Trenta, la nuova gestione asseconda il gusto del pubblico e trasforma definitivamente il teatro in un cinematografo che viene poi completamente distrutto nel corso del devastante bombardamento alleato del 25 settembre 1943.
Alla fine della guerra, nel 1950, al posto dell’Apollo viene inaugurato il cinema Metropolitan, ormai scomparso anch’esso per lasciare spazio ad un’attività commerciale.